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Degustiamo i Cru storici dei Marchesi di Barolo

19 Ottobre 2015 Jessica Bordoni
Più che di Nebbiolo, bisognerebbe parlare di Nebbioli, al plurale. L’uva simbolo del Piemonte, infatti, sorprende per la sua grande varietà espressiva. «È una questione di suolo, di terroir», sintetizza Ernesto Abbona, titolare della storica azienda Marchesi di Barolo. «Non a caso il vitigno non dà mai nome al vino - ad eccezione del Nebbiolo d’Alba - ma prende quello del paese o della località in cui le viti crescono, come per i grandi Barbaresco e Barolo Docg. Da tutto ciò deriva l’importanza dei Cru e delle Menzioni geografiche aggiuntive, ovvero le microaree di produzione caratterizzate da un particolare tipo di terreno e microclima».

Sei Nebbiolo a confronto

Lo scorso 15 ottobre Ernesto Abbona con la moglie e i figli Valentina e Davide (in foto) hanno organizzato una cena-degustazione all’Enoteca Duomo 21 di Milano. Protagonisti sei Nebbiolo, ognuno con le sue peculiarità, ma tutti Cru storici della Cantina. «Per noi le differenze sono fondamentali e il confronto è il modo migliore di apprezzarle», precisa Valentina Abbona, responsabile marketing e comunicazione.

Roccheri: tutta la morbidezza del Nebbiolo d’Alba

Si comincia dal Roccheri, Nebbiolo d’Alba Doc 2013, che proviene da terreni piuttosto sabbiosi e matura in tini di cemento vetrificato (appositamente realizzati con un isolamento in sughero) per poi passare in botti di rovere. Il risultato è un vino dal colore rosso rubino, riflessi granato con sentori di frutti di bosco, viola, rosa selvatica e una leggera nota vanigliata. I tannini sono ben amalgamati, donando grande morbidezza e un’avvolgente persistenza in bocca.

Esposizione sud-ovest per il Barbaresco Serragrilli

Poi è la volta del Serragrilli, Barbaresco Docg 2012, dall’omonima collina nel comune di Neive, tra le poche esposte a sud-ovest, dove i grappoli ricevono i raggi solari fino a sera. Il terreno è compatto, argilloso-calcareo con un “mantello” di sabbie quarzose e limo. In questo caso la maturazione avviene in botti di rovere di Slavonia da 30 a 35 ettolitri e di rovere francese di 225 litri. Siamo davanti a un Barbaresco dal sapore deciso, di grande struttura ed equilibrio.

Barolo Coste di Rose: grande finezza e intensità

Segue il Barolo Coste di Rose Docg 2011. Le uve sono allevate nella medesima collina di Barolo esposta ad est, con una pendenza superiore al 40 per centro che favorisce la piena maturazione dei grappoli. Finezza e intensità sono le parole chiave per descrivere i profumi e il gusto di questo Barolo dall’immediata piacevolezza.

Il Barolo Sarmassa indietro nel tempo fino al 1988

Il viaggio si conclude con il Barolo Sarmassa Docg delle annate 2011, 1999 e 1988. Sarmassa è esposta a sud-est, sul fianco di una collina calcareo-argillosa con una presenza notevole di scheletro. La vendemmia 1999, in particolare, si rivela eccezionale, strutturata, complessa. Emergono note di goudron, tartufo e sottobosco, con tannini vellutati. Chapeau anche per il 1988, che dall’altro dei suoi 27 anni rivela ancora sentori floreali di rosa e viola, note speziate di cannella e spezie, con un gusto austero, grandioso, da vero Re dei vini.

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