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Il Brunello deve tornare in botte. Lo sostiene l’enologa Valérie Lavigne

22 Dicembre 2010 Jessica Bordoni
Affinare il Brunello di Montalcino in botte e valorizzare i vitigni autoctoni Sangiovese di Toscana e Foglia tonda: ecco le ultime indicazioni della nota enologa francese Valérie Lavigne, proposte a fine novembre durante una visita alle aziende senesi di Donatella Cinelli Colombini, Casato Prime Donne a Montalcino e Fattoria del Colle a Trequanda, per le quali è consulente. «Il Brunello deve affinare in botte almeno due anni», sostiene convinta la Lavigne, contraddicendo la tendenza all’uso della barrique che ha caratterizzato l’ultimo decennio. «Per una conservazione lunga il produttore deve scegliere il contenitore che gli permette di beneficiare dei vantaggi associati all’utilizzo del legno, preservando contemporaneamente la personalità del vino. Il legno non deve sovrastare il vino, deve rimanere un supporto», prosegue l’enologa. «Le botti permettono meglio delle barrique di salvaguardare gli aromi del vitigno Sangiovese della Toscana evitando che la secchezza dei tannini ne disturbi l’equilibrio. Se il vino deve cambiare contenitore durante il suo affinamento in legno è preferibile iniziare con i piccoli fusti e proseguire poi con quelli più grandi. Il bisogno di ossigeno decresce con passare del tempo». Viva le botti dunque. Sorprende che a bandire l’impiego della barrique sia proprio una francese!

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