
Il vino (piombato) rese sordo Beethoven?

Nel 200° anniversario della rappresentazione della Nona Sinfonia, nuovi studi svelano l’origine dei problemi di salute del compositore di Bonn. Nei suoi capelli sono state ritrovate concentrazioni anomale di piombo, che un tempo si usava per addolcire i vini. E che probabilmente distrusse il suo udito.
Per approfondimenti: Clinical Chemistry, The New York Times, The Drinks Business, The Times
La Nona Sinfonia, forse l’opera più straordinaria e rappresentativa del genio di Ludwig van Beethoven, compie 200 anni. È noto che quando la mise in scena per la prima volta, al Kärntnertortheater di Vienna nel 1824, il grande compositore tedesco, a 53 anni, era ormai completamente sordo. Ignaro della musica non udì, si dice, nemmeno il rullo di timpani che scatenò l’entusiasmo del pubblico durante lo “scherzo” alla fine del secondo movimento, uno dei più creativi e iconici della sinfonia. Di spalle al pubblico non si accorse degli applausi. Un solista lo afferrò la manica e lo fece voltare per vedere l’adulazione rauca del teatro.
Sulla manifestazione di quella disabilità, iniziata prima dei 30 anni e che ha finito per ammantare ancora di più la sua figura nel mito, furono azzardate le più disparate teorie: l’esposizione a musica ad alto volume, il lupus, la sifilide. L’ultima, contenuta da uno studio americano pubblicato sulla rivista Clinical Chemistry, è forse la più sorprendente: potrebbe essere stata colpa del vino.
Nuovo studio sulle ciocche di capelli
A mettere assieme le tessere del puzzle e far luce sul mistero sono stati William Meredith, direttore del Centro Beethoven alla San Jose State University, l’uomo d’affari australiano Kevin Brown e Paul Jannetto, ricercatore della Mayo Clinic un’organizzazione non-profit per la pratica e la ricerca medica. Brown in particolare, scrive il The New York Times, è un grande appassionato del compositore di Bonn e nel corso degli anni è riuscito a entrare in possesso di ciocche di capelli che esami del Dna hanno confermato appartenere a Beethoven.
Per onorare una richiesta del musicista, che pare espresse il desiderio di indagare le cause della sua lunga malattia anche dopo la sua morte, ha deciso di far analizzare i campioni. E così i risultati del laboratorio diretto da Jannetto hanno certificato che i capelli contenevano un’elevatissima concentrazione di piombo: 258 microgrammi per grammo una ciocca, 380 la seconda. Circa 60-90 volte più alti della norma (4 μg/grammo). I capelli di Beethoven hanno mostrato anche livelli fuori scala di arsenico 13 volte più alti del normale e di mercurio 4 volte più alti, ma, a giudizio di Jannetto, sarebbe stato il piombo la causa dei molti malanni del compositore delle nove sinfonie.
La presenza del piombo nel vino
Secondo David Eaton, tossicologo e professore emerito dell’università di Washington, citato sempre dal New York Times, «alte dosi di piombo colpiscono il sistema nervoso e potrebbero aver distrutto l’udito» di Beethoven. Non è chiaro se l’avvelenamento da piombo ne abbia causato il decesso, ma quasi sicuramente, queste dosi croniche «sono del tutto coerenti con i problemi gastrointestinali di cui soffriva il musicista», ha spiegato ancora Eaton. Un giudizio condiviso anche da Jannetto e il suo team.
Ma cosa c’entra il vino? Sebbene le persone della fine del XVIII e dell’inizio del XIX secolo potessero essere esposte al metallo nocivo in vari modi – tra i quali la biacca, il pigmento pittorico usato per incipriare le parrucche – i ricercatori hanno ipotizzato che la colpa fosse in realtà della dieta (The Drinks Business). E in particolare “le fonti primarie di esposizione al piombo suggerite includono il vino piombato, i fattori dietetici e i trattamenti medici”.
«Beethoven mangiava molto pesce d’acqua dolce», ha aggiunto Nader Rifai, della Harvard Medical School, uno dei coautori dello studio parlando al The Times, «e il Danubio all’epoca era molto inquinato da tutte le industrie». Ma c’era un’altra cosa che il compositore consumava in grandi quantità, tanto da svilupparne una dipendenza: il vino. Ne beveva una bottiglia al giorno, e probabilmente anche molto di più nel corso degli anni.
Una pratica antica, continuata nei secoli
La pratica di aggiungere piombo ai vini, oggi naturalmente vietata (dal 2021 il tenore massimo di piombo contenuto per legge nel vino è dello 0,10 mg per Kg), risale agli antichi Romani e forse anche agli antichi Egizi. Jerome Nriagu, esperto di avvelenamento e professore emerito all’Università del Michigan, ha affermato che nell’Europa del XIX secolo si faceva largo uso di acetato di piombo, chiamato anche “zucchero di piombo”, per rendere il vino di scarsa qualità più gradevole. Il vino veniva anche fatto fermentare in bollitori saldati con il piombo, e il metallo si sarebbe disperso con l’invecchiamento. E gli stessi tappi delle bottiglie venivano imbevuti di sale di piombo per migliorare la tenuta.
«Anche dopo l’aggravarsi delle sue condizioni Beethoven», ha rivelato il dottor Meredith, «continuava a bere vino credendo fosse un bene per la sua salute. E negli ultimi giorni prima della sua morte, avvenuta nel 1827 all’età di 56 anni, appena tre anni dopo quella esibizione al Kärntnertortheater di Vienna, «i suoi amici gli davano vino a cucchiaiate». Perfino il suo segretario e biografo, Anton Schindler, scrisse che mentre il musicista giaceva sul letto di morte, il suo editore gli regalò 12 bottiglie di vino. A quel punto Beethoven sapeva che non avrebbe mai potuto berle e sussurrò quelle che furono le ultime parole di cui si abbia traccia: «Peccato, peccato, troppo tardi!».
Foto di apertura: © Meatle – Pixabay
Tag: Beethoven, Clinical Chemistry, The Drinks Business, The New York Times, The Times© Riproduzione riservata - 24/05/2024
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