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Nelle terre dell’Asti Docg tra certezze e sperimentazioni

Nelle terre dell’Asti Docg tra certezze e sperimentazioni

Una denominazione per due tipologie storiche che accontentano un pubblico internazionale, dagli Stati Uniti alla Russia. E se la versione secco non è mai decollata, oggi si punta sulla distintività di Canelli. Trend, obiettivi e prospettive del vino italiano più natalizio che ci sia.

Una tipologia guarda decisamente a ovest, in primis agli Usa, l’altra, con sempre più interesse e risultati più che incoraggianti, a est, dalla Russia all’Asia. L’Italia? In questi casi solitamente si dice nemo propheta in patria, sebbene in realtà il legame con il Moscato, sia esso nella versione a tappo raso che con quella a fungo per lo spumante, ci sia e sia ben salda anche nel cuore di molti appassionati nostrani. Però, è un dato di fatto: affrontare l’universo che ruota intorno all’Asti Docg, significa accostarsi a un vino e due tipologie storiche del panorama italiano che ormai parlano un’altra lingua.

I numeri della denominazione

«Le nostre due tipologie vivono i rispettivi mercati di riferimento in modo differente», spiega Stefano Ricagno, presidente di un Consorzio, quello dell’Asti Docg, tra i più antichi del nostro Paese, essendo nato il 17 dicembre del 1932, 92 anni fa, e che ha dalla sua numeri importanti. A partire da quello delle aziende consorziate, 1013, che hanno caratteristiche e vocazioni differenti: 50 case spumantistiche, 778 aziende viticole, 153 aziende vitivinicole, 17 aziende vinificatrici e 15 cantine cooperative.
Quasi il 90% della produzione complessiva, che più o meno si aggira tra 90 e 100 milioni di bottiglie l’anno, vola all’estero, e viene prodotto grazie alla storica varietà Moscato bianco, allevata nei 10 mila ettari presenti in 51 comuni della provincia di Alessandria, Asti e Cuneo. Recentemente il Consorzio ha anche fornito alcuni dati sull’andamento dell’imbottigliato nei primi 6 mesi del 2024 – sostanzialmente stabile con un +0,4% – che, considerando il periodo non certo positivo delle vendite di vino, sono certamente una buona notizia, figlia del combinato che vede l’Asti Docg perdere il -6% arrivando a un totale di 26,7 milioni di bottiglie, e invece il Moscato d’Asti crescere del +12% arrivando a 16,8 milioni.

Stefano Ricagno, presidente del Consorzio dell’Asti Docg

Negli Usa è “moscatomania”

«Il Moscato d’Asti, nel corso degli anni, si è conquistato una fetta di mercato importante negli Usa» entra nel dettaglio Ricagno. «Siamo passati da una produzione da 5-6 milioni di bottiglie a una da 35-36 milioni in 18 anni e questo è dipeso soprattutto dal mercato americano». Una vera e propria “moscatomania”, quella presente nel mercato americano, nata più o meno 15 anni fa sia grazie alla presenza di produttori di successo su questo mercato, ad esempio Bera e Saracco, sia anche grazie al ruolo recitato dalla grande distribuzione locale, «differente da quella italiana e nella quale anche lo sviluppo delle private label di Moscato ha portato a questi numeri».

Quasi il 90% della produzione complessiva, si aggira tra 90 e 100 milioni di bottiglie l’anno, vola all’estero

In Russia piace in versione Spumante

Diverso, anche se proiettato sempre su mercati esteri, l’andamento relativo invece all’Asti Spumante. «Ha sempre proseguito un suo percorso di presenza molto capillare un po’ in tutti i mercati, anche in quelli più piccoli e particolari», commenta il presidente del Consorzio. India, Asia in generale e poi soprattutto il mercato russo le aree più importanti, con quest’ultima che assorbe circa 15 milioni di bottiglie, in alcuni casi anche 20 milioni, una cifra decisamente importante considerando i 60 milioni complessivi di media a livello produttivo di questa tipologia.

Abbinamento con il dessert? Si può fare di più

Nessuno mette in discussione l’abbinamento di un bicchiere di Moscato d’Asti o Asti Spumante con una preparazione dolce a fine pasto, a partire dal Panettone, un binomio pressoché indissolubile e inscindibile, come insegnano tutte le scuole di sommellerie. C’è un però. «La Grecia è un Paese che ci sta dando belle soddisfazioni, anche grazie alla presenza di molti turisti stranieri, che bevono i nostri vini al bar, come aperitivo». Una tendenza nata quasi per caso, ci spiega il presidente del Consorzio, ma che introduce un tema storico e annoso per un vino dolce e aromatico, sia esso lievemente pétillant così come con le bollicine ottenute dal Metodo Martinotti, ovvero quello del suo abbinamento. Ci sono mercati dove la ghettizzazione del fine pasto e dell’esclusivo matrimonio con preparazioni dolci o la frutta, è stata superata da tempo.
«L’Italia è un mercato stabile sia per il Moscato d’Asti per l’Asti Spumante. Negli Usa la crescita è dovuta invece anche al fatto che il Moscato d’Asti si beve alle 5 del pomeriggio, come aperitivo». Eppure operazioni che hanno cercato di promuovere e comunicare situazioni di consumo differenti sono state fatte negli anni, a partire da quelle messe in campo con Alessandro Borghese come testimonial. «Stiamo lavorando anche sulla proposta della mixology, però è chiaro che il mercato italiano è molto maturo e non è semplice crearsi spazi per abbinamenti differenti».

