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Argentina estrema. Sempre più a sud, in Patagonia

4 Luglio 2020 Anita Franzon
Argentina estrema. Sempre più a sud, in Patagonia

Dopo il nord, facciamo tappa all’estremità sud, in Patagonia, alla scoperta dei nuovi terroir dell’Argentina. Qui la sfida consiste nel proteggere la vite da freddo, forti venti e scarse precipitazioni. E i produttori di Rio Negro e Chubut investono su Pinot nero, Chardonnay e anche Gewürztraminer.

Seconda tappa del viaggio attraverso i nuovi terroir dell’Argentina con la sommelier Paz Levinson e i produttori locali. Il webinar organizzato da Wines of Argentina è partito dall’estremo nord della nazione e raggiunge ora l’estremo sud dell’immensa Patagonia nelle aree della Pampa, Neuquén, Rio Negro e Chubut. Qui il paesaggio passa da un circuito di laghi a ovest e, attraversando la steppa, giunge fino alla costa atlantica a est. Solo il 2% della superficie vitata argentina vi ha finora trovato spazio a ridosso di grandi fiumi come Rio Negro, mentre da pochi anni alcuni produttori hanno spinto la frontiera del vino sempre più a sud, oltre il 45° parallelo nell’area di Chubut.

Patagonia

Un clima da domare

A queste maggiori latitudini e basse altitudini, agronomi ed enologi devono fronteggiare un clima completamente diverso rispetto a quello del nord dell’Argentina. Le vigne vanno protette dal freddo e dai forti venti e aiutate a sopravvivere alle scarse precipitazioni. Sebbene il Malbec anche qui sia la varietà più coltivata, sono il Pinot nero e i vini bianchi a dare i risultati più incoraggianti distinguendosi per l’equilibrio tra alcol e acidità.

Affinamento delle bottiglia di Wapisa in fondo all’oceano

Dal Rio Negro al fondo dell’oceano

L’area vitivinicola di Rio Negro si sviluppa per 100 km a est della provincia verso Buenos Aires seguendo il corso del fiume omonimo. I vigneti si estendono dalle alte vallate a ovest del territorio scendendo gradualmente lungo i fiumi verso la costa fino a raggiungere l’Atlantico. «C’è molto da imparare in questa zona, che è diversa da Mendoza e dalle altre regioni agricole dell’Argentina», afferma Patricia Ortiz fondatrice nel 2017 dell’azienda Wapisa, unica Cantina della Patagonia costiera. «Grazie alla presenza del fiume possiamo contare sulle riserve d’acqua, nonostante la zona sia desertica, ma dobbiamo fare attenzione ai venti, che qui sono molto forti, e al rischio di gelate». Una delle particolarità di Wapisa è l’affinamento delle bottiglie sotto l’oceano. «È un esperimento», spiega Ortiz, «ma trattandosi di una regione vitivinicola nuova, possiamo permettercelo. In questo modo i nostri vini saranno l’espressione non solo dei terreni, ma anche del vicino oceano».

Le vigne di Contra Corriente

Chubut, una nuova area per il Pinot nero

Il Pinot nero ha trovato in Patagonia, intorno al 43° parallelo sud, un nuovo terroir in cui potersi esprimere alla perfezione. Lo conferma anche Sofìa Elena, enologa che vanta precedenti esperienze in Oregon e in Borgogna, le culle del Pinot nero: «Qui si ottengono vini ancora più freschi con un basso grado alcolico e un alto potenziale di invecchiamento». La vera sfida è, ancora una volta, il clima caratterizzato da raffiche di vento, grande luce, estati brevi e asciutte e lunghi inverni. Contra Corriente è tra le prime Cantine che ha creduto nella zona con lo scopo di sfruttare il freddo e il terroir della Patagonia meridionale per produrre vini originali e freschi, complessi e intensi. Il Chubut è dunque una nuova regione estrema ancora sconosciuta dalla maggior parte degli addetti al settore, ma dal grande potenziale. Oltre a Pinot nero sono state impiantate vigne di Gewürztraminer e Chardonnay.

I venti sferzano le viti di Otronia

Il vigneto più a sud del mondo

Scendendo ancora lungo la regione di Chubut e oltrepassando il 45° parallelo sud, si incontrano le vigne più a meridione del pianeta. L’avventuroso Juan Pablo Murgia, enologo della Cantina Otronia, gestisce 50 ettari vitati nell’area di Sarmiento e piantati tra il 2011 e il 2015 con una prevalenza di Chardonnay e Pinot nero. Le difficoltà climatiche date dalle frequenti gelate e dai venti che raggiungono i 100 km/h, se controllate, consentono una viticoltura di eccellenza. «Sono sfide che si possono trasformare in vantaggi», ammette Murgia. Secondo quanto risultato dalla prima vendemmia avvenuta nel 2017, le condizioni climatiche estreme da fine della terra danno qui vini molto fini caratterizzati da acidità elevate, alcol sotto controllo, longevità e frutto.

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