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La Minnella, bianca e nera, arriva dall’Etna

La Minnella, bianca e nera, arriva dall’Etna

La Minnella, sia bianca che nera, cresce nell’areale del vulcano siciliano, spesso tra vecchie viti di Nerello Mascalese. Resistente alle malattie, va ben curata sia in vigna che in cantina per ottenere vini di pregio. Calabretta ne propone un’interessante versione nera.

La Minnella bianca è un vitigno tipicamente etneo. Si trova in discreta quantità nei vigneti vecchi di Nerello Mascalese dedicati alla produzione di Etna rosso; il disciplinare di quest’ultimo infatti prevede l’impiego fino al 10% di uve a bacca bianca locali. Il suo nome deriva dal fatto di avere un acino particolarmente appuntito da farlo sembrare una minna (mammella). Probabilmente fu impiantato nelle vigne dedicate al Nerello Mascalese per stemperarne la sua rudezza.

Massimiliano Calabretta

Ama gli impianti ad alberello

Viene coltivata secondo la tradizione della viticoltura etnea, ossia con impianti ad alberello, talvolta esposti a filare.
Suo punto di forza è una certa resistenza sia all’oidio sia alla peronospora; suo punto di debolezza è che, se non viene curata in vigna con basse rese e gestita al meglio in cantina, si traduce in vini relativamente semplici, sebbene gradevoli, non molto corposi, di acidità media e di grado alcolico medio-basso. Per questo pochi produttori le dedicano spazio nelle loro vigne. Esiste anche una Minnella nera, dispersa in pochissimi e antichi vigneti, una vera reliquia a rischio di estinzione.

Calabretta, unico produttore di Minnella nera

Tra i principali interpreti della bianca e unici produttori della nera figura Calabretta, di Randazzo. Massimiliano Calabretta racconta brevemente la filosofia viticola della sua Cantina: «Da quattro generazioni scegliamo di coltivare i nostri vigneti seguendo la tradizione plurisecolare dell’Etna; usiamo molto limitatamente zolfo e solfato di rame, pratichiamo il sovescio, la pacciamatura se necessario, l’aratura per aerare il terreno, la potatura manuale stretta, la raccolta a mano. Gli impianti sono ad alberello o a spalliera bassa con piante comunque ad alberello e i vigneti sono siti su terrazze a gradoni sorrette da muri a secco, da noi costantemente manutenuti. Il terreno lavico, la forte escursione termica tra il giorno e la notte e l’elevato irraggiamento solare diurno rendono uniche le uve raccolte verso metà ottobre».

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© Riproduzione riservata - 15/11/2020

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