Cabernet tasting all’enoluogo
Tornano i nostri special tasting all’enoluogo. Ieri il salotto del vino di Civiltà del bere ha ospitato una degustazione dedicata al grande “pianeta Cabernet“. Otto vini, assaggiati rigorosamente alla cieca, tra Cabernet Sauvignon e Franc, in purezza oppure in blend, del Vecchio ma anche del Nuovo mondo. L’obiettivo? Capire le differenze e le peculiarità di questi affascinanti internazionali, protagonisti di etichette del calibro dello Cheval Blanc, del Clau de Nel, ma anche dei “nostri” Paleo Rosso, Dedicato a Walter e Duemani, volendo citare solo gli esempi più noti. Il titolo della serata, Father to son, richiama la stretta parentela tra i due “Cab”.
Cabernet tasting. Una storia di famiglia
Non tutti sanno che il Cabernet Sauvignon è geneticamente figlio del Franc, nato dall’unione di quest’ultimo con il Sauvignon blanc. Il nome deriva dal latino: Cabernet è una mutazione di carbonet e dunque di carbone, a richiamare il colore piuttosto scuro del vino. Secondo la teoria oggi più accreditata, la varietà sarebbe nata nei Paesi Baschi, per poi approdare in Francia. Le uve del Franc maturano prima del Sauvignon, e danno il meglio di sé in climi freschi e suoli calcareo-argillosi. Il Cabernet Franc presenta poi meno colore, in bocca risulta più erbaceo e meno ricco in tannino del “figlio” Sauvignon. Dei circa 53 mila ettari di Cabernet Franc attualmente coltivati a livello mondiale, oltre 36 mila appartengono alla Francia, mentre l’Italia è seconda con 6.314 ettari. Il Cabernet Sauvignon viaggia decisamente su altri numeri: i suoi 127 mila ettari piantati dall’Australia alla California – passando ovviamente per l’Europa, soprattutto Italia e Ungheria – lo rendono oggi la cultivar più diffusa al mondo.
L’eleganza del Cabraia Gualdo del Re
Il primo vino in assaggio è il Cabraia Toscana Igt 2011, Cabernet Franc 100%, che ha stupito per la sua eleganza e “delicatezza”. Ampio ma non aggressivo al naso, con i classici sentori terrosi, di pelle e cuoio. In bocca l’acidità è intrigante e ben integrata. È un vino di grande struttura prodotto a Suvereto, in Val di Cornia, dall’azienda Gualdo del Re con la consulenza dell’enologo toscano Barbara Tamburini.
Grande potenziale per il Matarocchio
Si resta in Toscana con il Matarocchio 2011, anch’esso da Cabernet Franc in purezza. È un vero gioiello firmato Marchesi Antinori, solo 3 mila bottiglie e introvabili, riservate ai più affezionati clienti della blasonata Casa vinicola fiorentina. Nasce da una rigorosissima selezione di uve della tenuta Guado al Tasso, in Maremma, con suoli rocciosi e leggermente calcarei. Durante il tasting è apparso ancora giovane, ma con un evidente potenziale davanti a sé. Da gustare tra cinque anni, per comprenderne l’importante evoluzione.
Il fascino del Gran Enemigo
La degustazione fa tappa in Argentina con il Gran Enemigo 2010 Single Vineyard Gualtallary, blend di Cabernet Franc 85% e Malbec 15%. Siamo davanti a un vino davvero unico, con un affascinante bouquet fruttato tipico dei Cab del Nuovo Mondo; mentre al palato si esprime con notevole corpo, mantenendo una bella freschezza e morbidezza. L’etichetta è firmata Catena, una delle principali famiglie del vino argentino, in join venture con Alejandro Vigil della Bodega Aleanna. Robert Parker l’ha giudicato il miglior vino argentino di sempre, attribuendogli 97 punti.
Coonawarra 2012 e Tasca d’Almerita 2011
È la volta dell’Australia con il suo Cabernet Sauvignon Coonawarra Riserva 2012. Nel bicchiere troviamo un vino balsamico, mentolato, con una bella trama tannica e una sapidità bilanciata, seguite da un lungo finale. Poi si ritorna in Italia, precisamente in Sicilia, per confrontarci con l’armonico Cabernet Sauvignon di Tasca d’Almerita 2011. L’etichetta colpisce per la maturità di frutto, soprattutto prugna e marasca, a cui si aggiungono vibranti note speziate, di cioccolato e di cenere. Il legno c’è, ma è tutt’altro che invasivo.
Dal Piemonte il Cabernet Sauvignon de I Carpini
Restiamo nello Stivale, spostandoci a nord, in Piemonte. Nell’alessandrino, lungo i Colli Tortonesi oggi tornati in auge con il Timorasso, ha sede l’azienda I Carpini di Paolo Carlo Ghislandi. Il suo cru di Cabernet Sauvignon Roccolo dei Carpini 2011, assaggiato in anteprima (sarà in commercio dal mese di maggio, anche all’enoluogo) è un vino di grande personalità, diretto, fruttato, di speciale equilibrio dal cru Vittorio della Vigna di San Lorenzo. È il risultato di fermentazione spontanea, con maturazione in tonneaux di rovere francese di media tostatura, senza chiarifiche, stabilizzazioni e con un basso contenuto di solfiti.
Napa Valley superstar con il blend di Viader
Il viaggio prosegue con il blend californiano 2010 firmato Viader: 72% Cabernet Sauvignon e 22% Franc. La Napa Valley fa centro con un’etichetta dai profumi intensi e una ricchezza olfattiva assai armonica (mora, lampone, caffè, cacao). Al gusto il tannino è sostenuto da una viva acidità. La chiusura persistente, leggermente amara, invoglia a continuare la beva.
Sassicaia, per finire
Per concludere, ecco il mito dell’enologia nazionale, nonché il precursore della produzione in stile bordolese in Italia. Parliamo ovviamente del Sassicaia, Bolgheri Doc, qui in un’elegante versione 2008. Il blend di Tenuta San Guido è formato da Cabernet Sauvignon all’85% e Franc 15% con vinificazione in acciaio e poi passaggio in barriques francesi per 24 mesi.
I vincitori
La degustazione, come già detto, si è svolta alla cieca secondo una formula ormai consolidata per gli appuntamenti dell’enoluogo. A seguire, il voto per alzata di mano delle etichette più apprezzate. Ha vinto il californiano Viader, seguito dall’argentino Gran Enemigo e, pari merito, dal Vigna di San Lorenzo I Carpini e dal Cabraia Gualdo del Re. Onore, però, anche agli altri Cabernet del tasting, giudicati dai presenti tutti di grandissimo livello.
Tag: Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, degustazione Milano© Riproduzione riservata - 22/04/2015