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Bertani e la questione dell’identità. Un convegno sul tema

22 Ottobre 2013 Jessica Bordoni

 Titolo: Essere Bertani, il successo fuori dalle mode. Sottotitolo: L’identità come fattore strategico di competitività. Una tavola rotonda decisamente impegnativa quella che ha organizzato la Casa vinicola Bertani, recentemente acquisita dal gruppo Tenimenti Angelini, lo scorso 18 ottobre a Grezzana, nella storica sede aziendale alle porte di Verona.

FEDELTà ASSOLUTA ALLE PROPRIE ORIGINI - «Abbiamo accettato la sfida di un tema difficile, soprattutto in un momento come quello presente, così problematico dal punto di vista economico-finanziario, in cui la maggior parte delle aziende discutono di export e nuove strategie per la conquista dei mercati», ha esordito l’amministratore delegato Emilio Pedron. «Io invece credo che oggi più che mai sia necessario affrontare la questione dell’identità, che a ben guardare non è solo una questione culturale, ma al contrario riguarda molto da vicino le politiche di marketing e di produzione aziendale. Se Bertani è una delle Cantine di Amarone più conosciute e apprezzate nel mondo, molto lo deve alla focalizzazione sull’identità di brand. È stata capace di rimanere fedele a se stessa negli anni, con coerenza, perdendo fatturati e guadagni pur di mantenere alti i valori della tradizione, della territorialità e della qualità senza se e senza ma». 

TUTTI I RELATORI – Il convegno, coordinato dal giornalista Fabio Piccoli, ha coinvolto sei esperti, garantendo un osservatorio privilegiato sul tema declinato secondo diversi ambiti di studio. Ad aprire i lavori c’era Domenico De Masi, uno dei maggiori sociologi italiani, professore emerito di Sociologia del lavoro alla Sapienza di Roma; seguito da Eugenio Pomarici, professore all’Università Federico II di Napoli, grande economista specializzato in economia vitivinicola; in rappresentanza degli “addetti ai lavori” è stato chiamato l’enologo Luigi Moio, anch’egli docente all’ateneo partenopeo con una cattedra in Scienze e tecnologie agrarie; ancora, Maurizio di Robilant, presidente dell’omonima agenzia di comunicazione e marketing milanese; e inifine Andrea Lonardi, direttore operativo della Bertani, che ha chiuso il convegno insieme all’Ad Emilio Pedron.

RICONOSCIBILITà VS DISORIENTAMENTO - De Masi ha introdotto il tema spiegando come oggi l’identità e la sua ricerca siano un problema planetario, che riguarda tutti. I valori culturali cambiano nel tempo; oggi al centro ci sono l’intellettualità, l’estetica, la soggettività, la destrutturazione, la femminilizzazione e i soggetti sociali si dividono in analogici e digitali, in base alla maggiore o minore propensione all’uso del web e la familiarità con l’inglese. «Questi ultimi, spiega De Masi, «modificano il concetto di lusso, ovvero la disponibilità ad acquistare quel che è raro e ci manca: tempo, spazio, sicurezza e contemplazione della bellezza». Il vino intercetta e asseconda questi fattori, «ma il consumatore oggi è disorientato; il disorientamento è la malattia del nostro tempo. Pensiamo ad una cena al ristorante, alla sensazione che ci prende davanti a una carta dei vini di 500 referenze… Ecco che servono punti fermi, etichette di cui siamo sicuri, di cui riconosciamo la solidità e che per questo amiamo e scegliamo».

IL PARADOSSO DEL NON MARKETING - L’economista Pomarici ha sottolineato come nei vini di grande prestigio l’identità si dimostri un elemento essenziale per la loro affermazione nel tempo. Sei i fattori paradigmatici che fanno di una bottiglia una bottiglia autentica, e con lei l’azienda che la produce: solida tradizione, coerenza stilistica, l’impegno per la qualità, il rapporto con il luogo, un metodo di produzione rigoroso e… l’assenza di marketing. «Sembra un paradosso ma è proprio così: bisogna rinunciare alle tecniche di promozione tradizionali. La sfida è quella di un marketing esperienziale, che faccia capire cosa avviene in cantina, costruendo appunto un’esperienza che trasferisca l’identità dell’azienda direttamente all’appassionato acquirente».

