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La Doc Bolgheri compie 25 anni all’ombra dei cipressi

5 Settembre 2019 Aldo Fiordelli
La Doc Bolgheri compie 25 anni all’ombra dei cipressi

Per capire quanto emozionante possa esser stata la cena per i 25 anni della Doc Bolgheri bisogna raccontare cosa sia e rappresenti il viale dei cipressi. Compresa la storia (ai limiti del gossip) degli intrecci e delle parentele che hanno portato alla nascita della denominazione come la conosciamo oggi e del territorio di Sassicaia, Masseto e altre grandissime etichette.

Guidalberto, ad esempio, non è soltanto il secondo vino della Tenuta San Guido, ma innanzitutto il nome del primo Della Gherardesca che bonificò la regione. All’Osteria del Tasso aperta ad aprile scorso da Antinori sulla Bolgherese, si possono vedere le immagini del Casone, una struttura dove arrivavano le barche dal mare sfruttando la palude. I cipressi sono storicamente un simbolo delle bonifiche e quelli di Bolgheri non fanno eccezione. Cantati dal Carducci, protetti dall’Unesco, nati come pioppi cipressini, sono oggi 2.540 lungo quasi 5 chilometri di strada che collega l’Aurelia e l’oratorio di San Guido, con Bolgheri e la mole del castello. Ben rappresentano la fertilità di questa zona, la vocazione al successo agricolo prima e vitivinicolo oggi.

La Doc nasce nel 1983, ma solo dal 1994 include i rossi

Questo territorio nell’Ottocento era già famoso per fragole, kiwi e anche per il vino. Rosato, però. Già un’innovazione. La svolta arriva con un piemontese. Il marchese Mario Incisa della Rocchetta aveva sposato Clarice della Gherardesca più o meno negli stessi anni in cui il marchese Nicolò Antinori sposava Carlotta della Gherardesca, unione dalla quale nascerà Piero Antinori. L’Incisa s’ispirò ai francesi, cambiando la storia dell’enologia toscana. Dai Duchi Salviati a Migliarino prese delle barbatelle di Cabernet Sauvignon. Non direttamente da Lafite, come spesso si sente raccontare. Comincia la storia del Sassicaia. Prima familiare, poi con la distribuzione di Antinori, oggi stabilmente affidata a Meregalli, internazionale. La Doc Bolgheri nasce nel 1983 ma per i soli vini bianchi e rosati, per i rossi bisognerà aspettare il 1994, data festeggiata appunto quest’anno. In questo lasso di tempo nacquero i Supertuscan, che oggi gravano sulla fama di Bolgheri nel mondo come territorio.

Nicolò Incisa della Rocchetta

I numeri del successo

Il figlio di Mario Incisa, Nicolò, è stato presidente del Consorzio per 18 anni, passando il testimone a un altro Della Gherardesca da parte di madre: Federico Zileri dal Verme. In questi 25 anni, Bolgheri è passata da 7 soci a 56, da 190 ettari a 1.370, dei quali 1.093 a Doc Bolgheri, 87 a Doc Bolgheri Sassicaia, nata dallo scorporo del 2013, e 190 a Igt. Fra i primi a credere nella denominazione furono Nicolò Incisa della Rocchetta, Antinori, sia Piero con Guado al Tasso che Lodovico con Ornellaia, Satta, Meletti Cavallari, Eugenio Campolmi delle Macchiole, unico originario di Bolgheri, insieme a Rosa Gasser, Enio Frollani e Federico Pavoletti.

L’omaggio a Luciano Zazzeri nel menu della Pineta

Nel frattempo loro lì, maestosi, silenziosi, alti e schietti, nel viale che taglia la Bolgherese. Una natura incontaminata e circondata da vigne e poco altro. Qui dove si fermano i turisti per le foto, dove i ciclisti trovano aria, pace e pendenza dall’Aurelia, è stata apparecchiata una tavola per 750 persone su un tratto di 500 metri. Paccheri ai fiori di zucchina, baccalà al pomodoro, filetto di vitello patate e spinaci e la millefoglie di Luciano Zazzeri. Sarebbe dovuto essere lui a cucinare, ma sono stati i suoi figli. Con l’aiuto imprescindibile di Guido Guidi ricevimenti che in due ore ha aperto e chiuso i festeggiamenti. I vini, i migliori, c’erano tutti. Anche in magnum. «In una generazione abbiamo fatto un piccolo miracolo italiano», ha commentato Albiera Antinori. Merito di due o tre famiglie che racchiudono il maggior numero di ettari a Bolgheri. Oggi arrivati a costare oltre 700mila euro. Famiglie che hanno messo cuore, prima, e cervello o strategia che dir si voglia, oggi. Soprattutto nelle annate più difficili. Un esempio, per tutto il mondo del vino. E anche un po’ per la litigiosità degli italiani.

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