Hong Kong: porta per la Cina o mondo a sé? Cronaca dell’IW&SF
A Hong Kong nei primi sei mesi del 2012 le importazioni di vino italiano sono cresciute del + 33% mettendo il nostro Paese al primo posto, davanti anche alla sempre temutissima Francia che, anzi, ha segnato un deciso passo indietro. Ce l’ha confermato senza nascondere il giusto compiacimento e la soddisfazione Alessandra Schiavo, console generale per l’Italia a Hong Kong e Macao durante l’inaugurazione dello spazio dedicato all’Italia e alle aziende del Vinitaly presenti alla quinta edizione dell’Hong Kong International Wine & Spirits Fair dall’8 al 10 novembre.
MA FATTURARE NON È AVER DAVVERO VENDUTO – Già, i cinesi importano vino italiano, certo, ma lo stappano anche? Questa è l’osservazione che ci hanno fatto alcuni dei 186 produttori italiani che occupando una superficie di 1.440 metri quadrati si sono dimostrati per la seconda volta (il primato era già stato raggiunto nel 2011), il gruppo più numeroso. C’è differenza, infatti, tra il fatturato che un’azienda realizza all’estero e il venduto. E qualcuno ha aggiunto che, soprattutto per i bianchi italiani, la situazione al “mercato dell’Est” non è poi così florida osservando, ad esempio, la presenza in alcuni ristoranti più importanti della città di bottiglie di bianchi italiani molto datate, troppo. Ma questa non è forse l’unica considerazione da fare.
HONG KONG È HONG KONG. LA CINA È UN’ALTRA COSA – Se fino a qualche tempo fa Hong Kong era considerata dai produttori italiani la porta per la Cina, oggi le cose non stanno proprio così. C’è chi con maggior consapevolezza comincia a sostenere invece il contrario: Hong Kong è un mondo a parte. La Cina è un’altra storia. Il senso, insomma, è chiaro. Chi si mette in mostra qui lo farebbe non certo per arrivare nei ristoranti di Pechino. Invece Hong Kong sembrerebbe essere la fiera più gettonata da parte dei buyer del sudest asiatico (Thailandia, Filippine, ecc) che raggiungono facilmente questa città. Certo, si tratta di un mercato dalle potenzialità molto minori rispetto a quel che invece rappresenta la Cina.
La pensa così ad esempio, Rico Grootveldt, export manager di Chiarli. «Hong Kong non è il trampolino per la Cina. Questo grande continente è ancora tutto da capire e da sviluppare e gli investimenti che si fanno sono sul lungo periodo. In Cina, ad esempio, non si capisce ancora perché un vino possa costare 2 euro e un altro 30; le bottiglie si scelgono per lo più per il packaging che, se contiene del rosso, è certamente preferito; si importa, ma senza conoscenza», ci ha spiegato sottolineando anche come vadano forte invece vini cileni e australiani. I produttori di questi Paesi hanno politiche più aggressive e attraverso patti biletarali hanno abbattuto il costo dei dazi.
I VINI PREGIATI SI BEVONO, MA SONO DAVVERO CAPITI? – A Hong Kong comunque si conosce bene il Brunello di Montalcino come ci ha raccontato Lorenzo Magnelli de Le Chiuse: «La città sta lentamente crescendo sia in termini economici sia di cultura vinicola. Ho notato voglia di scoprire, di assaggiare, di capire. Già prima di arrivare qui sono stato contattato da alcuni buyer e da importatori interessati al nostro vino. E speriamo che questi incontri diventino accordi commerciali». Concorde sulla buona posizione del Brunello (in fiera erano presenti una ventina di aziende consorziate) anche Ezio Rivella: «Certo, il prezzo delle nostre bottiglie stupisce, perché qui la fascia preferita è quella non bassa, bassissima. Ma c’è curiosità e le potenzialità di questo mercato sono enormi. D’altra parte una bottiglia di Brunello in un ristorante di Hong Kong si paga mediamente un centinaio di euro». Oltre al problema prezzi, Rivella mette in luce anche quello inflazione. Ci dice che Hong Kong è già presa d’assalto da molti, moltissimi produttori di tante nazioni e serve fare attenzione per non andare a collocarsi in terreni giù occupati e, quindi, alla lunga infruttosi. Buoni risultati anche per l’Amarone, altro vino non proprio economico quaggiù.