IL MODELLO FRANCESE DELLA BORGOGNA – Il terzo intervento, a cura dell’enologo Luigi Moio, si è concentrato sul concetto di tipicità, ma anche di tipizzazione dei prodotti Doc e Docg italiani. «I grandi vini nascono dalla fusione tra poesia e scienza, tra l’imponderabile e il misurabile. Il mio compito è quello di misurare, ma spesso mi trovo a saltare la staccionata». È necessario valutare l’identità varietale, collegata ai biotipi locali, senza dimenticare la cosiddetta identità percepita, che tocca aspetti non solo scientifici ma anche emozionali. «Il problema dell’Italia che abbiamo piantato dappertutto, senza badare troppo alla vocazionalità. Il risultato? Oggi è difficile parlare di identità e terroir. Il modello a cui guardare è, ancora una volta, la Francia e la Borgogna in particolare con i suoi Pinot noir e Chardonnay inconfondibili».

VINI DURI E PURI – L’esperto di brand strategy Maurizio Di Robilant ha sottolineato il grande know how di Bertani. «Avere un’identità significa avere coraggio, agire con responsabilità. Bertani ha seguito la strada del rigore, della fedeltà al territorio della Valpolicella e ai suoi valori, senza prostrarsi al mercato e alle mode. L’opportunità è stata guardata con sospetto, così come la ricerca spasmodica della novità, la rincorsa all’ultima annata». Per Bertani il vino è inteso come un’opportunità di cultura, di confronto. I suoi Amarone sono l’espressione delle vigne, del suolo. «Siamo di fronte  a etichette non sempre facili e non per tutti. Definisco Bertani una “certezza dinamica”, un marchio duro e puro. E oggi con l’entrata in Tenimenti Angelini, c’è la volontà di applicare la stessa filosofia alle altre Cantine del gruppo».

CONTRO L’APPIATTIMENTO DELLA PRODUZIONE IN VALPOLICELLA – Molto personale, l’intervento di Andrea Lonardi, nuovo direttore di Cantina della Bertani, che dopo 14 anni da “zingaro”, collezionando esperienze lavorative in giro per il mondo, ha deciso di fermarsi tra le colline intorno a Verona: «Appena messo piede in azienda, ho capito che Bertani era molto più forte di me. Ha ridato forza al concetto di sensorialità, al disinteresse per i numeri in favore della qualità assoluta». Oggi, spiega Lonardi, siamo davanti a una sorta di “veronizzazione”: l’appassimento e il ripasso godono di grande successo e sono ormai divenuti metodi di produzione diffusi, col risultato di un appiattimento del livello. «Bertani, grazie anche al contributo dell’enologo Christian Ridolfi, con il quale il confronto è quotidiano, vuole invece difendere la Valpolicella dai cosiddetti vini commodities».

IL NUOVO PROGETTO FIRMATO TENIMENTI ANGELINI – Le conclusioni sono state affidate all’amministratore delegato Emilio Pedron, che ha riepilogato il progetto di acquisizione da parte del gruppo Tenimenti Angeli, di cui Bertani costituisce l’ultimo tassello. «Con il 31 dicembre tutte le aziende saranno accorpate in un’unica società, il cui nome è ancora in fase di definizione». L’ambizione è quella di creare un grande gruppo innovativo, un braccio armato di Cantine al servizio della ricerca e dell’innovazione  grazie a un team di tecnici e studiosi sia interni che esterni. Attualmente gli ettari vitati sono 350, nelle zone più belle d’Italia, e l’obiettivo è quello di raggiungere i 400. Il fatturato è stimato intorno ai 20 milioni di euro, con l’intenzione di arrivare a 30 nel prossimo futuro.

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