Barolo 2016 e Barbaresco 2017, debutto mondiale a New York

Barolo 2016 e Barbaresco 2017, debutto mondiale a New York

La Grande Mela è stata teatro dell’evento internazionale World Opening dedicato ai due grandi rossi piemontesi. In programma la presentazione delle nuove annate, la degustazione degli esperti per giudicarle, il gala firmato Bottura.

Scriviamo di febbraio, ma sembra il febbraio di un’altra epoca: giornalisti e degustatori convolavano a New York City per partecipare al debutto mondiale delle nuove annate di Barolo e Barbaresco in commercio, che ne uscivano trionfanti. Peccato che di lì a poche ore il commercio sarebbe diventato un concetto piuttosto astratto, a causa di una chiusura quasi totale di attività e frontiere. Nessuno poteva prevederlo e per una volta oggi suona scentrata persino la battuta del lungimirante Angelo Gaja, presente di persona a New York, segnale che si trattava davvero di un momento importante. Quando gli domandiamo com’è nata l’idea di questo World Opening in America lui risponde senza peli sulla lingua: «Da una botta di culo. Pensate che avevamo il dubbio se farlo in Cina, ne abbiamo discusso fino all’ultimo tra produttori, poi per fortuna New York ha ottenuto più voti». In quei giorni, infatti, la Cina aveva abbassato le serrande e pareva la grande untrice, nessuno ci poteva andare.

Il presidente Matteo Ascheri con il conduttore televisivo (e della serata) Alessandro Cattelan

La presentazione sulla 5th Avenue

Peccato che nel giro di poche settimane, New York si sia trovata nella medesima situazione, additata dal mondo (con Milano) tra i centri della pandemia. Che ne poteva sapere Angelo Gaja. D’altronde in quel momento eravamo circondati da 800 assaggiatori entusiasti nello spazio Center415 sulla Quinta Strada a Midtown, un tiro di schioppo da Times Square. Gente che aveva pagato anche 125 dollari per entrare. Un trionfo. E poi l’eccitazione mista all’orgoglio di vedersi protagonisti per un giorno sui megaschermi alti 30 metri nella piazza che è simbolo di modernità e successo. Era il 4 febbraio, in un enorme anfiteatro per 148 banchi d’assaggio più due isole centrali presidiate da abili sommelier. In una sala laterale il cartografo Alessandro Masnaghetti spiegava le Menzioni geografiche aggiuntive. Le nuove annate presentate conquistavano il pubblico, specialmente l’eccezionale 2016 del Barolo.

Angelo Gaja, a destra, con il giornalista olandese Fred Nijhuis

La valutazione delle annate

L’indomani ho partecipato al “World’s Best Palates Tasting”. Ero stato incaricato di coordinare una squadra di cui facevano parte Pier-Alexis Soulière MS, Yair Kornblum, Maciej Świetlik, Shigeru Hayashi e Kelly Mitchell. Lo scopo non era assegnare medaglie, ma arrivare a un voto medio che desse un’indicazione del valore delle annate.
Quella sera, a Eataly Downtown, al termine della cena firmata da Massimo Bottura sono state annunciate le valutazioni dei millesimi, ottenute dall’incrocio di una serie di giudizi: le nostre degustazioni, quelle realizzate alcune settimane prima in Piemonte, quelle dei produttori, il tutto ponderato con le caratteristiche climatiche della stagione. Voti stratosferici: 98,7 per il Barbaresco 2017 e addirittura 99,3 per il Barolo 2016. Onestamente, pur essendo ottime annate, siamo rimasti un po’ perplessi di fronte a questi numeri, a rischio “svalutazione” per i futuri millesimi. In ogni modo, queste sono cronache dalla preistoria, e oggi sono altri i problemi che Barolo e Barbaresco dovranno affrontare per non cadere in una svalutazione anche dei prezzi, considerato l’eccesso di offerta che si profila all’orizzonte. A tal proposito, un messaggio importante lanciato dal presidente del Consorzio, Matteo Ascheri, durante l’evento newyorchese ha riguardato proprio la produzione: le bottiglie di Barolo 2016 complessivamente messe in commercio dall’inizio del 2020 sono 14.039.461, mentre per il Barbaresco 2017 sono 4.213.585. Ciò che veniva annunciato come un dato positivo, tre mesi dopo può destare pensieri.

Pio Boffa (Pio Cesare) con Al Hatami, regional manager di Maisons Marques & Domaines, il suo importatore

La serata di gala

La cena di gala merita due righe a parte. Sicuramente invitanti la firma e la presenza di Bottura: sono sempre venerabili i suoi tortellini alla Modenese con parmigiano 36 mesi.
Gli altri piatti, però, hanno destato qualche alzata di sopracciglio, in particolare il “Piedmont burger” (con Fontina Dop, sponsor dell’evento, che non è piemontese) e il risotto North and South: riso di Baraggia Biellese e Vercellese Dop – altro sponsor della serata – cotto a fuoco lento in zucca invernale della Lombardia con arance siciliane su letto di lepre selvatica in civet e biscotti di nocciole tritate, tocco finale di balsamico extra-vecchio di Modena e polvere di scorza d’arancia brulée. Forse “troppe note” rispetto alla proverbiale semplicità dello stile italiano, che tende all’austero nel caso della tradizione piemontese. Massimo Bottura resta un simbolo sacro del made in Italy, ma “quandoque bonus dormitat Homerus”.
Il gran galà, d’altronde, voleva portare un consommé di italianità al pubblico internazionale di professionisti riuniti nella Grande Mela. Infatti, oltre allo chef tristellato erano presenti altre due guest star, il conduttore televisivo Alessandro Cattelan, forse più noto a noi italiani, e il trio del Volo, vincitori del Festival di Sanremo 2015 ed epigone del genere pop-melodico. I tre giovani sono molto noti all’estero e il giorno successivo si sono esibiti al Radio City Hall (sold out).

La coesione dimostrata sarà importante nel futuro

Chiudiamo con il commento di Andrea Ferrero, direttore del Consorzio: «Si è trattato di un evento straordinario, un’occasione unica per raccontare i nostri vini direttamente al consumatore finale e allo stesso tempo creare un forte senso di appartenenza e coesione tra gli stessi produttori».
Un grande sforzo economico e organizzativo, vissuto con entusiasmo da imprenditori spesso refrattari agli eventi corali. Davvero un peccato che lo scenario adesso sia stravolto, ma mai come ora sarà fondamentale dimostrare coesione per affrontare le difficoltà. E in questo senso i produttori delle Langhe possono fare tesoro dell’esperienza.

Questo articolo è tratto da Civiltà del bere 2/2020. Acquista

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© Riproduzione riservata - 28/05/2020

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