Il Moscato bianco resiste bene alla flavescenza dorata ed è allevato a un’altitudine media tra i 300 e i 400 metri sul mare

Asti Secco, un’operazione rimasta ai margini

E proprio il desiderio di andare oltre l’abbinamento con il fine pasto e il dessert, ha portato anche alla nascita, nel 2018, della versione secca dell’Asti, che però, a oggi, vedendo i numeri, è rimasta un’operazione, se non incompiuta, quanto meno secondaria rispetto alle premesse e intenzioni che avevano animato la sua creazione. «Siamo intorno alle 300 mila bottiglie l’anno, una nicchia rispetto alla produzione complessiva», ammette Ricagno. I grandi big della denominazione, non hanno d’altronde dato una spinta che probabilmente sarebbe potuta essere decisiva alla sua diffusione e al suo successo.

Obiettivi e prospettive della Docg Canelli

Un’altra operazione portata avanti recentemente è quella di dare una distintività differente al Moscato prodotto in un’enclave storica per questo vitigno come quella di Canelli, dove si coltiva dal 1300. Il 30 giugno del 2023, con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, è arrivata la Docg.
«È un percorso partito 15 anni fa quando all’interno del disciplinare di produzione del Moscato d’Asti si era data la possibilità di creare tre sottozone, Strevi, Canelli e Santa Vittoria d’Alba», ricorda Ricagno. «Parliamo oggi di circa 250.000 bottiglie che vengono vendute con il nome Canelli, anche se il potenziale dell’areale di produzione è di circa 700.000». Obiettivo? «Fare un lavoro premium, con un prezzo medio più alto, presentando anche un prodotto Riserva con almeno 30 mesi di affinamento per andare a intercettare quei consumatori già esperti e appassionati che conoscono le potenzialità evolutive del Moscato e magari amano anche situazioni di consumo differenti rispetto al dessert».

Cambiamenti climatici e sperimentazioni in corso

Il Moscato bianco resiste bene alla flavescenza dorata, che in Piemonte negli ultimi anni ha fatto non pochi danni, ed è allevato, all’interno dei confini della denominazione, a un’altitudine media tra i 300 e i 400 metri sul mare. Due caratteristiche non secondarie che fanno sì che quest’uva possa essere considerata sostanzialmente resiliente, dote non certo secondaria in questo momento, visti i cambiamenti climatici in atto. «È un’uva che anche dal punto di vista economico riveste una grande importanza nel nostro territorio, quindi c’è grande attenzione», spiega sempre il presidente del Consorzio. «La siccità porta concentrazione ma anche uno sviluppo non ottimale degli aromi. Sia con la collaborazione del Crea che con il nostro laboratorio interno lavoriamo sempre per dare le giuste indicazioni ai produttori sulle pratiche da tenere in vigna nell’ottica si salvaguardare l’aromaticità di questa uva, che è la sua caratteristica principale».
Oggi il Consorzio sta anche lavorando sullo studio e sperimentazione con varietà Tea (Tecniche di evoluzione assistita), sempre insieme al Crea, con un campo prova e con la Scuola Enologica di Alba invece, con la varietà Piwi Muscaris.

Promozione e comunicazione

Dopo l’esperienza di brand ambassador con Alessandro Borghese, il mondo dell’Asti Docg ha puntato sul tennis e fino al 2025 sarà sparkling wine e silver partner delle Nitto Atp Finals che si svolgono a Torino. A questo bisogna aggiungere la presenza agli ultimi Internazionali Bnl d’Italia di Roma come official sparkling wine. Un’operazione, il legame con il tennis, complice anche l’ascesa di Jannik Sinner, che si è certamente rivelata vincente, considerando anche la visibilità a livello mondiale di queste sponsorizzazioni. «Il Consorzio ha un’attività di promozione e di valorizzazione che ha un valore di circa 4 milioni di euro l’anno» conclude Stefano Ricagno. «C’è poi tutta l’attività di presenza sul territorio in Italia, anche di carattere enoturistico. Stiamo ragionando su progetti di sviluppo enoturistici sulla città di Asti e di Canelli, con le cattedrali sotterranee. Insomma, stiamo lavorando a dei bei progetti per il prossimo futuro».

Foto di apertura: le aziende aderenti al Consorzio dell’Asti Docg sono 1013 © Consorzio Asti Docg, elaborazione grafica di V. Fovi

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