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Ca’ del Bosco: scommessa sui rossi

15 Novembre 2009 Roger Sesto
Maurizio Zanella ci spiazza. Pensavamo di sentirlo parlare del suo Franciacorta Annamaria Clementi, e invece no. Ci racconta del suo taglio bordolese, il Maurizio Zanella Rosso del Sebino. E così giustifica la sua scelta: «Siamo convinti che il nostro territorio si esprima bene anche con i rossi. Inoltre questo vino è stato tra i primi in Italia di stile internazionale, contribuendo al rinascimento enologico della Penisola». Gli chiediamo quali siano le annate più significative di cui abbiano ancora buone disponibilità in cantina. Ci dice: «L’esordio fu il 1980, mai commercializzato. È con il 1981 che nasce l’inconfondibile etichetta da me firmata: primo vino in Italia a portare il nome del produttore, tanto da indurre Veronelli a scrivere: “piaccia il coraggio sfrontato della firma”. Oggi il 1981 è ancora commovente. Con il 1985 il vino assunse l’attuale stile. Perfettamente integro, si presenta con un bouquet maturo, delicato, elegante, che sa di tabacco, cioccolato, spezie. Frutto di una vinificazione ancora primordiale per Ca’ del Bosco, nacque da vigneti all’epoca allevati a Sylvoz, in cui assieme al Cabernet Sauvignon era mescolato un ancora non identificato Carmenère. Oggi al suo apice organolettico, il 1995 è il millesimo più importante per il Maurizio Zanella: colpiscono le note di menta e balsamo, la frutta matura che si coglie al gusto, la struttura e una trama tannica fitta, ma ormai vellutata. Il 2003 è l’ultima annata uscita sul mercato. Ormai il Guyot è la sola forma d’allevamento; i travasi si effettuano per gravità;  la durata della macerazione si è allungata. Nonostante l’annata torrida, grazie a una vendemmia anticipata il vino oggi si presenta fresco, armonico, muscolare ma elegante». Chiediamo cosa voglia dire longevità, per un vino. «Il significato dell’invecchiamento è quello di custodire la memoria di un’annata; la degustazione nel corso degli anni consente di apprezzare il lavoro che è stato fatto prima, durante e dopo una data vendemmia. Uno sforzo che però deve essere capito e fatto proprio anche dall’appassionato, dalle enoteche, dai sommelier che devono avere il coraggio di metter da parte quelle bottiglie che se lo meritano, attendendo il momento ottimale per stapparle».

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