Dalle Nostre Rubriche

In Italia

In Italia

Bianchetta trevigiana: non teme la peronospora (ma la muffa sì)

17 Gennaio 2019 Roger Sesto

La Bianchetta trevigiana è una cultivar veneta autoctona molto produttiva e sensibile alle muffe, anche se resiste a oidio e peronospora. Pertanto ha bisogno di terreni poveri, potature severe, diradamenti, posizioni ben esposte e ventilate e adeguati defogliamenti.

Nel Feltrino (Belluno) veniva tradizionalmente vinificata in tini di legno, con una macerazione sulle bucce di 2-3 giorni e un affinamento in piccole botti di rovere. Queste pratiche davano vita a un vino carico di colore, molto acido, di buona longevità, ma per contro poco beverino e alquanto scontroso.

Frizzante è originale e fresca

Per migliorarne la beva «nel 2005 mi venne l’idea di provare a vinificare la Bianchetta per ottenere un vino-base da spumantizzare poi con il metodo Charmat, vista la sua naturale freschezza, in versione Extra Dry», racconta Marco De Bacco dell’omonima cantina di Seren del Grappa (Belluno). «Subito rimasi stupito dai risultati: una bollicina da uve autoctone originale e al di fuori da qualsiasi stereotipo». Nel corso degli anni Marco, con la sorella Valentina, ha cercato poi di migliorare ulteriormente il prodotto. Seleziona solo i cloni più rispondenti alla Bianchetta del territorio, privilegiando forme di allevamento poco produttive. In cantina opera con la minor invasività possibile, così da mantenere intatti i tratti varietali dell’uva di origine.

Marco De Bacco

Complessa e di carattere nella versione secca

«Da qualche ne produciamo anche una versione ferma, fermentata in barrique, per la quale scegliamo solo i grappoli migliori dei vigneti più vecchi e maggiormente esposti, per un bianco complesso e di carattere». L’Extra Dry prodotto da De Bacco, Saca il suo nome, frutto di un Martinotti mediamente lungo con continui bâtonnage, offre gradevoli ricordi di frutta tropicale, erbe mediterranee e spezie, in bocca la freschezza acida e la sapidità sono ben bilanciato da un leggero residuo zuccherino.

Per conoscere gli altri autoctoni del Veneto clicca qui

L’articolo sui vitigni autoctoni veneti prosegue su Civiltà del bere 2/2018. Se sei un abbonato digitale, puoi leggere e scaricare la rivista effettuando il login. Altrimenti puoi abbonarti o acquistare la rivista su store.civiltadelbere.com (l’ultimo numero è anche in edicola). Per info: store@civiltadelbere.com

In Italia

Addio a Giuseppe Bonci, vignaiolo appassionato dei Castelli di Jesi

Il 21 dicembre si è spento all’età di 81 anni il produttore […]

Leggi tutto

La via etica: le diocesi italiane fanno rete “agricola”

Con il progetto Nostra Madre Terra gli Istituti diocesani di Piemonte, Veneto, […]

Leggi tutto

Ristorante Barbagianni a Colle di Val d’Elsa (Siena)

Tradizione toscana e tecniche francesi in un ricercato equilibrio di sapori. Al […]

Leggi tutto

Consorzio Colli di Conegliano Docg: Isabella Collalto de Croÿ eletta presidente

Cambio al vertice del Consorzio di Tutela dei Vini Colli di Conegliano […]

Leggi tutto

Le tre anime del vino toscano secondo Arillo in Terrabianca

Radda in Chianti, Maremma e Val d’Orcia: il progetto generazionale della famiglia […]

Leggi tutto

Gabe Tenute, nuova voce di carattere nel cuore del Conegliano Valdobbiadene

Un progetto recente (la fondazione risale al 2024) ma già ben avviato, […]

Leggi tutto

Doc Monreale: per i produttori il vitigno su cui puntare è il Catarratto

La tendenza va in particolare verso i biotipi Lucido ed Extra Lucido, […]

Leggi tutto

Paternoster, per i 100 anni arriva Barone Rotondo

L’azienda del Vulture, di proprietà della famiglia Tommasi, festeggia un secolo di […]

Leggi tutto
X

Hai dimenticato la Password?

Registrati