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Bellone Lab: l’autoctono laziale ripianta il suo futuro

7 Maggio 2025 Matteo Forlì Lazio
Bellone Lab: l’autoctono laziale ripianta il suo futuro
Al convegno, organizzato dalla Cooperativa Cincinnato, hanno partecipato 21 aziende del territorio

A Cori la prima tavola rotonda dei produttori del vitigno bianco tipico delle province di Roma e Latina che dal 2020 ha registrato un aumento della superficie vitata del +15%. E oggi scommette sulla spumantizzazione e punta ad aumentare la produzione monovarietale.

Un laboratorio di idee e progetti, come suggerisce il nome, ma anche una dichiarazione di intenti per fare squadra e ripiantare il futuro di una storica uva autoctona del Lazio. Il convegno Bellone Lab 0.1, organizzato dalla Cooperativa Cincinnato a Cori il 13 marzo, è stato l’occasione per riflettere su numeri e potenzialità della varietà bianca che con la sua versatilità e le sue possibilità espressive, dopo anni di relativa marginalità, sta vivendo una riscoperta entusiasmante.

Momento di confronto e condivisione

L’evento Bellone Lab 0.1 – un format al battesimo assoluto incentrato su dati, strategie e degustazione – ha riunito 21 aziende produttrici del territorio e ha dato vita a focus tecnici e momenti di dibattito e confronto sul varietale con gli interventi dei relatori Riccardo Velasco, direttore del Crea (Centro di ricerca in viticoltura ed enologia), Giovanni Pica dell’area Biodiversità e sperimentazione dell’Arsial (Agenzia regionale per lo sviluppo e l’innovazione dell’agricoltura del Lazio), Mattia Bigolin, enologo consulente di Cincinnato e Pierpaolo Pirone, anche lui enologo impegnato in diverse aree del Lazio dove si produce vino da quest’uva.

I banchi di assaggio a Bellone Lab
I banchi di assaggio a Bellone Lab

Uva antica dai tanti nomi

Conosciuto con molti nomi – tra i quali Cacchione, Pampanaro, Bellobuono, Albanese, Arciprete, oltre che col termine dialettale di Uva pane – il Bellone è un vitigno di origini antichissime. Nel suo De naturali vinorum historia (1596) il filosofo, medico e scrittore Andrea Bacci collega quest’uva all’uva “pantastica” descritta da Plinio il Vecchio come “tutto sugo e mosto” facendo risalire il suo uso fin dal tempo dei Romani. Nel Bollettino ampelografico del 1881, con il termine Bellone era indicata una varietà con grappoli di dimensioni maggiori ma con caratteri analoghi ai “Belli”, una famiglia di vitigni molto diffusi nel Lazio, dai quali probabilmente deriva l’origine del nome.

Le Doc e Igt di riferimento

Iscritto al Registro Nazionale delle Varietà di vite nel 1970 è coltivato quasi esclusivamente nel Lazio (il 99% della diffusione è regionale) e si concentra in particolare a Cori, in provincia di Latina, e Nettuno, nella zona dei Castelli Romani (insieme i due comuni fanno il 68% della produzione di Bellone). Rappresenta il vitigno principale nelle denominazioni Cori Doc, Nettuno Doc, Roma Doc, Lazio Igt (in queste quattro è prevista la tipologia monovitigno) Marino Doc, Fusinate Igt, Colli Cimini Igt, Civitella d’Agliano Igt, oltre a entrare, in assemblaggio con altre varietà, nelle altre denominazioni come il Frascati Doc.

Metodo Classico e Charmat

«Come tante uve autoctone minori, il Bellone negli ultimi decenni ha registrato una forte contrazione della superficie vitata, passando dai circa 15 mila ettari vitati nel 1970 agli attuali 500», ha spiegato Giovanni Pica dell’Arsial. «Ma oggi la produzione è in decisa risalita grazie alle caratteristiche di grande versatilità di questo varietale, in particolare un’acidità spiccata che consente ottimi risultati nella spumantizzazione. Dal 2020 al 2024 la superficie vitata è infatti salita del +15% e molte aziende stanno scommettendo su questo vitigno in particolare per quanto riguarda la bollicina, sia Metodo Classico che Charmat. Non a caso». In particolare, prosegue Pica: «la spumantizzazione, oggi ammessa solo per la denominazione Lazio Igt, è oggetto di una proposta di modifica affinché venga consentita anche nei disciplinari della Cori Doc, Nettuno Doc e Roma Doc».

Sguardo al futuro

L’altro obiettivo, spiega l’esperto dell’Arsial, «è aumentare nel prossimo futuro la produzione monovarietale del Bellone nelle denominazioni di riferimento dato che oggi la superficie rivendicata come monovitigno è solamente di 175 ettari sui 500 totali».
«Bellone Lab 0.1 è nato con l’intento di scuotere l’ambito produttivo laziale, invitando a una riflessione e all’avvio di un percorso che possa traghettare la regione verso un futuro denso di sfide», conclude il Nazzareno Milita, presidente della Cooperativa Cincinnato che ha ospitato la manifestazione. «E la prima uscita sembra aver colto nel segno, raccogliendo probabilmente anche una esigenza o un desiderio che erano nell’aria».

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