Chianti Classico: il punto sulla Docg alla presentazione delle Uga
A Milano il presidente del Consorzio del Chianti Classico Giovanni Manetti e il giornalista Luciano Ferraro presentano ufficialmente il progetto delle 11 Unità Geografiche Aggiuntive ricordando le buone performance della Denominazione nel 2021.
Mettere il territorio in etichetta. Tradurre in vino le differenze geografiche, ma anche storico-culturali, delle colline che formano il Chianti Classico. L’ambizione è grande, anche per il più antico Consorzio d’Italia, fondato nel lontano 1924, quando la Docg del Gallo Nero era ben di là da venire.
Le 11 Unità Geografiche Aggiuntive
Quasi cent’anni dopo, i produttori hanno accolto a grande maggioranza (circa l’80%) il progetto consortile delle Uga, acronimo di Unità Geografiche Aggiuntive, che divide l’areale della denominazione in 11 zone più ristrette, dotate di una certa omogeneità. Si tratta di Castellina, Castelnuovo Berardenga, Gaiole, Greve, Lamole, Montefioralle, Panzano, Radda, San Casciano, San Donato in Poggio e Vagliagli.
La direttiva – che sta per essere approvata dalla Regione Toscana e passerà poi al vaglio del Mipaaf e dell’Unione Europea – consentirà alle Cantine di indicare sull’etichetta dei Chianti Classico Gran Selezione il nome del comune o della frazione da cui provengono le uve. Se l’iter, come dovrebbe, non subirà intoppi, le prime bottiglie immesse sul mercato saranno quelle della vendemmia 2019, disponibili dal luglio 2022.
Fattori ambientali e umani
«È da più di 30 anni che si discute di Unità Geografiche nel Chianti Classico; e finalmente nel giugno scorso si è arrivati ad una svolta».
Così ha commentato il presidente Giovanni Manetti, che lo scorso 22 novembre ha presentato ufficialmente il progetto Uga al Mudec di Milano con il giornalista Luciano Ferraro.
«Si tratta di una riforma strategica, da cui ci aspettiamo una crescita di immagine e visibilità importante, con un aumento del prezzo medio a bottiglia. Inutile negare che trovare una quadra non è stato semplice, ma il punto di equilibrio è stato raggiunto, bilanciando fattori naturali, come l’altitudine, le caratteristiche pedoclimatiche, l’esposizione, e fattori “umani”, legati alle tradizioni locali e alle dinamiche relazionali.
Un percorso in divenire
Per farlo, il Consorzio del Gallo nero ha consultato centinaia di vignaioli, valutando il loro punto di vista. Non è un caso se, a ciascuna delle 11 Uga, corrisponde (almeno) un’associazione di produttori che ciclicamente si riuniscono, scambiandosi idee e lavorando sull’identità territoriale; l’ultima nata, presentata poche settimane fa, è quella dei Viticoltori di Greve in Chianti (ne abbiamo parlato qui). Oggi il Chianti Classico prevede tre tipologie: d’annata (12 mesi di invecchiamento) Riserva (24 mesi) e Gran Selezione (30 mesi).
Parola d’ordine: gradualità
L’indicazione Uga è prevista ad oggi solo per il vertice qualitativo, ovvero Gran Selezione, pari al 6% della produzione totale di vini certificati Docg. Considerando che i volumi complessivi sono di 36-37 milioni di bottiglie annue, parliamo di circa 2 milioni di bottiglie (ossia il 16-17% del fatturato totale). «Ci siamo dati tre anni di tempo – dal 2022 al 2025 – per valutare l’accoglienza delle Uga e tornare a discuterne in assemblea, estendendo la possibilità di segnalare il riferimento geografico anche alla tipologia Riserva e al vino d’annata», continua il presidente Manetti.
Performance in crescita nel 2021
Il Chianti Classico è esportato in 150 Paesi e le prime reazione da parte degli operatori internazionali sono positive. Lo stesso vale per i numerosi wine lovers, sempre più attenti al legame vin-territorio.
