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Il Verdello ha il “suo” sperimentatore

18 Agosto 2019 Roger Sesto
Il Verdello ha il “suo” sperimentatore

Così chiamato per il colore verdastro dell’acino anche quando è maturo, fugato ogni dubbio di omonimia con altre varietà, l’autoctono Verdello fu presentato alla Mostra dell’uva di Perugia del 1949.

Stefano Grilli de La Palazzola (Stroncone, Terni) è forse l’unico che lo vinifica in purezza. «Il nostro Verdello proviene da un piccolo giardino varietale impiantato in azienda 30 anni fa, frutto della mia ricerca di viti prefillosseriche radicate in zona. La sua diffusione è iniziata a metà Ottocento, con l’arrivo da noi dei monaci ungheresi». La capacità di accumulare zuccheri lo ha reso subito popolare, perché conduceva a vini amabili fino a primavera, lievemente frizzanti per rifermentazione spontanea, adatti per la loro acidità a essere “tagliati” con l’acqua per alimentare i contadini durante i lavori estivi.

Un tipico grappolo di Verdello

La vinificazione cambia di anno in anno

«La Regione Umbria ha inserito il nostro specifico Verdello tra le cultivar sconosciute, dalle presunte caratteristiche distintive: speriamo che in futuro venga studiato a fondo, così da capirne le origini». Essendo Grilli uno sperimentatore, non ha creato a monte un protocollo enologico standard, ma lo muta in funzione dell’annata e dell’estro del vigneron. Per esempio una delle ultime versioni commercializzate, che parte da una resa di uva in vigna di soli 50 q/ha, fermenta in barrique (malolattica inclusa), per poi affinare 150 giorni in orci di terracotta.

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