Impronta carbonica in etichetta? I millennials italiani apprezzano

Impronta carbonica in etichetta? I millennials italiani apprezzano

Uno studio condotto sui nostri millennials da esperti delle Università di Verona e di Borgogna Franca Contea rivela che indicare in etichetta l’impronta carbonica di un vino può rappresentare, in certe situazioni e per certe fasce di consumatori, un incentivo all’acquisto. Le indicazioni per i produttori.


I vini parlano e lo fanno, ancora prima di essere stappati, attraverso il packaging. La cosa è risaputa, ma è difficile capire con precisione quali siano gli effetti sui consumatori delle ormai tantissime informazioni trasmesse attraverso etichette, retroetichette, bolli e marchi apposti sulle bottiglie. Un recente studio, condotto da ricercatori del Dipartimento di Economia aziendale dell’Università di Verona e della Scuola di Business dell’Università francese di Borgogna-Franca Contea a Digione, introduce interessanti spunti di riflessione al riguardo, riferiti ai giovani consumatori italiani.

Informazioni sull’impronta carbonica in etichetta

Il lavoro, pubblicato sulla rivista scientifica “Journal of Cleaner Production”, si riferisce in particolare all’introduzione in etichetta di informazioni riguardanti il contributo positivo dato dal produttore nel contrastare i cambiamenti climatici attraverso la compensazione o la riduzione delle emissioni di anidride carbonica. Un’informazione apparentemente “secondaria”, marginale, che però alcune Cantine stanno cominciando a introdurre e che, come emerge dalla ricerca, può contribuire insieme ad altri elementi del packaging a indirizzare le preferenze di alcuni consumatori.

Quasi mille giovani italiani

Abbiamo chiesto a Roberta Capitello, docente dell’ateneo veronese e prima autrice dell’articolo in questione, di spiegarci da dove nasce questo studio. «È il punto di convergenza», dice, «di una serie di altri lavori fatti in precedenza su vari elementi importanti nella scelta d’acquisto del vino e ha coinvolto un campione di 982 giovani consumatori italiani, appartenenti alla categoria dei millennials». Una fascia di pubblico a cui le Cantine guardano con molta attenzione, perché costituiscono il serbatoio futuro del mercato e anche perché, per certi versi, sono al tempo stesso difficili da interpretare (leggi anche qui) e un po’ mitizzati.

Un pubblico eterogeneo

«Quello che abbiamo visto», osserva Capitello, «è che circa il 46% di questi consumatori è influenzato positivamente, in termini di spinta all’acquisto, dalle indicazioni in etichetta relative alle emissioni di anidride carbonica». Un’evidenza che già di per sé costituisce una piccola sorpresa, perché altri studi condotti in passato non avevano individuato un peso così elevato per questo tipo di informazione. Ma quello che forse è ancora più interessante è che i millennials non sono un blocco monolitico di consumatori tutti quanti spinti dall’attenzione all’ambiente, come in altri casi sono stati descritti.
«In realtà», dice Capitello, «abbiamo individuato sette cluster diversi di giovani consumatori italiani del vino, di cui tre in particolare danno importanza alle informazioni sull’impronta carbonica nelle loro motivazioni di acquisto».

Scelta tra tanti packaging

Per il test sono stati inventati vini di fantasia, ognuno caratterizzato da un suo packaging distintivo e rispondente a caratterizzazioni diffuse sul mercato, come il richiamo alla tradizione e al territorio, alle denominazioni di origine, all’appartenenza a consorzi o associazioni di produzione o, ancora, alla capacità innovativa della Cantina, segnalata attraverso un’etichettatura originale o “contrastante”. I partecipanti al test hanno quindi selezionato, tra una proposta di 12 combinazioni diverse di packaging, i vini che ritenevano migliori per essere stappati in un incontro tra amici.

I risultati

«Un gruppo corposo di persone, pari al 26% del campione e in maggioranza donne, ha mostrato di prediligere un packaging contrastante, in cui cioè il produttore comunica il terroir anche sganciandosi dalla denominazione di origine e puntando invece sugli aspetti dell’innovazione e della sostenibilità». Gli altri due cluster individuati, che mostrano di apprezzare le informazioni sulle emissioni con l’impronta carbonica in etichetta, vedono invece l’impegno per la sostenibilità come una dimostrazione dello sforzo per realizzare un prodotto di qualità, per esempio abbinato all’indicazione della denominazione d’origine, oppure come elemento che ispira loro fiducia.

Indicazioni per i produttori

Che cosa possono evincere da tutto questo i produttori? Sostanzialmente si va in tre direzioni. «Le aziende innovative», sottolinea Capitello, «che vogliono trasmettere un’interpretazione originale del terroir, trovano nelle indicazioni sulle emissioni carboniche uno strumento per rafforzare il messaggio di modernità. Chi punta invece sulla tradizione di un territorio affermato o di una denominazione conosciuta può, grazie a questo tipo di informazione, accrescere il valore intrinseco del terroir. Chi infine si rivolge a un pubblico di non esperti, meno attratti da un territorio specifico di produzione, evidenziando in etichetta il proprio impegno per ridurre le emissioni vede accresciuta la percezione di un prodotto buono non solo per i suoi aspetti sensoriali, ma anche per i benefici alla comunità e all’ambiente».

Foto di apertura: © K. Chance

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© Riproduzione riservata - 25/05/2021

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