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Barolo e Barbaresco “affinano” i disciplinari

5 Luglio 2024 Matteo Forlì
Barolo e Barbaresco “affinano” i disciplinari
Vigne di Barolo © Sebastian - Unsplash

Via libera dai produttori alla limitazione della zona di imbottigliamento e all’utilizzo di grandi formati (sopra i 6 litri) anche per la vendita. Ora proseguirà l’iter legislativo necessario a rendere le modifiche attuative nei rispettivi disciplinari

Nessuna rivoluzione ma significativi “affinamenti” ai disciplinari considerando la sacralità e l’importanza delle denominazioni, due totem del vino italiano. Barolo e Barbaresco, o meglio la loro composita rappresentanza che abbraccia piccoli manufattori e grandi cantine, tradizionalisti e visionari, hanno votato le proposte di cambiamento alla Carta produttiva avanzate nei mesi scorsi dal Consorzio di tutela. Il sì più importante è quello smarcato alla mozione che istruisce la limitazione della zona di imbottigliamento ai Comuni di riferimento: fino a oggi, infatti, era possibile mettere in vetro vino sfuso delle Langhe anche fuori dal loro perimetro produttivo, addirittura al di là dei confini nazionali. Ma andiamo con ordine e vediamo quali sono state le proposte messe ai voti.

Un quorum per le cinque proposte

A inizio 2024, il Consorzio di tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani aveva varato cinque possibili aggiustamenti al disciplinare. Oltre alla già citata limitazione della zona di imbottigliamento, tra queste figuravano l’interscambiabilità e reciprocità per la vinificazione e l’imbottigliamento tra le due zone di produzione, l’autorizzazione a piantare vigne di Nebbiolo anche sui versanti collinari esposti al Nord, l’aggiunta delle menzioni comunali per la denominazione Barbaresco e l’utilizzo di grandi formati superiori ai 6 litri. Le modifiche oggetto di proposta per poter essere approvate necessitavano di raggiungere l’avallo di produttori che rappresentassero contemporaneamente (come da normativa) almeno il 66% della superficie totale dei vigneti iscritti alla denominazione e almeno il 51% della produzione imbottigliata (intesa come media) nell’ultimo biennio.

Sì all’imbottigliamento solo in Langa e ai grandi formati

Tra quelle sottoposte a voto, la misura riguardante una limitazione sull’imbottigliamento (che per legge deve coincidere con l’areale di vinificazione) era quella definita dal Consorzio stesso «più urgente e necessaria proprio per la salvaguardia delle denominazioni, da un punto di vista tecnico e commerciale». I disciplinari, redatti negli anni Sessanta, non avevano previsto limitazioni in questo senso in quanto era allora impensabile trasportare il vino a lunghe distanze. Ma ora le cose sono molto cambiate, e anzi la falla normativa corre il rischio di generare speculazioni, come dimostrano i casi di Barolo “americano” o “svizzero”, col vino che era stato importato sfuso, imbottigliato nei due Paesi e proposto da una catena di supermercati del Ticino e da un commerciante di Denver.
Su questo punto, i produttori hanno avuto pochi dubbi adottando la modifica con percentuali del 71,15% della superficie rappresentata e del 66,95% dell’imbottigliamento per quanto concerne Barolo, e per il 67,92% della superficie e il 63,97% per Barbaresco.
Numeri simili (per la superficie 67,22 e per l’imbottigliamento 65,23%) sono quelli con cui i produttori di Barbaresco si sono espressi a favore dell’utilizzo di grandi formati, superiori ai 6 litri e fino a 18, anche per la vendita dei loro vini; attualmente l’uso di questi formati è consentito solo per scopi promozionali.

Le misure respinte

Dalla base produttiva è arrivato invece lo stop ad altre tre proposte di modifica redatte dal Consorzio. Non ci sarà, per il momento, interscambiabilità e reciprocità tra i due areali, cioè la possibilità di vinificare e imbottigliare Barolo nell’area del Barbaresco e, viceversa di vinificare ed imbottigliare il Barbaresco nell’area del Barolo, con l’esclusione dei territori siti nella parte sinistra del fiume Tanaro (e sempre ferma restando la zona di produzione delle uve, invariata per le due denominazioni dal 1966).
No anche alla “eliminazione del divieto di impiantare vigneti di Nebbiolo a Barolo o Barbaresco nei versanti collinari esposti al Nord”, mozione avanzata per fronteggiare gli effetti del cambiamento climatico e accompagnata dalla precisazione che la modifica non avrebbe comportato un aumento della superficie vitata attualmente contingentata. Disco rosso infine, per il momento, all’aggiunta delle menzioni comunali per il Barbaresco sul modello di quanto stabilito per il Barolo. Entrambe le denominazioni, infatti, prevedono menzioni geografiche aggiuntive (Mga) – nella fattispecie 181 per il Barolo e 66 per il Barbaresco – ma solo il Barolo può recare in etichetta le menzioni degli 11 comuni della denominazione.

Ora un iter di 18 mesi

«Può avere un senso limitare l’imbottigliamento a una zona langarola, sicuramente si tratta di una scelta molto restrittiva, ma la cosa importante era evitare speculazioni. Sono stati segnalati casi in cui il Barolo veniva imbottigliato negli Stati Uniti, era giusto mettere un limite, un confine netto», ha commentato il neopresidente del Consorzio Sergio Germano.
C’è da specificare che le modifiche votate non saranno subito operative: saranno necessari ulteriori passaggi per renderle attuative nei rispettivi disciplinari. Il percorso di approvazione prevede un passaggio formale con la ratifica delle firme in un’assemblea, poi si passerà al Tavolo vitivinicolo regionale, quindi a quello nazionale e infine alla Commissione europea a Bruxelles. Un iter che durerà almeno 18 mesi.

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