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Cleto Chiarli, una Galleria per il Lambrusco

25 Maggio 2025 Civiltà del bere
Cleto Chiarli, una Galleria per il Lambrusco
L’inaugurazione della nuova Galleria nella Tenuta Cialdini a Castelvetro (Modena)

Nella Tenuta Cialdini di Castelvetro la famiglia modenese ha creato una collezione che illustra la loro storia e quella del vino principe del territorio. In esposizione documenti, premi, immagini e oggetti antichi: dalla Mention Honorable all’Esposizione Universale di Parigi alla English Bottle del 1652

Fondata nel 1860 Chiarli spegne quest’anno 165 candeline: oltre un secolo e mezzo di comunione col Lambrusco che ha segnato la storia di una famiglia e di un territorio, contribuendo in maniera decisiva a fare dei vini da questo vitigno un successo internazionale. Per raccontare un romanzo fatto di lavoro, passione, innovazioni e scelte coraggiose, e per festeggiare questo traguardo di longevità, la Cantina modenese ha deciso di dar vita a un nuovo museo all’interno della Tenuta Cialdini a Castelvetro, che rappresenta il fiore all’occhiello del gruppo Chiarli 1860.

Un viaggio nella storia aziendale

La nuova Galleria raccoglie istantanee di vita vissuta, ritagli di ricordi, oggetti e testimonianze di un cammino lungo cinque generazioni che fanno di Chiarli l’azienda vinicola più antica dell’Emilia Romagna e la prima a far conoscere il Lambrusco fuori dai confini nazionali.
L’esposizione si sviluppa seguendo la storia di Chiarli, a partire dai primi passi nel cuore di Modena, all’Osteria l’Artigliere, dove Cleto Chiarli gettò le basi per un’attività passata presto dalla mescita alla produzione, mettendo a frutto le potenzialità del Lambrusco in bottiglia. Un’evoluzione partita dal Vecchia Modena, nel 1890, la più antica testimonianza di un Lambrusco in bottiglia recante un’etichetta. Con questo vino il fondatore partì nel 1900 alla volta di Parigi dove all’Esposizione Universale ottenne la prestigiosa “Mention Honorable”. Un passo cruciale nel gettare le basi per la nascita delle Doc e del Consorzio dei Lambruschi Modenesi.

100 mila bottiglie già nel 1860

Oggetti, diplomi, attestati, menzioni e riconoscimenti ricostruiscono le tappe dell’attività di Chiarli, dal 1860 ai giorni nostri. Già a fine Ottocento la produzione raggiunse le 100 mila bottiglie all’anno, dando il via all’esportazione. L’espansione richiese continui ampliamenti della cantina, così che da quella originaria del 1860 di via della Cerca, nel 1895 si trasferì in un nuovo stabilimento in via Poletti, nelle immediate vicinanze del centro storico di Modena, e di qui, nel 1925, in via Manin alla Sacca, dove tutt’ora si trova la sede principale dell’azienda. Infine, l’importante progetto Cleto Chiarli e la Cantina di Villa Cialdini costruita nel 2001 dove ha sede la Galleria.

Il racconto di un pezzo d’Italia da fine Ottocento agli anni 80

Nell’Archivio storico sono conservati importanti documenti, catalogati e suddivisi, che vanno dal 1883 al 1980 e che permettono di approfondire il contesto economico e amministrativo di quel periodo. Il ministero per i Beni e le Attività culturali e per il Turismo, attraverso la Soprintendenza archivistica e bibliografica dell’Emilia Romagna, ha ritenuto l’Archivio “patrimonio significativo e per certi aspetti raro esempio di conservazione di tutta un’attività produttiva a partire dall’Unità d’Italia ad oggi”.
«L’Archivio della nostra famiglia», spiega Tommaso Chiarli, esponente della quinta generazione, «ripercorre la storia dell’azienda e la storia moderna del Lambrusco fin dagli albori dell’Osteria dell’Artigliere con documenti, etichette d’epoca, macchinari, foto che raccontano l’evoluzione e i successi di questo vino, fatte personalmente da Anselmo, figlio di Cleto Chiarli».

Etichette storiche dei Lambrusco Cleto Chiarli che fanno parte della collezione

Le origini con l’Osteria Cleto Chiarli

Una sezione della Galleria Chiarli si riallaccia proprio all’Osteria di Cleto Chiarli. Un documento della prima metà del XIX secolo certifica come all’epoca il centro di Modena ospitasse ben 80 tra trattorie, osterie e locande. Queste attività erano regolamentate da numerose ordinanze, in particolare in merito ai clienti abituali che sfidavano la sorte con il gioco d’azzardo, favoriti dagli osti che nascondevano i tabelloni per le puntate dietro ai taglieri di legno appesi ai muri. Alcuni rari esemplari di quei giochi testimoniano quel mondo ormai dimenticato.

La English Bottle del 1652

Oltre le testimonianze documentarie – come un ricettario di casa Chiarli della fine dell’Ottocento e interessanti pubblicazioni del XVI e XIX secolo incentrate sulla preparazione del vino, le varietà dei vitigni e la sua importanza come bevanda – nella collezione hanno un posto di rilievo antiche bottiglie, etichette storiche, rari oggetti in vetro soffiato realizzati nel Ducato Estense dal XVII al XIX secolo da maestranze originarie di Altare di Monferrato. In mostra anche la English Bottle in vetro scuro creata nel 1652 che, per la sua robustezza, consentì di eliminare definitivamente le millenarie difficoltà legate al trasporto del vino fino ad allora effettuato in botti di legno e, prima, in anfore.

Il ruolo nella valorizzazione del Lambrusco

«Al destino del vino Lambrusco e di Chiarli, attiva da più di un secolo e mezzo», sottolinea Anselmo Chiarli, «ha contribuito in maniera determinante il potere trasformativo del vetro. Il museo mette in luce il ruolo cruciale che le robuste bottiglie hanno svolto nell’elevare il Lambrusco da vino fermo a frizzante, famoso nel mondo. La rara collezione di vetri modenesi soffiati a mano, oggi in mostra, racconta l’arte e l’innovazione antecedenti alla creazione di bottiglie capaci di resistere alle bollicine del Lambrusco frizzante».
La nuova Galleria rientra nei pacchetti di visita con degustazione alla cantina Cleto Chiarli, prenotabili chiamando lo  059.70.27.61.  Oggi, l’attività del gruppo si divide tra Chiarli 1860, orientata ai vini di più ampio consumo, Cleto Chiarli Tenute Agricole, incentrata sulla moderna cantina di Castelvetro, che guida il lavoro delle sette tenute di famiglia che insieme superano i 350 ettari di estensione, e Quintopasso, il progetto enologico sul Metodo Classico.

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