Ce lo racconta Fabio Re, brand ambassador in Cina per Allegrini: «Abbiamo ricevuto molte visite da parte di persone che hanno dimostrato di conoscere il nostro vino e non solo l’Amarone, ma anche, ad esempio, il Palazzo della Torre. Siamo qui per rafforzare la nostra forza vendita su Hong Kong e siamo convinti che la Cina rappresenti un’area del mondo fondamentale. Serve solo far attenzione e monitorare davvero bene la strada che intraprende il vino una volta uscito dalle nostre cantine».
HONG KONG È LA ROMA DEL TURISMO CINESE – Più parco Alberto Orengia, Asia area manager della Sartori: «Abbiamo avuto molte visite, ma quasi tutte organizzate mentre eravamo ancora in Italia. Chi è arrivato da noi ha dimostrato, rispetto alle altre volte, una maggior conoscenza del vino e più professionalità. Ma vendere a Hong Kong non è come farlo in Cina. Questa città è più aperta, più abituata agli influssi occidentali e interessante soprattutto perché è meta del turismo cinese. Ecco perché dal mio punto di vista è importante esserci». E hanno ritenuto importante esserci anche alcune aziende italiane per la prima volta a questa fiera.
LA NOSTRA PRIMA VOLTA – È stato il battesimo infatti per Barbara Mottura che ci ha spiegato la grande difficoltà avuta per far comprendere a un cinese il vino di Puglia e, prima ancora del vino, la stessa regione. Prima volta anche per la Fattoria di Grignano a rappresentare, con altre cantine consorziate, il Chianti in terra cinese. E prima volta anche per la friulana Piera Martellozzo, che ha messo in luce quanto sia complicato convincere i cinesi ad assaggiare i bianchi sottolineando anche la necessità di presentarsi in questi mercati con un’immagine più unitaria: «Qui gli ostacoli cominciano con la lingua e proseguono con la complicata geografia del nostro Paese; ho fatto un giro nel padiglione dei francesi e mi sono resa conto per l’ennesima volta quanto gli altri siano più bravi di noi a promuovere se stessi».
L’ITALIA – Immagine collettiva e unita sotto l’egida del Vinitaly e dell’Ice, quella dei 186 produttori italiani a Hong Kong raccolti nel padiglione 3G, tranne per coloro che sono arrivati alla fiera di Hong Kong con il proprio importatore e che si sono fisicamente collocati nel loro stand. Capitanati da Stevie Kim da quest’anno con Gianni Bruno alla guida anche del Vinitaly (e non solo di quello “in the world”). Durante il taglio inaugurale del nastro che apriva ufficialmente i lavori dell’Italia, Stevie Kim ha annunciato la novità del 2012, ossia “Vinitaly interactive”, un sistema pensato per facilitare il mestiere dei degustatori soprattutto stranieri. All’ingresso dello spazio Italia, veniva consegnato a ciascun visitatore un braccialetto QR code che poteva essere scannerizzato allo stand del produttore scelto con il touchscreen dell’Ipad. In questo modo era possibile per ciascuno creare un tasting book personalizzato. Partecipatissimi anche i cooking show e i seminari “Allegrini e la Valpolicella, casa dell’Amarone”, quello organizzato dal Movimenti turismo del vino sui nettari di Puglia e quello sul Sangiovese in purezza di Antinori.
LA FIERA – Complessivamente sono arrivati a Hong Kong 950 espositori da 36 Paesi e tra questi, i produttori dell’Azerbaijan, della Danimarca e della Russia erano lì per la prima volta. Durante le tre giornate dell’esposizione si sono susseguiti ben 60 eventi tra wine tasting e master classes. Tra i più importanti segnaliamo “Il futuro dell’industria globale del vino. Tendenze e opportunità”, un seminario tenuto da Gregory So, Hong Kong Government’s Secretary for commercial and economy development e da Neal Martin, giornalista di The Wine Avocate, moderato dalla Master of Wine Debra Meiburg; il summit dedicato ai sommelier top sul tema dell’educazione a questo mestiere; l’evento speciale sugli Ice Wine canadesi coordinato da Clinton Lee, presidente di Vinoscenti Group e Miles Prodan, executive director del British Columbia Wine Institute. Molto frequentate anche le sessioni di wine tasting che hanno esplorato territori vinicoli dalla Cina a Bolgheri, dal Friuli all’Australia passando per la Napa Valley. La cronaca completa dell’evento sarà pubblicata sul prossimo numero di Civiltà del bere in edicola a metà gennaio 2013.
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