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Amarone della Valpolicella: Case Vecie e la rivoluzione di Brigaldara

Amarone della Valpolicella: Case Vecie e la rivoluzione di Brigaldara

A 500 metri d’altezza c’è chi sta silenziosamente trovando nuovi significati per la sacrale trinità di Corvina, Corvinone e Rondinella. Nel calice vini complessi, eleganti ma anche spensierati e… freschi


Scrivi Valpolicella e leggi Amarone. È un’ipnosi enologica che si materializza subito: appassimento, struttura, invecchiamento e un piatto di brasato fumante. Il nome ha raccolto un tale successo da risultare quasi intoccabile. È difficile scalfire il mito, anche per tentare un inevitabile ammodernamento. C’è però chi ci prova, introducendo innanzitutto un diverso punto di vista. L’idea di Brigaldara è quella di valorizzare non solo il metodo produttivo (arele, legno…) ma anche i vigneti, con la creazione di veri e propri cru in grado esaltare le singolarità del territorio.
«I nostri genitori hanno sbagliato nel primo impatto sul marketing della Valpolicella» racconta Antonio Cesari, membro della famiglia proprietaria e direttore operativo di Brigaldara. «Hanno puntato tutto su quello che è l’Amarone, inteso come lavorazione in cantina, cioè l’appassimento. Noi abbiamo scelto di fare l’opposto: parlare di quello che facciamo in campagna, per cercare di valorizzare il più possibile quello che è la vigna nel bicchiere».

Case Vecie Brigaldara
Antonio Cesari, direttore operativo di Brigaldara

Una storia di famiglia

A partire dagli anni Ottanta, Brigaldara entra seriamente nel mondo del vino. E a metà dei Novanta Stefano Cesari, affiancato dall’enologo Roberto Ferrarini, arriva già a raccogliere importanti riconoscimenti. Nei primi Duemila, insieme ai figli Lamberto e Antonio, mette in atto una piccola rivoluzione. Iniziano a promuovere una sistemazione razionale dei vigneti, specializzandoli in base alle varietà più vocate per ciascun terroir.  Si affiancano nuovi vigneti a quelli della storica proprietà attorno alla villa di San Floriano e una delle sperimentazioni più ardite è quella di Case Vecie.

Dove nasce il Case Vecie

Nove ettari vitati immersi in oltre 70 di boschi e foreste a 450-500 metri sul livello del mare. Due le aree principali: i colluvi hanno esposizione in pieno sud e sono limo-sabbiosi adatti alla coltivazione della Corvina; le dorsali invece hanno terreni più poveri che obbligano il Corvinone a scavare le proprie radici nel tufo. Oltre ai terroir particolari, l’altitudine di Case Vecie influenza il tipo di maturazione e anche i tempi di vendemmia. I grappoli arrivano nei fruttai circa un mese dopo e godono del clima secco di ottobre che permette una curva di disidratazione più regolare. Il risultato è un vino meno pesante con una freschezza raffinata che però mantiene complessità e una precisa palette aromatica.

I vigneti da cui nasce il Case Vecie

L’Amarone va bevuto “fresco”

«Il mondo del vino e il modo di bere stanno cambiando», spiega Antonio Cesari, «e quindi anche l’Amarone deve tornare ad essere un vino da pasto, non più uno di quei vini da riflessione, pesanti e corposi». Case Vecie negli anni è andato in questa direzione, un cru votato alla leggerezza e alla beva, pur restando di uno dei vini più complessi d’Italia. La virata decisa arriva a metà nel 2005, con l’obiettivo di creare un Amarone più secco, fresco e bilanciato. Nell’annata 2000, la più vecchia in degustazione, c’è infatti ancora tanta over estrazione, zuccheri residui e molta concentrazione. Al naso sono presenti la ciliegia e i frutti rossi maturi, ma sono superati da terziari di legno, funghi secchi e una speziatura morbida. Al sorso è un vino avvolgente corposo, profondo. Gioca sull’equilibrio con un’acidità non spiccata, ma ancora dinamica.

