Si ottengono vini con un tasso alcolometrico contenuto anche in modo “naturale”, seguendo particolari strategie in vigna e in cantina. Tanti piccoli accorgimenti, che insieme fanno la differenza. Gli utili suggerimenti dell’agronomo Giovanni Bigot e dell’enologo Vincenzo Mercurio
L’articolo fa parte della Monografia NoLo (Civiltà del bere 2/2025)
L’alcol è diventato il nemico numero uno del vino. Sembra un paradosso, una contraddizione in termini, eppure la realtà dei fatti si avvicina molto a quest’affermazione, al netto di una certa semplificazione. Basti pensare al crescente fenomeno dei no e low alcol, all’inasprimento delle sanzioni del codice della strada o all’ondata di demonizzazione generalizzata che attraversa il comparto enologico da qualche anno a questa parte. Che fare? Esistono strategie efficaci per contenere il titolo alcolometrico di un vino in maniera “naturale”, ovvero senza ricorrere all’uso esasperato della chimica e alle tecnologie della dealcolazione? La risposta è sì. E le best practices riguardano sia le attività in vigna che la gestione delle operazioni in cantina, come ci spiegano i due professionisti che abbiamo interpellato: l’agronomo friulano Giovanni Bigot, fondatore della società Perleuve e di un metodo scientifico che valuta il potenziale qualitativo del vigneto (l’indice Bigot), e Vincenzo Mercurio, consulente enologo campano con 26 vendemmie di esperienza, che ha creato la società Le Ali di Mercurio a cui è collegata una Wine Academy per la formazione di cantinieri e artigiani del vino.
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