Umani Ronchi e le sue tre grandi interpretazioni del Verdicchio

Umani Ronchi e le sue tre grandi interpretazioni del Verdicchio

Il progetto viticolo di Umani Ronchi, che si estende anche nell’areale del Conero e nel vicino Abruzzo, mantiene un forte legame con il Verdicchio, bianco simbolo delle Marche, proponendone tre versioni. La fresca bevibilità del Casal di Serra, la finezza del Vecchie Vigne e la complessità del Plenio sono raccontate direttamente da chi li produce, il titolare Michele Bernetti.

Tra i bianchi italiani che hanno fatto più strada nel mondo c’è sicuramente il Verdicchio, vino-vitigno celebrato per la sua camaleontica personalità. La storia di Umani Ronchi è cominciata oltre mezzo secolo fa a Cupramontana, proprio nella culla di quest’antica varietà marchigiana, tra i Castelli di Jesi che si fregiano della Doc (con le specifiche Classico e Classico Superiore) e della Docg (per la Riserva).

Il Verdicchio resta il primo amore

«Oggi la superficie vitata aziendale complessiva è pari a 210 ettari che digradano dalle colline al mare lungo la costa adriatica», spiega Michele Bernetti, titolare insieme al padre Massimo. «Nel corso degli anni abbiamo investito molto nella denominazione del Conero e ci siamo spinti anche in Abruzzo, ma rimaniamo fortemente legati alle colline del Verdicchio, dove Umani Ronchi è stata fondata nel 1957».

Michele Bernetti © F. Vignali

Un vitigno che marca il territorio

I vigneti si trovano in cinque comuni d’elezione: Cupramontana, Montecarotto, Serra de’ Conti, Maiolati Spontini e San Paolo di Jesi. L’azienda produce tre selezioni di Verdicchio: il Casal di Serra Classico Superiore, il Vecchie Vigne Classico Superiore e il Plenio Classico Riserva.
«Si tratta di un’uva estremamente versatile e capace di marcare il territorio, offrendo al calice caratteri e sfumature sensoriali differenti in base al tipo di suolo e al microclima». Da qui la volontà di Umani Ronchi di dare tre interpretazioni differenti, che sono il frutto di una lunga ricerca stilistica oltre che di un prezioso lavoro di zonazione e sperimentazione in vigna.

In principio fu il Casal di Serra

Il Casal di Serra Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore è quello che Michele Bernetti definisce “il padre”. «La prima vendemmia risale al 1983, quando il Verdicchio era venduto quasi del tutto in anfora, la caratteristica bottiglia messa a punto dalla Cantina Fazi Battaglia e poi diventata il simbolo del Verdicchio nel mondo». Le vendite all’estero erano esplose e il successo commerciale non accennava a diminuire, ma la maggior parte delle aziende puntava più sulla quantità che sulla qualità.

La ricerca della qualità

«Il Casal di Serra è nato dal desiderio di offrire un prodotto d’eccellenza, da una selezione delle migliori uve del fondo di Montecarotto. A partire dagli anni Novanta, abbiamo allargato il “parco vigneti” ad altri tre appezzamenti vocati sulle due sponde opposte della Valle dell’Esino, nella fascia collinare che va dai 200 ai 330 metri». Le piante hanno un’età compresa tra gli 8 e i 30 anni, con terreni franco argillosi e mediamente calcarei allevati a Guyot.

Vecchie Vigne, dai vigneti più alti di Montecarotto

Quando, a cavallo tra gli anni Novanta e il nuovo Millennio, la famiglia Bernetti rinnova gli impianti del fondo di Montecarotto risalenti agli anni Settanta, decide di mantenere 7 ettari (su un totale di poco meno di 20) situati nella parte più alta della collina. È qui che, a partire dal 2001, viene prodotto il Verdicchio Vecchie Vigne Castelli di Jesi Classico Superiore. «Abbiamo avviato una “gestione personalizzata” del vigneto, che prosegue ancora oggi. La particolare posizione, unita all’età delle viti e all’allevamento con sistema doppio capovolto, richiede una potatura particolare, decisamente certosina».

Nel 1995 nasce il Plenio Riserva

Si arriva così al Plenio Classico Riserva, prodotto a partire dal 1995 con le uve di un appezzamento nei pressi di Cupramontana, acquisito all’inizio degli anni Novanta. L’altitudine, intorno ai 400 metri, favorisce l’escursione termica, mentre i terreni sono più fini e meno compatti di quelli di Montecarotto, con argille bianche e sassi. «È sempre l’ultima zona delle colline del Verdicchio ad essere vendemmiata e anche nelle annate più piovose o, al contrario, particolarmente siccitose, non ci dà problemi grazie ad un apparato radicale molto sviluppato». Anche le scelte di vinificazione concorrono a imprimere una personalità specifica alle tre selezioni di Verdicchio Umani Ronchi.

Casal di Serra, fresco e piacevole

Nel caso del Casal di Serra, sul mercato con l’annata 2020, dopo la pressatura soffice il mosto fiore viene raffreddato rapidamente per poi essere decantato in maniera statica.
«Una breve permanenza sui lieviti favorisce e ottimizza l’estrazione del carattere varietale», precisa Michele Bernetti. La fermentazione, in serbatoi di acciaio a temperatura tra 16 e 18 °C, prosegue per 10-15 giorni. La malolattica non viene svolta e la sosta in acciaio a contatto con i propri lieviti è di almeno 5 mesi. «Casal di Serra è l’emblema della freschezza e bevibilità del Verdicchio, con un’acidità importante. Il frutto è ben presente e croccante, la salinità sempre in sottofondo. Esprime al meglio il legame viscerale che questo vitigno ha con il suo territorio».

Vecchie Vigne, elegante e minerale

Nel Vecchie Vigne (in commercio con la vendemmia 2020) la tipicità si lega a una maggiore finezza, struttura e promessa di longevità, legate anche a un affinamento più lungo.
«Parliamo di un vigneto ultra cinquantenne dotato di un grandissimo equilibrio-vegeto-produttivo che ci permette di raccogliere le uve a perfetta maturazione». Anche in questo caso la vinificazione avviene in acciaio, senza malolattica, poi il vino sosta a contatto coi lieviti almeno 10 mesi nelle storiche vasche di cemento prima di riposare altri 6 mesi in bottiglia.
«Il Vecchie Vigne mette da parte le note giovanili floreali e fruttate del Casal di Serra per aprirsi a un’eleganza minerale, con una sapidità leggiadra. Al palato l’acidità si integra perfettamente con la struttura».

Plenio Riserva, ricco e complesso

Last but not least il Plenio Riserva. «Per questa tipologia il disciplinare impone un periodo di invecchiamento minimo di 18 mesi, di cui almeno 6 passati in bottiglia. Un tempo l’affinamento avveniva in barrique. Oggi invece utilizziamo un 30-40% di botte grande e il resto è equamente diviso tra vasche di cemento e serbatoi di acciaio. Come il nome suggerisce, il Plenio è un Verdicchio di grande ricchezza e complessità, ma non abbiamo voluto rinunciare alla finezza, che si arricchisce di intriganti note speziate».

UMANI RONCHI
via Adriatica 12
Osimo (Ancona)
071.71.08.019
wine@umanironchi.it
www.umanironchi.com
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Foto di apertura: il vigneto di Cupramontana da cui nasce il Plenio Riserva © F. Vignali

Realizzato in collaborazione con Umani Ronchi

Questo articolo è tratto da Civiltà del bere 4/2021. Acquista

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© Riproduzione riservata - 01/03/2022

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