Verso un residuo zuccherino più basso

Nella 2009 si sente chiaramente il cambio di indirizzo. Dopo 16 anni è un calice teso e agile grazie a una rivoluzione fatta principalmente in cantina. «Negli anni passati avevano giocato con gli zuccheri, perché per andare ad ammorbidire questo vino, per renderlo piacione bastava aggiungere altri 2 grammi per coprire tutti i problemi, ma così si perde la longevità. Partendo invece con bassi gradi di zuccherini, nonostante l’acidità cali negli anni, il vino rimane di grande beva. Per questo dal 2005 in poi la nostra sfida è stata quella di fare vini estremamente secchi, estremamente freschi ed estremamente bilanciati. Tutti gli Amarone che facciamo sono sotto i 2 g di zuccheri».
Il basso residuo zuccherino lascia emergere una maggior durezza che va a bilanciare la non indifferente componente alcolica (16,5% vol.). Rimane un vino consistente e vellutato, ma con un tannino efficace e una mineralità più netta. Al naso il 2009 porta terziari quasi più evoluti dell’annata 2000. In particolare la speziatura è più vivace: pepe nero e anice.

Tutto il fascino della giovinezza

L’annata 2018 esalta nella sua giovinezza ancora di più la freschezza e la pulizia. Un vino che oltre al frutto maturo e macerato, porta al naso anche erbe aromatiche e sottobosco. Torna il pepe, anche se meno pungente, insieme a un corredo di spezie dolci e cannella.
Il sorso è potente, alcol e dolcezza sono tenuti a bada da una freschezza che invoglia la beva, ma che impressiona comunque per struttura e complessità. La chiusura è persistente:di nuovo la frutta rossa e rimane un lieve amaro di cacao che prolunga il finale.

Superiore, l’asso nascosto in bella vista

«Vogliamo rappresentare nel bicchiere le nostre uve e il nostro territorio nel modo più puro e più fresco possibile». Una dichiarazione d’intenti che Brigaldara mette nel bicchiere puntando forte anche sul Valpolicella Superiore di Case Vecie. Un percorso variegato e in continua evoluzione. «Ogni annata su questo vino è ancora un’annata di sperimentazioni e di ricerca», spiega Antonio Cesari. Lo scopo iniziale era quello di ottenere dall’uva quell’intensità che con l’appassimento si ricava solitamente in cantina. Per farlo si sono ridotte le rese ben al di sotto dei 100 quintali per ettaro in modo da ottenere maggiore concentrazione. Con l’over estrazione si è poi cercato di fare un Valpolicella importante, «un vino comparabile al Ripasso ma che parlasse solo di uva fresca».

Più equilibrio e freschezza

Il 2019 è l’ultima annata in cui si legge chiaramente questa intenzione. Dal viola intenso del calice esce il profumo di molta frutta, di mirtilli neri tra il maturo e la confettura. Al sorso è più floreale, complesso, ma raffinato e con un corpo pulito e pieno. Le annate successive cercano una maggiore freschezza. In cantina si riducono macerazione e rimontaggi. Il risultato è un 2021 che al naso è più nervoso, con note più vegetali, ma anche con punte speziate e di cioccolato amaro. Al palato è equilibrato, quasi troppo. Tanto da perdere un po’ di dinamicità e sfaccettature. La 2023 è la più interessante delle annate assaggiate. Al naso si alternano il ribes alla viola. La frutta resta anche al sorso e in bocca si rincorrono freschezza e alcol con un tannino ben integrato e una sapidità solo accennata. Il risultato è un vino elegante, prezioso senza essere pretenzioso.

Il futuro della Valpolicella?

Case Vecie rappresenta la Valpolicella che cambia, che vuole uscire dall’ombra del mito senza rinnegarlo. Brigaldara non si accontenta della grandezza e punta sulle spezie e sulla sobrietà come nuovo metro dell’eleganza. Vini che raccontano un territorio con schiettezza, equilibrio e pulizia. È la rivoluzione fresca dell’Amarone: quella che non medita sul calice, ma che vuole solo invitarti a versarne un altro.

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