Grand Cru dei cenobiti amati dalla Croisette

Grand Cru dei cenobiti amati dalla Croisette
I vini dell’Abbazia di Lérins

I monaci hanno iniziato a coltivare la vigna riprendendo un’antica tradizione per garantirsi una forma di sostentamento economico – Un piccolo paradiso al largo di Cannes – L’ultimo progetto enologico, Clos de la Charité – E tra gli affezionati delle etichette il principe Alberto

Se lo Champagne che proviene dal Clos du Mesnil è tra i vini più redditizi di Francia per chi lo produce, non altrettanto può dirsi per il rosso che dalla prossima vendemmia nascerà dal meno noto ma più suggestivo Clos de la Charité, sulla piccola isola di Saint Honorat, al largo di Cannes. Solo un quarto d’ora di battello dal porto turistico che ospita i megayacht ancorati a fianco del palazzo del Festival del cinema divide la perla della Costa Azzurra dalle minuscole isole di Lérins: Sainte Marguerite, con il suo castello dove fu imprigionato colui che è conosciuto come la “maschera di ferro”, e appunto Saint Honorat, regno incontrastato dei monaci cistercensi.
È père Marie-Pâques, 54 anni, uomo marketing e immagine dell’Abbazia di Lérins, il sorriso accattivante in un saio color crema e nero, ad accoglierci al piccolo porticciolo mentre sbarchiamo in compagnia di Pascal Loddo, figlio di italiani e PR della comunità. La giornata è splendida, piena di sole e di vento e ricca di intensi profumi di fiori, con i gabbiani che sfiorano veloci le punte dei pini. Lontani anni luce i rumori della Croisette, mentre il monaco ci invita a sederci al tavolo del ristorante dell’abbazia per assaggiare il loro Lérincello (il nostro limoncello), uno dei tanti distillati e liquori che qui producono da oltre un secolo. Père Marie-Pâques, felice per l’interessamento di una rivista italiana, ci presenta subito il progetto che più gli sta a cuore, la vera novità dell’isola, come pure la filosofia – vino e beneficenza – che anima questa comunità religiosa: il Clos de la Charité.

Père Marie-Pâques, padre spirituale della comunità e promotore delle attività vitivinicole

Il piano è nato lo scorso anno su sua iniziativa: «Abbiamo voluto piantare una piccola vigna con 500 piante della varietà Mourvèdre per destinarne interamente i frutti alle associazioni umanitarie, e già dalla prossima vendemmia avremo il primo vino etichettato Clos de la Charité. Ciascuna pianta è offerta a uno sponsor, singolo o anche ente o associazione, alla cifra una tantum di mille euro con il diritto ad avere il proprio nome scritto su una targhetta posta a fianco della vite stessa. A oggi ne sono state vendute 150 e l’intero importo è stato destinato alle associazioni umanitarie, così come lo sarà ogni anno il ricavato della vendita all’asta delle 500 bottiglie di vino ottenute dalla vigna. La nostra comunità, infatti, non trattiene alcunché per le spese di impianto e manutenzione: tutto viene donato. Ecco perché il nostro motto è: viva l’impresa perché crea la ricchezza per poterla poi distribuire ai poveri!». La piccola vigna si trova proprio ai piedi del campanile della bella chiesa con un grande cortile ricco di fiori di acanto e di alte palme. Tra gli sponsor illustri c’è anche il principe Alberto di Monaco.
Se il Clos de la Charité è la grande novità dei monaci di Lérins, la tradizione vitivinicola di questo isolotto, così come la loro presenza qui, è vecchia di secoli perché risale addirittura all’anno 400, quando Onorato e alcuni compagni vi sbarcarono dalla terraferma per fondare, con la benedizione del vescovo di Fréjus, una comunità cenobitica. La vita monastica instaurata da Onorato, poi fatto santo, fu codificata in una regola scritta (La regola dei quattro padri), la prima del genere della Gallia. Oggetto di scorrerie da parte dei Saraceni e dei Genovesi, l’isola è stata a lungo abitata dai monaci benedettini fino alla rivoluzione francese. Alla fine del Settecento, Saint Honorat fu acquistata dall’attrice parigina Blanche Sainval, che trasformò il monastero fortificato in saloni di ricevimento, finché nel 1859 l’isola tornò proprietà del vescovado di Fréjus. Dieci anni dopo ecco infine l’arrivo dei monaci cistercensi di Sénanque, sede di una bellissima abbazia vicino ad Avignone, che sono all’origine della comunità attuale. Oggi la congregazione, intitolata all’Immacolata Concezione, dispone di vari monasteri in Francia, Canada, Vietnam e Italia, a Bagnolo Piemonte. E ben sette, su un totale di 20 attualmente sull’isola, sono i monaci italiani che vivono a Saint Honorat. Un luogo dove è anche possibile trascorrere brevi periodi per ritiri spirituali.
«Quando sono arrivato nel 1985», spiega père Marie-Pâques mentre ci accompagna a visitare le vigne percorrendo vialetti vietati al pubblico che quotidianamente visita l’isola, «il vino che si produceva era francamente scadente, destinato alla distillazione per i liquori e per il consumo a tavola dei monaci. A quel punto abbiamo riflettuto sui possibili mezzi per il nostro sostentamento e per la manutenzione del monastero, considerato che in Francia non sono previsti contributi pubblici per i complessi religiosi. Poi, alcuni amici ristoratori famosi della Costa Azzurra, tra cui Christian Willer e Jacques Chibois, ci hanno incoraggiato a produrre buoni vini per venderli al pubblico. E questo, abbiamo pensato, poteva essere un buon mezzo, insieme all’apertura di un ristorante e di una boutique, per contribuire al sostentamento dell’abbazia».

