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Rocca di Montegrossi: il terroir in bottiglia

7 Aprile 2011 Roger Sesto
Qui si producono dei Chianti Classico fra i più identitari di tutta la denominazione: rigorosi, austeri, bisognosi di anni di affinamento, ma che se li si sa aspettare regalano emozioni impagabili. Così Marco Ricasoli Firidolfi, patron della Cantina di Monti in Chianti: «Dal mio punto di vista, il merito della profonda longevità dei miei vini sta nel terroir. Che conferisce quel carattere fondamentale per la capacità di evolvere delle nostre bottiglie. Noi produttori siamo degli intermediari: se non avessi questa terra magnifica non potrei produrre delle etichette di questa caratura: lei fa la differenza! E noi ne approfittiamo impiegando solo uve delle nostre vigne, capaci di infondere eleganza e personalità. Produrre senza transigere su qualità e serietà è una strada impervia, ma che dà tante soddisfazioni». Domandiamo se il segreto della longevità stia tutto nel terroir. Ci dice: «Soprattutto. Ma anche le operazioni di cantina danno un contributo importante: le attività di vinificazione e affinamento si svolgono con più cura che in passato. In cantina la qualità non si incrementa, ma la si può preservare: oggi la tecnica ci aiuta proprio in questo». Chiediamo quali siano gli obiettivi alla base della costruzione di un archivio di annate. Ci dice: «Metto sempre da parte circa 100 bottiglie per tipo e annata per degustazioni destinate a giornalisti e operatori. Ma ho pure accantonato delle partite per essere vendute più in là nel tempo. È da qualche anno che ho avviato questa operazione, che sta avendo successo». Ci informiamo su quali siano le annate più significative del Chianti Classico Vigneto San Marcellino, che sappiamo essere il vino più identitario. Ci dice: «In primis la 1990, frutto di un grande raccolto; fra l’altro fu la mia prima vendemmia. Un vino ancora vivo, emozionante. Altra annata di rilievo è la 1999, che mostra tutto il potenziale d’invecchiamento dei nostri prodotti: ritengo che abbia ancora almeno 15 anni di evoluzione prima di arrivare al top. Ma secondo me sarà il 2007, che sto per commercializzare, il migliore. Da un punto di vista emozionale sono molto legato a una vendemmia difficile come la 2002 e alla 1995, prima annata di Rocca di Montegrossi non più integrata all’azienda di famiglia».

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