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Cina: le importazioni di vino rallentano, si guarda ad altri mercati asiatici

Cina: le importazioni di vino rallentano, si guarda ad altri mercati asiatici

Solamente dieci anni fa il mercato cinese era in rapida in crescita e sembrava il cavallo giusto su cui puntare; ma le politiche adottate a partire dal 2020, in particolare nei confronti dell’Australia, dimostrano come le carte in tavola possano cambiare anche molto velocemente.

Per approfondimenti: Liv-ex, Vino-Joy, Vino-Joy, Vinitaly e The drinks business

Le importazioni di vino da parte della Cina continuano a rallentare e le tendenze dei consumatori cinesi hanno avuto un forte impatto sui livelli di consumo mondiale, portando a una costante flessione dal 2017. Secondo le stime elaborate recentemente da Liv-ex, piattaforma londinese per il mercato dei vini pregiati, la Cina “non supporterà il commercio globale di vino nei tempi difficili che ci attendono”.

Una brusca frenata

Sono diversi i fattori che stanno portando la Cina ad abbandonare la strada del vino. I più ottimisti lo vedono come un periodo di assestamento dopo una crescita esponenziale avvenuta all’inizio del nuovo millennio, ma una brusca frenata avvenuta a partire dal 2020 e accentuata nel primo trimestre del 2020 non sembra supportare la prima ipotesi. A influire in particolar modo sono state le politiche “zero Covid”, che hanno visto il diffondersi di restrizioni molto severe sulle città cinesi più ricche, ovvero i principali motori del consumo di vino, tra cui il centro economico di Shanghai (Vino-Joy).

Riflettori su Singapore, Giappone e Corea del Sud

Scrive allora Liv-ex nel suo report: “Molti di coloro che hanno tentato la fortuna in Cina all’inizio degli anni 2010, devono ora affrontare una delusione”. Ma non sembra tutto perduto: “È giunto il momento di puntare su altri mercati asiatici”, si legge in seguito. Tre le alternative alla Cina emergono Singapore, “un hub chiave per la crescente base di collezionisti nel sud-est asiatico”. Anche il Giappone si sta dimostrando aperto alla scoperta di nuove denominazioni e territori; mentre la Corea del Sud è emersa tra i mercati in più rapido sviluppo per il vino pregiato.

In Asia scende Bordeaux e sale la Borgogna

Si tratta, inoltre, di mercati che si stanno dimostrando in linea con altri ben più consolidati e dove, in generale, sta scemando la domanda dei vini di Bordeaux, accompagnata da una ascesa della Borgogna e da una maggiore diversificazione del mercato secondario. Nel 2011 le importazioni da Bordeaux rappresentavano il 95,2% del commercio del mercato secondario in Asia, mentre oggi la quota è drasticamente scesa al 35,9%. Il grande beneficiario di questo cambiamento è stata la Borgogna, che è passata da meno del 5% degli acquisti in Asia di dieci anni fa, al 37,3% di quest’anno (Vino-Joy).

Ma l’Italia continua a guardare anche verso la Cina

Nonostante questi avvertimenti, l’Italia continua a guardare alla Cina come un mercato su cui investire. Si è infatti da poco conclusa la 5ª edizione del Vinitaly China Road Show, evento B2B organizzato dal 10 al 14 novembre a Shanghai, Nanning e Shenzhen da Veronafiere. Per l’occasione, 1.800 buyer professionisti cinesi hanno potuto degustare oltre 600 vini provenienti da tutte le regioni italiane.
«Seppure in un contesto difficile tra confini chiusi, lockdown e misure anticovid, il roadshow è andato a buon fine; Vinitaly è diventato l’unico evento internazionale dedicato a wine and spirits a Shanghai per l’anno 2022», sottolinea Maurizio Danese, amministratore delegato di Veronafiere.

E la Cina sembra ancora interessata al vino italiano

I dati diffusi da Vinitaly dimostrano che la Cina sarebbe ancora interessata al vino italiano. Nonostante l’epidemia abbia indubbiamente limitato le importazioni, con un calo complessivo in valore nell’ultimo triennio del 3-1%, gli ordini di vino made in Italy sono cresciuti del +44% tra il 2020 e il 2021 (pari a 165 milioni di dollari). La quota mercato dell’Italia è passata dal 6 al 10%, grazie anche al quasi azzeramento delle importazioni dall’Australia, vittima dei superdazi a partire dal fine 2020. Oggi il Belpaese è il terzo fornitore di vino in Cina, dietro a Cile (332 milioni di dollari) e Francia (753 milioni di dollari).

Uno spiraglio di luce nei rapporti tra Cina e Australia?

Sembra, però, che le tensioni tra Australia e Cina possano, piano piano, allentarsi. La scorsa settimana il primo ministro australiano Anthony Albanese ha infatti incontrato il presidente cinese Xi Jinping per la prima volta in sei anni. L’incontro tra i due leader è durato 32 minuti e ha avuto luogo al vertice del G20 a Bali. L’industria vinicola australiana spera che questo confronto sia il primo passo verso la normalizzazione delle relazioni che potrebbe portare alla caduta dei dazi punitivi della Cina sul vino australiano, sanzioni finora costate ben 2,08 miliardi di dollari australiani. Albanese lo ha definito un “passo importante” per ristabilire i legami tra i due Paesi (The drinks business).

Foto di apertura: una veduta di Shangai © E. He

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© Riproduzione riservata - 23/11/2022

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