Uniche per gusto e profumi le sue uova sono diventate merce preziosa. L’offerta italiana è ridotta, anche a causa del prolungato ma necessario fermo pesca. Mentre la Spagna permette maggior continuità di prodotto
Chi è riuscito a pescare i ricci di mare, aprirli e gustare da fresco il contenuto delle sacche delle uova si può considerare fortunato. Quel gusto così intenso di sapidità e cremoso, dato dalla ricchezza dell’alimento, lo avrà sicuramente apprezzato e memorizzato. Le uova di riccio sono sempre state disponibili a chi riusciva a prenderle, bastava aprire con attenzione il suo contenitore aiutandosi con un paio di forbici e mangiarle semplicemente con un pezzo di pane.
Meglio fresco anche se dall’oceano
L’esperienza del poter pescare i ricci da amatori fa ormai parte del passato. Tranne qualche rara eccezione, sono introvabili e ne è vietata la pesca amatoriale. Anche quella professionale ha avuto ultimamente molte limitazioni. Come spesso accade quando un alimento è facilmente disponibile, l’uomo si precipita a farne man bassa, rendendolo così dispendioso e introvabile. Quel poco che rimane nei nostri mari non è tutelato da una filiera produttiva trasparente.
Tra le alternative ci sarebbero le uova congelate, tracciabili e disponibili tutto l’anno, ma Giuseppe Causarano, chef del ristorante Vota Vota a Marina di Ragusa, non ci sta e ha già deciso: il suo prodotto deve essere fresco. Lo fa arrivare dalla Galizia, regione a nord della Spagna che si affaccia sull’oceano, dove hanno molto più prodotto e un periodo breve di fermo pesca.
I consigli dello chef
«Qui si trovano uova grandi e un filino più dolci delle nostre», tiene a sottolineare Causarano, «come del resto accade per quasi tutti i prodotti dell’oceano rispetto a quelli del mar Mediterraneo. Quest’anno abbiamo realizzato una ricetta semplicissima: volevo dar spazio a due tipicità della nostra provincia di Ragusa, lavorando sugli “estremi”. Il piatto è: asino ragusano e riccio di mare.
Abbiamo abbinato la carne del primo, che è dolcissima, alla polpa molto sapida del secondo». La carne viene tagliata a carpaccio, condita con olio, sale e poco limone, e sopra le fettine vengono messe le uova di riccio. Con un piatto dal forte carattere siciliano, il vino che consiglia lo chef è il Catarratto Terre di Sicilia Igt di Sive Natura. La classica ricetta degli spaghetti con i ricci, sempre molto richiesta, è però meno presente in carta. L’importante, se la si vuole proporre, è aggiungere le uova solo a mantecatura, dopo aver saltato la pasta nel fondo di olio, aglio e peperoncino. Le uova non devono prendere troppo calore, se cuociono diventano amare. Meglio servirle a crudo. Va considerato che, essendo molto sapide, danno da sole il gusto al piatto; gli ingredienti che l’accompagnano devono essere semplicemente di supporto, mai sovrastarne il sapore.
Anche i ricci vanno in vacanza
Il riccio di mare più apprezzato e conosciuto si chiama Paracentrotus lividus, è di color marrone scuro e vive sugli scogli a una profondità che parte da pochi centimetri dal pelo dell’acqua e arriva fino ai 30 metri. Si trova preferibilmente nei fondali in cui prosperano le poseidonie, alghe dalla lamina sottile color verde chiaro. Le sue uova dovrebbero essere mature a tarda primavera ma i pareri dei pescatori sono discordi, senza contare che ci sono altre specie di riccio, riconoscibili da colori più verdi o viola, le quali però non hanno le sacche delle uova o gonadi, così grandi e appetitose. Niente maschi o femmine, il riccio è ermafrodita.
La pesca va fatta di persona: ci si deve munire di un coltello per staccarli dalla roccia. Si ammettono rastrelli o aste con rampini per facilitarne la raccolta che comunque è stata troppo permissiva, con un fermo pesca dal 1° maggio al 30 giugno. I pescatori amatoriali potevano contare sino a 50 individui al giorno, mentre i professionisti arrivavano fino a mille. Purtroppo la crescita del riccio è lenta, richiede almeno 5 anni dallo stato di larva.
Le roccaforti italiane
Ad oggi le roccaforti italiane dovrebbero essere la Puglia, specie nella zona di Bari, la Sicilia e la Sardegna. Altre micro realtà sono il Centro-sud Italia, sulla costa Tirrenica e nell’alto Adriatico vicino all’Istria. Quasi tutte sono compromesse.
La Puglia ha avuto il coraggio di sospendere la pesca dall’anno scorso sino al 2025. La Sicilia ha prodotti sporadici e la Sardegna ha dato una proroga alla pesca che si è conclusa a maggio di quest’anno.
Il comandante Gianluca Marrazzo caposezione gente di mare e caposezione pesca, della capitaneria di porto di Cagliari afferma che ad oggi «le aree pescose siano quelle protette, quindi proibite».
«Potremmo arrivare anche noi, come regione Sardegna, alla chiusura della pesca dei ricci per alcuni anni», ipotizza Renato Murgia, responsabile Centro assistenza pesca (Cap) a Cagliari.
«Avevamo cercato soluzioni alternative per i ricci come quella di riqualificare i pescatori impegnandoli, ad esempio, nel ripopolamento di questi animali in mare. Sono stati fatti progetti anche economicamente sostenibili che sono stati approvati. Questo ci avrebbero concesso un po’ di respiro, ma non hanno avuto seguito».
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