«A fine anno, registriamo un trend del +20% sulle vendite rispetto al 2020. E la controprova che non si tratta di un rimbalzo tecnico post-pandemia ci arriva dal confronto sul 2019, rispetto al quale l’aumento è del +10%. Quanto ai dati in valore, si assiste ad una progressiva crescita sia della Riserva che della Gran Selezione, quest’ultima introdotta con la vendemmia 2014. Oggi, su un totale di 340 soci del Consorzio, oltre 150 aziende scelgono di imbottigliarla. E va detto che, da disciplinare, può farlo solo chi ha la proprietà dei terreni». Insomma, la consapevolezza che le Cantine possono crescere tanto in termini di qualità, legandosi sempre di più al territorio, non manca. E il margine di azione è ancora ampio.
Una denominazione sempre più verde
Durante la presentazione milanese del progetto Uga il presidente Manetti e il giornalista Luciano Ferraro hanno ricordato altri numeri chiave.
«Oggi il Chianti Classico si estende per 70 mila ettari. Il 65% è coperto da boschi, che contribuiscono in maniera determinante alla creazione dei diversi microclimi. La vite occupa circa il 15% con 7.200 ettari destinati alla produzione di vini Docg e 2000 a quella di prodotti Igt. Il restante 15% è occupato da ulivi. La viticoltura biologica è pari al 52,5% del totale; solo due anni fa era al 40%. Si fa bio non solo per motivi ecologici, ma anche alla ricerca di una maggiore purezza e attenzione qualitativa», precisa Manetti. Ancora, oltre il 70% delle Cantine è impegnato in progetti di sostenibilità e il 30% ha adottato sistemi di energie rinnovabili.
Gli elementi da considerare
Con la collaborazione del cartografo piemontese Alessandro Masnaghetti, è stata creata la mappa geoviticola del Chianti Classico che identifica gli 11 principali suoli in cui è possibile suddividere l’areale, come ad esempio il macigno(arenaria e sabbia), l’alberese, la formazione di Sillano (galestro + alberese) e così via. Le 11 Uga tengono conto di queste differenze, ma anche di altri fattori geografico-paesaggistici altrettanto significativi, come la presenza di boschi, l’altitudine, l’esposizione. Il Sangiovese, come una pellicola fotografica marchia il territorio, restituendo le differenze. Ma va detto che ad entrare in gioco c’è, inevitabilmente anche lo stile impresso dal produttore, che include le scelte di affinamento spesso molto diverse a cominciare dall’utilizzo del legno.
Il tasting “retrospettivo” al Mudec
Durante la presentazione milanese, gli operatori di settore hanno potuto degustare 11 Chianti Classico Gran Selezione (annate dalla 2015 alla 2018) di 11 produttori situati in ciascuna delle 11 Uga.
«Alcune premesse sono d’obbligo, a cominciare dalle differenze legate alle vendemmie e al fatto che il progetto delle Uga dovrebbe partire ufficialmente l’anno prossimo, coinvolgendo la produzione 2019», spiega il giornalista Luciano Ferraro. «Ma questo tasting comparato ci permette di farci un’idea più precisa sulla grande varietà produttiva legata al terroir».
Così ad esempio si scopre che i vini di San Casciano sono mediamente più freschi e acidi, mentre quelli di Lamole, Gaiole e Radda giocano soprattutto sulla finezza. I Chianti Classico di Panzano sono dotati di maggiore forza ed energia, mentre quelli di San Donato in Poggio hanno tendenzialmente più volume e morbidezza.
Foto di apertura: un momento della presentazione delle 11 Uga del Chianti Classico al Mudec di Milano
Tag: Chianti Classico, Giovanni Manetti, Luciano Ferraro, Uga Chianti Classico© Riproduzione riservata - 29/11/2021