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Un viaggio a Orsogna, capitale del vino biologico

10 Novembre 2018 Alessandro Torcoli
La Cantina abruzzese è leader nella coltivazione di uve biologiche e biodinamiche. Tra i progetti del direttore tecnico Camillo Zulli si distingue Vola Volè: 6 lieviti per 6 vini. E tutto ruota intorno alle api.
È il nome di una cantina sociale, ma anche di un paese, Orsogna, che si trova a 15 chilometri dall’Adriatico e alle pendici del Parco nazionale della Majella, la montagna abruzzese che vanta una biodiversità impareggiabile. E la presenza del temibile lupo. Qui scopriamo, in una piacevole incursione nel cuore dell’estate, un laboratorio a cielo aperto, che si pone un obiettivo preciso: essere riconosciuto quale capitale del vino biologico e biodinamico italiano. Il vulcanico motore di questo sogno, che poi è realtà, si chiama Camillo Zulli, direttore tecnico dal 1995.

Una realtà da 500 soci con l'85% di uve bio

Difficile stargli dietro, fa parte di quella razza di professionisti che non contano le ore di lavoro, ma che soprattutto non smettono mai di ideare. Hanno un bel da fare, quindi, i circa 500 soci viticoltori, che sono passati dalla produzione di uve per semilavorati a leader nella coltivazione di uve biologiche e biodinamiche. Queste rappresentano l’85% della produzione. Il restante 15% è sacrificato alla burocrazia: si tratta infatti di piccoli produttori che non se la sentono di affrontare l’iter di scartoffie che il bio richiede.    

Tre linee per scoprire Orsogna Winery

Il 30-35% del bio, a sua volta, è biodinamico certificato Demeter. E Camillo Zulli non ci porta dritti in cantina, come si suol fare, ma dritti in montagna, a visitare la stalla dove nascono i preparati biodinamici, che come noto sono composti di letame. Sfrecciando tra i tornanti, Zulli descrive appassionatamente le sue creature, ossia le linee di vini. Orsogna Winery, ricca di suggestioni e prodotti originali, seppure non “bio”, Lunaria, certificata Demeter, le cui bottiglie non vestono la capsula, ma uno spago, per limitare l’impatto ambientale, Zeropuro (vino naturale, biodinamico e senza solfiti, con etichetta di carta facilmente separabile dal vetro).    

Vola Volé, le api ambasciatrici di biodiversità

Infine merita due parole in più la linea Vola Volé, vessillo di biodiversità, il cui simbolo non a caso è l’ape. I lieviti utilizzati per la fermentazione di questi vini (Pecorino, Trebbiano, Passerina, Cococciola, Cerasuolo e Montepulciano) sono prelevati nel polline elaborato dagli operosi insetti e provengono dalla flora locale (castagno, sulla, ecc…): 6 lieviti per 6 vini. Questo originale studio è stato condotto con la collaborazione dell’Istituto di San Michele all’Adige. Alla prova dell’assaggio, i prodotti svelano un fil rouge preciso: ammiccanti, dal più semplice al più complesso, e originali. La base ampelografica che spazia dai classici d’Abruzzo a Pinot grigio, Primitivo e anche Malvasia. Quest'ultima Zulli l'ha portata da Piacenza, dove ha studiato Agraria. Foto in apertura: la vendemmia alla Cantina Orsogna
Questo articolo è tratto da Civiltà del bere 5/2018. Se sei un abbonato digitale, puoi leggere e scaricare la rivista effettuando il login. Altrimenti puoi abbonarti o acquistare la rivista su store.civiltadelbere.com (l'ultimo numero è anche in edicola). Per info: store@civiltadelbere.com

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