La XXI^ edizione della manifestazione ha fatto il punto sulla produzione regionale, tra risultati raggiunti, sfide future e asset da implementare. La ricognizione sulla vendemmia 2024 e le tasting notes delle 20 etichette che ci hanno maggiormente convinto (10 rossi, 8 bianchi, 1 spumante e 1 vino dolce)
L’ormai costante conferma del carattere dei vini che provengono dai diversi versanti dell’Etna, la modernità di beva e il grande potenziale del Frappato nell’areale di Vittoria, lo spiccato piglio sapido di alcune interpretazioni del Trapanese, il profilo quasi alpino che arriva da Monreale. Gli stimoli e le riflessioni emerse dopo l’ultima edizione, la XXIa, di Sicilia en Primeur, l’annuale manifestazione organizzata da Assovini Sicilia, sono ovviamente molteplici. Così come lo sono i distretti di produzione di questa regione, praticamente un continente a sé stante, non solo dal punto di vista storico, sociale ed economico, ma anche da quello che traspare con un bicchiere di vino in mano.
Tour sull’isola e degustazioni
Nonostante questo, una sorta di identità condivisa che prova a fare squadra emerge ogni anno proprio durante questa manifestazione ormai storica, organizzata dall’associazione fondata nel 1998 da Giacomo Rallo, Diego Planeta e Lucio Tasca. Il richiamo di molta stampa di settore italiana e straniera (quest’anno erano 50 i giornalisti stranieri provenienti da quasi tutto il mondo), nasce non solo dall’opportunità di poter testare più di 300 etichette di oltre 50 aziende, ma anche dalla possibilità di visitare un territorio composito e molto eterogeneo attraverso uno dei diversi percorsi organizzati sull’isola nei giorni antecedenti le sessioni di degustazione.
Se il presente significa essere stati scelti come Regione Europea della Gastronomia 2025, un’opportunità che ovviamente ha (o potrebbe avere) diverse ricadute anche per il mondo del vino siciliano, il futuro prossimo presenta diverse sfide che la manifestazione ha cercato di mettere a fuoco attraverso alcuni dei momenti convegnistici che si sono avvicendati durante la manifestazione al Castello dei Conti di Modica, ma soprattutto durante quello più istituzionale al Teatro Garibaldi della cittadina famosa per il suo cioccolato, moderato da Luciano Ferraro, vicedirettore del Corriere della Sera.
Una sfida chiamata enoturismo
«Sicuramente dobbiamo investire molto sulla comunicazione, soprattutto attraverso l’utilizzo di un linguaggio che venga compreso dai giovani», ci ha spiegato a latere dell’incontro Mariangela Cambria, presidente di Assovini Sicilia. «Abbiamo delle nuove generazioni da formare per far sì che anche il mercato si innamori di noi. Una sfida, che si lega a quella dell’enoturismo; noi spingiamo per far sì che si svolgano corsi di formazione per professionisti di questo settore».
Un tema, quest’ultimo, toccato anche da Antonello Maruotti, docente di Statistica della Lumsa Università: nel suo intervento ha mostrato alcuni risultati di un’indagine svolta dal Ceseo (Centro Studi Enoturismo e Oleoturismo) nei quali emerge come l’offerta delle Cantine in Sicilia sia fortemente polarizzata sull’innovazione e sulle esperienze legate al vino, con un prezzo medio che va dai 25 euro ai 55 dei pacchetti premium, ma un po’ deficitaria sul fronte del pernottamento e dei pasti, ritenuti non necessari, e invece potenzialmente trainanti in un settore che cresce e che, in quest’isola, attira moltissimi turisti stranieri.
Linee guida di un possibile manifesto per il futuro del vino siciliano
Molto articolato e ricco di spunti di approfondimento è stato l’intervento del Master of Wine Andrea Lonardi, che proprio recentemente ha esordito come produttore in Sicilia insieme ai colleghi Gabriele Gorelli e Pietro Russo. Quello di Lonardi è stato un lungo excursus, una sorta di bozza per un potenziale futuro manifesto del vino siciliano che attraverso 12 parole chiave che iniziano tutte per S, è partito dallo scenario attuale – dal 2000 a oggi la Sicilia ha perso il 30% del vigneto vitato ma ha decisamente aumentato la quota di imbottigliato, arrivata al 60% – cercando di delineare quelle che possono essere le direttive per il futuro. Ovvero: continuare a investire nei vitigni autoctoni, cercare di rilanciare il ruolo delle cantine sociali, puntare sulla sostenibilità ampliando il progetto SOStain, investire in marketing territoriale.
Vendemmia 2024, annata deficitaria
Se i campioni in degustazione partivano anche dall’annata 2005, vista l’eterogeneità di tipologie e stili presenti sull’isola, quelli relativi all’ultima vendemmia, la 2024, erano certamente i più numerosi, 71, ed è giustamente su questo millesimo che si sono concentrate le analisi fornite da Assovini Sicilia. Difficile, anzi, impossibile esprimere un giudizio univoco in una regione nella quale la vendemmia inizia a luglio a ovest e finisce a ottobre a est sull’Etna, durando complessivamente ben 100 giorni. Siccità e instabilità climatica hanno portato nel complesso ad avere un calo medio del -20%, ma ovviamente non sono pochi i distinguo evidenziati. Nel nord-ovest, nella denominazione di Monreale il calo è stato del -15%, che sale al -30% mentre nella zona di Marsala sino ad arrivare al -40% nell’isola di Pantelleria. Proseguendo lungo la costa meridionale e giungendo nell’areale del Cerasuolo di Vittoria, unica Docg regionale, il dato percentuale non è riportato ma l’annata è definita “di grande qualità, con un leggero calo di produzione”. La riduzione nel nord-est (Faro, Malvasia delle Lipari e Mamertino) si attesta intorno al -30%, mentre sull’Etna si cambia completamente registro e il segno diventa invece positivo, dopo il disastroso -42% del 2023: + 70%.
I nostri migliori assaggi
Come dicevamo all’inizio, se l’Etna in moltissimi casi è ormai una certezza, sia tra i bianchi che i rossi, con vini che nelle migliori interpretazioni sfoderano eleganza e leggiadria, complessità e finezza, l’areale di Vittoria, soprattutto con il Frappato in purezza, ha mostrato un volto beverino e intrigante, certamente figlio di uno stile che, in linea con i consumi attuali, predilige sorsi più snelli, ma anche di una varietà che ha svariate frecce al suo arco da sfruttare. Grillo, e ancor più il Catarratto, quando lasciati liberi di esprimersi senza troppe sovrastrutture, donano vini bianchi di grande fascino con un timbro sapido molto caratterizzante e piacevole. Difficile giudicare la prestazione dei rosati, all’interno della quale sono presenti vini tanto, troppo trasparenti (alcuni indistinguibili dai vini bianchi), che ammiccano in modo discutibile ad altri luoghi (la Provenza), ma non con lo stesso risultato.
I nostri migliori assaggi
