Quella dei grandi formati è una nicchia amata da collezionisti e appassionati, ma poco presente nella ristorazione. Quanto ci investono le Cantine che li producono e perché lo fanno? Lo abbiamo chiesto ai diretti interessati. Le quotazioni alle aste sono in crescita.
Partiamo da un dato di fatto: la crescita della performance dei fine wines italiani nel mondo, anche sotto il profilo degli investimenti. Liv-ex, punto di riferimento dei vini da collezione, classifica nel 2021 in prima fascia (quella con le quotazioni più alte, dalle 3.060 sterline – per confezione da 12 bottiglie – in su, in tutto 72 etichette) l’Italia con ben 11 etichette, Bordeaux con 10, la California con 10. Stravince la Borgogna con 31 (seppur in calo rispetto al 2020 del -29,5%).
Il fascino dei grandi formati
La questione che ci siamo posti successivamente riguarda l’andamento dei grandi formati dei vini da collezione italiani, che sono più rari dei classici formati standard da 0,75, e molto contesi da collezionisti e dagli appassionati edonisti. Le bottiglie di grosso formato sono da sempre oggetto di irresistibile seduzione, anche per una questione di natura estetica. La presenza scenica d’impatto, il fascino dello status symbol, il rito quasi spirituale nel servirli in occasioni memorabili, gli stessi nomi, riferiti ad alcuni celebri re delle antiche civiltà mediorientali dalla sonorità particolarmente intensa, che evoca tempi lontani e una sensazione di magnificenza, li rendono un viaggio nella bellezza e nella grandiosità del vino.