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Il Coda di Pecora sa di annurca, ginestra e menta

8 Settembre 2019 Roger Sesto
Il Coda di Pecora sa di annurca, ginestra e menta

Il Coda di Pecora matura tardivamente rispetto ad altri bianchi campani, pur senza perdere di acidità. Fra i paladini di questo antico autoctono, originario della Magna Grecia, c’è Cesare Avenia de Il Verro.

Cesare Avenia è il patron de Il Verro, azienda vinicola nata nel 2003 con l’acquisto di un terreno a Formicola (Caserta) di 14 ettari, di cui 4 vitati su terreni ricchi di lava, esposti a sud, sud-est. «Negli anni un nostro vigneto ha cominciato a incuriosirci. Pensavamo fosse Coda di Volpe, ma le analisi hanno smentito tale convinzione e siamo venuti poi a sapere dai contadini locali che ci eravamo imbattuti in un’uva detta Coda di Pecora, citata dal Frojo nel 1875 e originaria della Magna Grecia. Per ufficializzare questa scoperta nel 2005 abbiamo eseguito l’esame del Dna atto a certificarne l’autenticità, avviando l’iter – ancora in itinere – per la registrazione del vitigno».

Grappolo di Coda di Pecora

Sheep, la versione in purezza del Verro

Il Coda di Pecora, pur senza perdere di acidità, matura tardivamente rispetto ad altri bianchi campani, con una vendemmia che si svolge tra la prima e la seconda decade di ottobre. Il Sheep, Terre del Volturno Igt (2.000 bottiglie all’anno) fermenta in acciaio e affina sur lies sino a maggio. L’originale bouquet presenta sentori di mela annurca, ginestra e menta; il sorso è sapido, fresco e dal lungo finale fedele al naso.

Per conoscere gli altri autoctoni della Campania clicca qui.
L’articolo sui vitigni autoctoni campani prosegue su Civiltà del bere 4/2019. Se sei un abbonato digitale, puoi leggere e scaricare la rivista effettuando il login. Altrimenti puoi abbonarti o acquistare la rivista su store.civiltadelbere.com (l’ultimo numero è anche in edicola). Per info: store@civiltadelbere.com

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