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Vendemmia 2017, un’annata a prova di funamboli

18 Gennaio 2018 Jessica Bordoni

“A memoria d’uomo non si ricorda una stagione come quella in corso, dove gli eventi climatici si sono accaniti con un’inusuale ed eccezionale portata”. Sembra l’incipit di un romanzo naturalista di Émile Zola, invece è la frase di apertura del comunicato ufficiale di Assoenologi sulle stime della produzione vinicola della vendemmia 2017, diffuso intorno alla metà di ottobre. Il presidente Riccardo Cotarella era già intervenuto il 1º settembre sulle criticità della vendemmia durante un convegno, spiegando: «Aborro quando sento alcuni colleghi parlare di annata del secolo, è un’annata povera anche sul piano qualitativo». E, ancora: «Il mio non è un de profundis e sono tutto meno che catastrofista, ma la situazione è questa». Inutile dire come le sue dichiarazioni abbiano creato numerose polemiche e non pochi produttori si siano sentiti in dovere di ribattere, sostenendo il valore dell’annata e ridimensionando le perdite.

La produzione cala del -28%

Diatribe a parte, ecco i dati ufficiali di Assoenologi, elaborati dalle 17 sedi territoriali dell’ente. A livello nazionale, in termini di volume c’è stata una flessione di oltre 15 milioni di ettolitri. Tutte le regioni hanno registrato decrementi considerevoli, con punte medie fino al -45% in Toscana, Lazio-Umbria e Sardegna. Con i suoi 38,9 milioni di ettolitri, il 2017 è al secondo posto tra le vendemmie più scarse dal Dopoguerra, superata solo da quella del 1947 (36,4 milioni). Il calo rispetto al 2016, quando gli ettolitri erano più di 54 milioni, è pari al -28%.

Nella vendemmia 2017 la qualità è eterogenea

Assoenologi parla di “qualità eterogenea”. Le uve sono giunte in cantina perfettamente sane dal punto di vista sanitario, presentando però differenti maturazioni anche all’interno di uno stesso vigneto e, spesso, grappoli molto disidratati. Questo ha fatto sì che la qualità, complessivamente abbastanza buona, evidenzi punte di eccellenza, ma anche livelli decisamente inferiori nelle aree in cui le precipitazioni climatiche e la canicola si sono particolarmente accanite.

 

 

A differenza degli scorsi anni, il comunicato di Assoenologi non entra nel dettaglio delle produzioni regionali, lasciando parlare la tabella stilata con i numeri di produzione della vendemmia 2017 a confronto con quelli del 2016. Per comprendere più da vicino lo stato dell’arte delle maggiori zone viticole italiane abbiamo intervistato alcuni enologi consulenti, scegliendo però di non rivelare le nostre fonti.

Il Friuli e l’uva salvata dalla bufera

Dopo un inverno siberiano e senza pioggia, le gelate primaverili hanno provocato danni al 10% del vigneto Friuli (circa 2 mila ettari), soprattutto a fondo valle e lungo i corsi d’acqua. I venti caldi del Nord Africa hanno favorito il passaggio di perturbazioni e grandinate, tra cui quella nel Collio cormonese il 6 agosto. Il 10 agosto è stata la volta di una bufera con venti a oltre 130 chilometri orari, soprattutto nella bassa friulana pordenonese e giuliana. Nel complesso, però, lo stato sanitario dell’uva “salvata” si è dimostrato ottimo e i vini ottenuti hanno fatto registrare buone gradazioni alcoliche, con un corredo acido leggermente instabile, ma un’interessante complessità aromatica.

Valpolicella: le perdite in collina

In Veneto, e in particolare in Valpolicella, l’andamento climatico anomalo ha visto un inverno asciutto e rigido, con poche precipitazioni solo a febbraio. Le gelate di aprile hanno provocato danni circoscritti alla pianura a est di Verona, in particolare le zone di Illasi e Tregnago. In generale, si sono registrate delle temperature inferiori alla media e la produzione, soprattutto di collina, ha subito una forte decrescita (circa il 15-20% in meno). Grazie agli sbalzi termici della seconda decade di agosto e alle piogge di settembre, le uve sono giunte in cantina perfettamente mature. Chi ha selezionato con cura in pianta e atteso qualche giorno in più per vendemmiare (circa il 30% dei produttori) imbottiglierà rossi di Valpolicella di alto profilo. Per gli altri l’annata è stata media. L’acidità dei vini risulta nella norma, mentre per quanto riguarda l’alcol ci attendiamo mezzo o anche un grado in più rispetto al 2016.

Danni allo Chardonnay di Franciacorta

Quasi nessun’azienda si è salvata dall’intensa gelata di aprile e fa specie come, all’interno di un singolo vigneto, certe porzioni abbiano subito molti più danni, forse per la compresenza di gelo e vento. Le zone di pianura sono state maggiormente colpite rispetto a quelle di collina, mentre dal punto di vista varietale sono state le uve a bacca bianca – e dunque lo Chardonnay – a subire i danni maggiori. Va però detto che, dopo le gelate primaverili, l’andamento climatico è proseguito senza altre gravi criticità. Il 70% dei produttori della Franciacorta lavora in regime biologico e la scarsità di pioggia ha permesso di fare meno trattamenti di rame e zolfo. Nel complesso quindi, a fronte di un netto calo delle quantità, la vendemmia 2017 registra una qualità alta.

L’articolo prosegue su Civiltà del bere 6/2017. Per continuare a leggere, acquista la rivista sul nostro store (anche in digitale) o scrivi a store@civiltadelbere.com

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