La linea di etichette comprende bianchi e rossi. Il top di gamma è costituito dai tre Grand Cru monovarietali: il Pinot noir Saint Salonius, il Mourvèdre Saint Lambert e il bianco Saint Césaire

Nelle vecchie vigne erano presenti le varietà Carignan, Grenache, Ugni blanc, Cinsaut e Clairette. Tutto è stato ripiantato, salvo una parcella di Clairette vecchia di mezzo secolo, con Chardonnay, Pinot noir, Syrah e Mourvèdre. Il primo vino del nuovo corso, uscito nel 1993, è stato un bianco dell’annata precedente chiamato La vendange des moines, la vendemmia dei monaci. Oggi la parte centrale dell’isola è un succedersi di ordinati vigneti per complessivi otto ettari da cui si ricavano circa 40 mila bottiglie all’anno. L’obiettivo è di arrivare a 50 mila, di cui almeno 4 mila dei Grand Cru. Grazie alla cura maniacale nel vigneto e in cantina (il maitre de chais è frère Marie, un italiano) e alla consulenza dell’enologo svizzero Jean Michel Novelle («un artista capace di fare vini straordinari nei vigneti intorno al lago di Ginevra», ci tiene a sottolineare père Marie-Pâques), in pochi anni i vini dell’Abbazia di Lérins sono diventati famosi in Francia, e non solo.
La gamma comprende varie tipologie di bianchi e rossi, ma il fiore all’occhiello della produzione sono i tre Grand Cru monovarietali: i rossi Saint Salonius (Pinot noir) e Saint Lambert (Mourvèdre) e il bianco Saint Césaire (Chardonnay), riconosciuti dagli chef stellati tra i migliori vini francesi. La vinificazione di queste cuvées è caratterizzata soprattutto dal breve periodo di fermentazione, circa dieci giorni. Una scelta dovuta al carattere eccezionale del suolo di Saint Honorat, argillo-calcareo, che consente di ottenere uve molto cariche di colore e tannini, per cui i monaci ritengono superfluo prolungarne la macerazione. La maturazione avviene in barrique di rovere Tronçais.
A parte la produzione di base (Cuvée Saint Pierre, Cuvée Saint Honorat, Cuvée Saint Sauver), i cui prezzi al pubblico nella boutique dell’abbazia variano tra i 22 e i 42 euro a bottiglia (non proprio economici…), si resta colpiti dalle quotazioni dei Grand Cru: 52 euro per il bianco Saint Césaire, 110 per il Saint Lambert e addirittura 190 per il Saint Salonius! Lo facciamo presente a père Marie-Pâques mentre degustiamo in cantina i vini spillati dalle barrique: «È vero, i prezzi sono un po’ elevati, però siamo convinti di fare ottimi vini, così come siamo convinti che c’è una clientela che ama le cose buone e che ha i mezzi per acquistarle. Certo, è vero che il settore sta attraversando un periodo di crisi, ma è proprio per questo che dobbiamo andare a cercare i clienti disposti a spendere queste cifre». Infatti, tra i mercati che recentemente sono entrati nel loro portafoglio ci sono anche Russia e Cina, mentre già da tempo questi vini sono esportati in Giappone, a Hong Kong e in vari Paesi europei.

Due frati durante le operazioni di potatura. La superficie vitata sull’isola è di circa 8 ettari con una produzione di 40 mila bottiglie; si tratta di prodotti molto amati che raggiungono anche Russia, Cina e Giappone (foto: Abbaye de Lérins)

Prima di lasciarci per altri impegni, «Père Marie-Pâques ha fatto un’eccezione nel ricevervi personalmente», ci assicura Pascal Loddo, e consentirci di continuare la visita alle bellezze dell’isola avvolta da un caldo sole, ha un ultimo messaggio da esprimere: «Noi vogliamo essere ambasciatori di carità e lo vogliamo fare attraverso il vino. Vogliamo servirci, infatti, della nostra marca commerciale e della credibilità che ci viene dal nostro vino per trasmettere all’esterno i valori di fratellanza. E per farci conoscere ci affidiamo a tutti i mezzi disponibili: stampa, tv, internet e soprattutto gli amici sensibili a questi valori. Uno di questi è il belga Baudouin Havaux, che ha riunito alcuni esperti della comunicazione per far conoscere i nostri vini e in particolare il concetto del Clos de la Charité». E per confermare il concetto, all’ultimo Festival del cinema svoltosi in maggio a Cannes i vini dei monaci di Lérins sono stati serviti alla cena ufficiale della giuria. Più promozione di così…

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© Riproduzione riservata - 24/10/2011

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