La fine dei dazi cinesi basterà a rianimare il mercato del vino australiano?

La fine dei dazi cinesi basterà a rianimare il mercato del vino australiano?

Dopo tre anni di guerra commerciale Pechino cancella le pesanti tariffe sulle importazioni da Canberra. Ma nel frattempo il mercato, che nel 2020 valeva oltre 1 miliardo di dollari australiani, è cambiato. L’analisi e i commenti sulla stampa internazionale.

Per approfondimenti: Associated Press, Reuters, Decanter, The Drinks Business

Si scongelano i rapporti internazionali tra Cina e Australia e con essi anche i super-dazi imposti da Pechino sul vino australiano. Uno sbarramento che dalla sua entrata in vigore ha sgretolato le importazioni da Canberra di oltre 1 miliardo di dollari australiani, contribuendo in maniera determinante a spalancare la crisi del vino australiano.
La guerra commerciale ha trovato il suo epilogo ufficialmente lo scorso 29 marzo dopo un lungo lavoro diplomatico del nuovo governo laburista australiano. Ma dietro la decisione cinese c’è anche un mercato interno molto più fragile di quello che era qualche anno fa e assai meno assetato di vino proveniente da altre parti del globo, dalla Francia, all’Italia, dalla Spagna al Cile. Anche per questo in molti ora si chiedono se la riapertura della rotta verso Pechino possa bastare a rianimare la stagnazione del settore vinicolo australiano.

Tre anni di guerra commerciale

L’annuncio dell’interruzione alle pesanti misure anti-dumping sull’import del vino, arrivato con una nota ufficiale del ministero del Commercio cinese, era già atteso dopo quello che aveva riguardato negli scorsi mesi altre categorie merceologiche (dall’orzo al legname, dal carbone al cotone) e cancella un’imposizione introdotta per la prima volta durante la pandemia e che ha toccato il 218%.
La mossa di Pechino, ricostruisce Associated Press da Hong Kong, era stata una chiara risposta ad alcune decisioni dell’allora esecutivo conservatore australiano: prima l’ostruzione mostrata verso l’azienda cinese Huawei, esclusa dalla partecipazione alle nuove reti telefoniche di 5G sul continente, poi le accuse sulle origini della pandemia di Covid-19 a Wuhan e la domanda di avvio di un’inchiesta internazionale presso l’Oms.

Dazi che hanno cancellato un mercato

In precedenza, i vini australiani importati in Cina erano soggetti a dazi nulli dopo la firma di un accordo di libero scambio nel 2015 che dava loro un vantaggio tariffario del 14% rispetto a molti altri Paesi produttori di vino, ricorda Reuters. Nel 2020 la Cina rappresentava il più grande mercato per il vino australiano con il 40% delle esportazioni del Paese e un valore pari a circa 1,2 miliardi di dollari australiani all’anno. L’introduzione dei pesanti dazi ha poi fatto crollare questo numero a meno di 8 milioni di dollari australiani. Nella prima metà del 2023, secondo la dichiarazione del ministero del Commercio australiano, quello australiano ha rappresentato appena lo 0,14% del vino importato in Cina, rispetto al 27,46% del 2020.
Quello che ora tutti si aspettano è che la fine dell’ostracismo possa restituire ossigeno ai produttori di vino locali dopo anni difficili in cui le esportazioni sono diminuite anche in altri mercati chiave, come gli Usa e il Regno Unito, a causa delle pressioni inflazionistiche. Anni nei quali in molti sono stati perfino costretti a distruggere milioni di viti in risposta all’intensificarsi della crisi e dell’eccesso di offerta, ricorda Decanter.

Una rotta ritrovata…

L’indubbio valore della scomparsa dei dazi, una notizia salutata con entusiasmo dal governo di Canberra e dalle principali associazioni di categoria, riflette il positivo esito degli sforzi diplomatici dell’esecutivo guidato da Anthony Albanese, che dal suo insediamento, a maggio 2022, ha lavorato per ricucire i rapporti col gigante asiatico. Ma la riapertura dell’orizzonte cinese non rappresenta la panacea per tutte le difficoltà che il mercato del vino australiano sta vivendo, sottolinea The Drinks Business. Martin Cole, direttore generale di Wine Australia – autorità governativa nata nel 2013 per sostenere l’export – ha sottolineato l’importanza della cancellazione degli stringenti vincoli doganali, affermando che «la Cina continentale rimane un mercato importante per il vino australiano».

…che però da sola non basta

Al contempo però ha avvertito che «ora il settore vinicolo cinese è molto diverso da quello che era alla fine del 2020», cioè all’apice del successo dell’Australia nella regione. I dati della società di analisi Trade Data Monitor, infatti, rivelano come il Dragone abbia decisamente “meno sete” di vino internazionale. Nel 2023 infatti il volume delle importazioni dai quattro principali paesi fornitori è drasticamente calato: dalla Francia l’import è sceso del -29%, dal Cile del -18%, dall’Italia del -31% e dalla Spagna del -48%.
Anche l’amministratore delegato di Australian Grape & Wine (AGW, l’associazione nazionale dei produttori australiani) Lee McLean, pur salutando l’importanza del disgelo commerciale con Pechino, ha sottolineato che il surplus produttivo e l’invenduto restano elevati e «la Cina non risolverà il problema da sola». Per questo, ha aggiunto, AGW «continuerà a concentrarsi sulla diversificazione delle esportazioni e sulla crescita della domanda anche qui in Australia».

Foto di apertura: dal 29 marzo sono stati ufficialmente aboliti, dopo 4 anni, i dazi cinesi sul vino australiano © Pixabay – JLB1988


© Riproduzione riservata - 04/04/2024

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