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Giustino B. in verticale. Il Valdobbiadene non invecchia, migliora

9 Marzo 2016 Alessandro Torcoli
Giustino Bisol, 96 anni, ha lavorato fino agli 87 compiuti. Ieri sera all’immaginifica tavola di Pietro Leemann, lui non c’era. Si trova in una fase della vita in cui si preferisce evitare la mondanità. Ma lo hanno degnamente ricordato il figlio Paolo e la nipote Isabella.
Oltre ad aver parlato di lui, però, si è assaggiato il vino che porta il suo nome, Giustino B., un super Conegliano Valdobbiadene Docg che ha girato la boa delle 20 vendemmie e che nacque da una selezione di storiche vigne, in alta e media collina, di San Pietro di Barbozza, Santo Stefano e Saccol per festeggiare i 50 anni di lavoro di Giustino, fondatore della Ruggeri.

Rapporti umani di lungo termine

È necessario contestualizzare il ruolo dell’azienda Ruggeri in quel di Valdobbiadene. Innanzitutto, come la maggior parte delle realtà locali di medie dimensioni, si affida a numerosi conferitori: circa 110. Rapporti umani di lungo termine. «A Valdobbiadene», confida Paolo Bisol, «avevo capito che non avremmo potuto creare un’azienda agricola nemmeno in trecento anni. Siamo circondati da minuscoli appezzamenti, notevolmente sotto l’ettaro. Le cessioni sono rare, i prezzi alle stelle, le pendenze tali da rendere antieconomica la coltivazione dei vigneti, se non condotti dal proprietario e dalla famiglia». Qui, infatti, la storia è frantumata in terrazzamenti piuttosto impervi, in mano a viticoltori spesso “part time”, a differenza di Conegliano, dove dominavano grandi proprietà. A Valdobbiadene, per intenderci un metro di vigna costa 80 euro contro i 35 di Conegliano. Perché dunque fissarsi su Valdobbiadene, parlando da imprenditori, e non rivolgersi a est, al Fellettano-Coneglianese, dovei vigneti sono più regolari, lavorabili anche a macchina, e le proprietà più grandi?  

Perché fissarsi su Valdobbiadene

Pare proprio che le uve siano diverse. Giustino Bisol, innamorato delle colline sulle quali era nato, non ha mai pensato di poter fare a meno della finezza di questi grappoli. Così il figlio: «Consideravo un privilegio poter lavorare le uve dei più bei vigneti di Valdobbiadene e questo mio amore per la terra è sempre stato compreso da quei viticoltori che avrebbero preferito guadagnare di meno, piuttosto che cedere le uve. Ci unisce lo stesso senso del dovere, la stessa tensione verso la qualità. Ho inseguito tenacemente le uve di Cartizze (oggi pigiamo più del 10% delle uve di questo cru) e delle zone di Santo Stefano, San Pietro, Saccol e Guia. Ho passato molto tempo con gli agricoltori, ho bevuto ettolitri di vino col fondo e senza, direttamente dalle vasche. C’è una garanzia che poso dare al mio cliente: tutto quel che va in bottiglia proviene da uve pigiate in casa, da vigneti e da viticoltori che conosco di persona».    

Giustino B., la verticale dal 2015 al 1997

E fin qui, una bella promessa di qualità. Venendo all’assaggio di Giustino B., si è confermato uno spumante di classe, e soprattutto positivamente modellato dal tempo: da giovane (oggi in commercio troviamo l’annata 2014) presenta i fiori bianchi, le erbe aromatiche, la mela. Ma siamo pienamente d’accordo con l’affermazione di Paolo Bisol, a ragion bevuta: il grande Conegliano Valdobbiadene Docg dà il massimo dopo 3-4 anni. Anzi di più. Di tutti gli assaggi, quello che mi ha conquistato per equilibrio, originalità, sostanza è stato il 2008 di 7 anni compiuto, quindi. Più giovane, Giustino è un ragazzo molto brillante, ma a volte incompleto, poi diviene un’elegante signora, per pochi, non per tutti. Giustino B., questo grande Conegliano Valdobbiadene Docg conferma ciò che anche altri da tempo affermano, come Nino Franco: l’immagine del Prosecco come vino fragile, da bere giovane, o anche prima, è del tutto falsa e soprattutto è un peccato per chi ama il grande vino. Leggi qui il nostro report della degustazione: Giustino B. 2015 - 2013 - 2012 - 2010 - 2008 - 2005 - 2001 - 1997.    

Postilla culinaria

La serata si è dipanata lungo un menu realizzato in coppia da Pietro Leemann e dal tristellato Massimiliano Alajmo, tra “Fagioli e banana”, “Vellutata di cocco e curry himalayano”, “Risotto al pepe verde, barbabietola e curry nero” (il mio preferito), “Radici e gemme invernali cotte a a bassa temperatura”, e un “Macondo” meraviglioso, ossia una torta di cioccolato e fichi con crema di guyava siciliana, gelato alle sezie, spuma di nocciole, tutto crudista, cioè nulla di cotto.

Le nostre tasting notes

Giustino B. 2015
(Ancora col fondo) Naso pungente, agrumato, di lievito e mela Smith. Ottima acidità, scalpitante e promettente. Ancora da modellare. 87/100
Giustino B. 2013
Fiore bianco, mela, sedano, mentuccia. Intensità al palato, persistenza, equilibrio di acidità e alcol, dolcezza finale ancora non perfettamente integrata. 90/100
Giustino B. 2012
Profumi di glicine e fieno fresco. Un buon equilibrio, finale piuttosto persistente, con tostature dolci. 89/100
Giustino B. 2010
Naso serio, polvere di gesso, cosparsa su frutti tropicali. Buona freschezza, finale amarotico, floreale e trattenuto. 88/100
Giustino B. 2008
Nota di talco, fiore giallo, sottobosco, lemon-pie, fiori di pesco. Palato setoso, un tocco di crema, persistente e fresco. 93/100
Giustino B. 2005
Aromi di buccia di cedro, muschio, fungo. In bocca si percepisce una nota vegetale, è ottima la spalla acida. 88/100
Giustino B. 2001
Colore dorato, talco e crema pasticcera, ginestra e distillato di vino. Rotondo al palato, con sensazioni di fiori di camomilla. Un sorso leggermente barocco, vellutata, decadente ma affascinante. 85/100
Giustino B. 1997
Cipria, chinotto, crema, bocca molto equilibrata con un finale piacevolmente tostato (di polvere di caffè). 90/100  

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