P2, la seconda giovinezza di Dom Pérignon 1998

P2, la seconda giovinezza di Dom Pérignon 1998
P2 Dom Pérignon

Il debutto italiano di Dom Pérignon P2 1998

Se la comprensione passa anche attraverso l’esperienza, la presentazione del P2 (Plénitude Deuxième) Dom Pérignon 1998 ha fatto centro: siamo stati coinvolti in una serata unica, multisensoriale. Abbiamo desinato immersi nella video-arte dell’ottimo Marco Foltran (Conegliano, 1978), tra suoni contemporanei, paesaggi nordici e infuocati proiettati sulle pareti, sulla tavola, con effetti di luce sulle pietanze (eccellenti, firmate da Riccardo De Prà, Belluno, 1974) e fragranze cosparse nell’atmosfera. La mia metà tecnica, diamo un po’ purista, potrebbe gridare allo scandalo: quanti elementi di disturbo dinnanzi a un vino che potrebbe da solo esprimere tutta la sua bellezza. Ma l’altra parte di me, quella del comunicatore, ritiene che la suggestione possa essere in effetti un elemento fondante dell’esperienza, anche gustativa. Qui è stata espressa alla massima potenza, siamo stati coinvolti in una rappresentazione, da protagonisti, per provare sulla nostra pelle lo stile Dom Pérignon, una creazione “high-tech, come un prodotto ad alta definizione disegnato dallo chef de cave”, come è scritto sulla letteratura aziendale. Un vino preciso, finemente scoplito, non c’è che dire, un’opera di design enologico. Apprezzabile proprio per questo. Ci vuole coraggio d’altronde a rimanere fedeli al proprio stile, ai propri contenuti, tanto più che oggi che tutta la pubblicistica enoica verte attorno al concetto di “naturalità”, nella sua accezione particolare di “spontaneità”.

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Il primo piatto di Riccardo De Prà: carpaccio di scampi dell’Adriatico, caviale e papaya su telaio ricoperto di lino e seta

Per il lancio mondiale è stata scelta l’Islanda, terra magnetica e minerale, energica, in continuo movimento, come vuole essere lo stile della Maison. D’altronde il concetto delle “Plénitudes”, che sostituirà la collezione “Oenotheque”, rappresenta  l’interessante espressione enologica di tale dinamismo. La Première Plénitude, con 7 anni di permanenza sui lieviti, è rappresentata dal classico Dom Pérignon Vintage. Per il millesimo 1998, la prima Plénitude (termine praticamente intraducibile) fu quindi l’uscita sul mercato nel 2005. Era naturalmente caratterizzata dalla tensione e dalla giovinezza, pur con un ragguardevole equilibrio. Ora il 1998 ha debuttato nella sua Plénitude Deuxième, 16 anni di evoluzione, dove esplode tutta l’energia di questa annata e dello stile Dom Pérignon, su un terreno olfattivo gessoso e minerale, con sapore di iodio e avvolgenza cremosa, una pulizia invidiabile al palato e un’eleganza riconducibile ai grandi vini di Champagne. La finezza e la mineralità sono un po’ superiori alla struttura e alla lunghezza gustativa (punteggio 97/100, prezzo a partire da €350, in vendita da settembre). Questo capolavoro entrerà infine nella Troisième Plénitude dopo almeno 20 anni di affinamento.

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Da sinistra: Valentina Benedetti, sommelier del ristorante Vun dell’hotel Park Hyatt, Adele Bandera, ufficio stampa di Dom Pérignon, i giornalisti Alessandro Torcoli e Paolo Marchi

Tornando al contesto magico nel quale una sessantina tra wine critics, gastronomi e clienti top della Maison sono stati immersi per “vivere” l’esperienza P2, è doveroso sottolineare che l’esperimento è perfettemente riuscito, e i complimenti vanno a chi ha cercato questo equilibrio “scenico” e, soprattutto, all’attore protagonista, cioè il Plénitude Deuxième 1998, la cui energia, diciamolo, si è palesata tale da poter svettare sulla scenografia, sull’immagine, su uno spettacolo così perfetto.

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© Riproduzione riservata - 26/06/2014

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