Dogajolo di Carpineto, il vino dei giovani compie 30 anni e non li dimostra
Innovativo, sostenibile, ma ancorato al territorio in cui nasce, il Dogajolo della rinomata Cantina toscana festeggia il trentesimo anniversario con l’ingresso in gamma della versione Oro. Prodotto in 1 milione di bottiglie con un ottimo rapporto qualità/prezzo, è il rosso ideale per i Millennials. Ad affiancarlo ci sono anche i freschi e vivaci Dogajolo bianco e rosato.
Trent’anni per il Dogajolo di Carpineto, che lo proclama in etichetta con un bel bollino rosso a onorare il suo anniversario. Il vino più cool della Cantina, che si è imposto sugli scenari internazionali come Supertuscan baby dando vita a una nuova tipologia, coniuga tradizione, innovazione e sostenibilità con un ottimo rapporto qualità/prezzo; e si rivela ideale per i consumatori Millennials, tanto da raccogliere grande consenso su Instagram. Negli anni (per la precisione 15 e 10 anni fa) è stato affiancato anche da un bianco e un rosato, che hanno arricchito con note di freschezza e vivacità questa linea dedicata alle giovani generazioni. E oggi la gamma si completa con l’ingresso della novità Dogajolo Oro, la “riserva”, prodotta per ora in un numero limitato di bottiglie (3.000).
Come nasce il Dogajolo
«L’idea di dar vita al Dogajolo», spiega Antonio Michael Zaccheo, export manager, che con Caterina Sacchet gestisce l’azienda fondata nel 1967 dai loro padri, «nasce da un’esigenza dichiarata a ProWein da un buyer tedesco alla ricerca di un rosso da tutti i giorni. A quell’epoca avevamo alcuni impianti giovani che abbiamo deciso di destinare alla produzione di un Supertuscan baby, da uve Sangiovese (70%) e Cabernet Sauvignon (30%), che facesse poi un veloce passaggio in barrique (6 mesi)». Questo per conservare morbidezza e rotondità, ma anche la freschezza fruttata (ciliegia) che caratterizza un vino giovane, come il Dogajolo, prodotto in 1 milione di bottiglie, con un prezzo medio a scaffale al di sotto dei 10 euro.
L’evoluzione con il Dogajolo Oro
Le uve sono frutto di una selezione effettuata in tutte le cinque tenute di proprietà, coltivate in modo sostenibile, a Montepulciano, Montalcino, Dudda e Gaville nel Chianti Classico, Gavorrano in Maremma. Mentre quelle del Dogajolo Oro arrivano solo dai terreni tipici di argilla blu della tenuta di Montepulciano. In questo caso la sosta in barrique si protrae per altri 2-3 mesi e il vino esce un anno dopo il Dogajolo rosso, ma non può chiamarsi ufficialmente Riserva perché è a Igt.
Il bianco e il rosato completano la gamma
Anche il Dogajolo bianco nasce nella tenuta di Montepulciano. È prodotto per un terzo da uve Chardonnay, che conferiscono al vino corpo; per un terzo Sauvignon blanc, che dona aromaticità; e per un terzo Grechetto, che dà mineralità e che arriva dalla zona che confina con l’Umbria. Il Dogajolo rosato è prodotto con uve Sangiovese e una piccola percentuale di Malvasia. È un vino dalle caratteristiche floreali: rosa, mirto e fiore di vite, a cui non mancano i profumi fruttati di mela, ribes e pompelmo rosa. Delicato ed elegante, ha acidità spiccata, ma è anche ampio e deciso.
Etichette senza tempo
Colpiscono le etichette della gamma rimaste immutate nel tempo e dal gusto pittorico, a richiamare i profumi che emergono nel calice. Una tavolozza di colori spalmati su un bouquet di foglie di quercia e oro nel caso del Dogajolo rosso e Oro, fiori di acacia per il bianco, frutti di bosco e fiori per il rosato.
Foto di apertura: la linea Dogajolo (qui il rosso, il bianco e il rosato) coniuga tradizione, innovazione, sostenibilità e ottimo rapporto qualità/prezzo
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© Riproduzione riservata - 30/04/2023