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Tempranillo… di Toscana. Beconcini ci racconta la sua scoperta

9 Dicembre 2014 Emanuele Pellucci
Sangiovese e Tempranillo sono i vitigni a bacca rossa più diffusi in Italia e in Spagna, due varietà fortemente radicate nei due rispettivi Paesi. Ma così come è raro trovare vigneti di Sangiovese in terra iberica, lo stesso vale per il Tempranillo nella nostra penisola. Eppure, un caso quasi del tutto isolato lo si trova proprio in Toscana, terra d’elezione del Sangiovese da grandi rossi, grazie all’azienda Pietro Beconcini di San Miniato (a metà strada tra Firenze e Pisa), che il Tempranillo lo aveva in “casa” addirittura da almeno 90 anni, sebbene la “scoperta” sia avvenuta solo da un ventina d’anni. DA METÀ SETTECENTO - Ma com’è arrivato questo vitigno in terra di Chianti e di tartufi bianchi? «La vicinanza di San Miniato con un ramo della Via Francigena, nota per collegare nel medioevo Roma con Santiago de Compostela, e dunque molto battuta anche dai pellegrini spagnoli», ha spiegato a Firenze Leonardo Beconcini, la terza generazione della famiglia vignaiola, nel corso di una verticale di otto annate del suo Tempranillo a beneficio della stampa nazionale, «può avere facilitato l’introduzione di questa varietà già verso la metà del settecento. All’epoca, infatti, viveva qui un parroco agronomo, che fu precursore della coltivazione a terrazze». LA SCOPERTA E L'ISCRIZIONE ALL'ALBO - La scoperta di Leonardo Beconcini avviene all’inizio degli anni Novanta, nel momento in cui succede al padre Pietro nella conduzione della cantina e in concomitanza con l’ampliamento del vigneto, che passa da 3 a 12 ettari. L’obiettivo, naturalmente, è fare vini di qualità con il Sangiovese. A un certo punto però in mezzo alle vecchie piante di Sangiovese e Canaiolo s’imbatte in 213 ceppi di cui non conosce la specie. Partono dunque gli studi, che Leonardo effettua in collaborazione con l’Università di Milano e con l’Istituto Sperimentale di Selvicoltura di Arezzo. La scoperta consiste nell’aver evidenziato la presenza di fantomatiche “Vigne X” ed aver rivelato poi che si trattava di un vitigno straniero, fino ad allora apparentemente mai coltivato in Italia: il Tempranillo. Un vitigno autoctono spagnolo, non presente nell’elenco delle varietà coltivabili in Italia. Grazie però a Beconcini, con il decreto 2754 del giugno 2009, il Tempranillo nero viene perciò iscritto all’albo della Toscana. IN VERTICALE - Dopo alcuni anni di sperimentazione, la cantina sanminiatese, che produce anche Chianti, vini bianchi e Vin Santo (per un totale di circa 100 mila bottiglie), dà il via alla produzione per la commercializzazione del Tempranillo, dapprima con una tipologia base (il vino si chiama iXe) e poi dalla vendemmia 2004 con il cru Vigna alle Nicchie. Un vino, questo, prodotto da uve leggermente appassite su stuoie di plastica, maturato in barrique nuove di rovere francese e americano per 24 mesi e affinato in bottiglia per altri 18 mesi. Alla verticale fiorentina, dove il Tempranillo e il Chianti Reciso sono stati abbinati, durante la cena che ne è seguita, a piatti a base di tartufo bianco di San Miniato, Leonardo Beconcini e la moglie Eva Bellagamba hanno presentato le annate dal 2004 al 2011. Vini di grande concentrazione ed eleganza, tali da fare invidia ai migliori rossi della Ribera del Duero e de La Rioja.

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