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Barbaterre, la via emiliana al Pinot nero

Barbaterre, la via emiliana al Pinot nero

La varietà borgognona trova originale habitat nelle colline tra Parma e Reggio Emilia, dove la Cantina Barbaterre – rilevata dai coniugi Franco Garzotti e Maria Grazia Lugo dopo anni di oblio – la declina in versione ferma e spumante Metodo Classico. I nostri assaggi.

Un’oasi di Pinot nero in una terra di Lambruschi. Di convenzionale Barbaterre, incastonata nelle Terre Matildiche che la contessa Matilde di Canossa governava tra XI e XII secolo, ha sempre avuto poco fin dalla sua nascita. A partire dal paesaggio che pare un acquerello fino alle scelte in vigna, dove il vitigno occupa 5 dei 10 ettari totali di proprietà, e in cantina. Metodo Classico, seguendo la passione del fondatore, Massimiliano Bedogni, invaghito della Champagne, o versione ferma: il legame tra la bacca nera borgognona e il territorio è oggi portato avanti da Franco Garzotti e Maria Grazia Lugo, che nel 2017 hanno rilevato l’azienda dopo anni di oblio in seguito alla scomparsa del precedente proprietario e ne hanno rinverdito i comandamenti.

Un microclima fortunato

Pendenze (fino al 30%) e terreni argillosi, con vene gessose, che cancellano la possibilità di terrazzamenti, i danni provocati dai cinghiali, che infestano le zone pre appenniniche fino alla Toscana. Ma anche un microclima baciato dalla fortuna: 330-400 metri di altitudine che si sporgono su un piccolo corso d’acqua. E un circolo d’aria che si infila nei calanchi (i profondi solchi nel terreno creati dal dilavamento delle acque) e ispira escursioni termiche estive fino a 10 gradi: un toccasana per la salubrità degli acini.

Pinot nero, una scelta fuori dagli schemi

«Un terroir eccellente per il Pinot nero», sottolinea il brand manager Massimiliano Ferrari. «Pur poco convenzionale, la scelta di piantare quest’uva non è una stramberia ma frutto del riconoscimento di condizioni pedo-climatiche adatte a valorizzarla. L’altalena delle temperature esalta l’acidità, il valore fondante della tipologia specie in caso di spumantizzazione, ma permette anche uno sviluppo terpenico e aromatico ideale». I terreni hanno una base di calcare attivo e una componente limosa che sottolineano eleganza e finezza. I cloni della varietà presenti nelle vigne sono due: uno proveniente dalla Francia, l’altro frutto di una selezione massale italiana.

Nel 2017 Franco Garzotti ha rilevato l’azienda con Maria Grazia Lugo

Biologici per natura

Un lavoro interamente manuale tra i filari e il rispetto per un ecosistema ricchissimo, tra boschi di querce e castagni, da sempre hanno messo al bando interventi forzati. L’impronta sostenibile si declina nella produzione biologica e certificata Icea (Istituto per la certificazione etica ed ambientale) e nelle pratiche utilizzate in cantina. «Tutti i nostri vini sono piena espressione delle infinite potenzialità del territorio reggiano», dice la titolare Maria Grazia Lugo. Crediamo che i nostri vini siano opere sartoriali, frutto di una costante attenzione che va dalla cura della vigna al rispetto dell’ecosistema fino alla vinificazione. Una produzione ricercata e su misura».

Tra autoctoni e internazionali: 60 mila bottiglie in tutto

La produzione totale (cui se ne aggiunge una piccola di olio biologico non filtrato) sfiora le 60 mila bottiglie. Dalle uve di Pinot nero nascono quattro vini: tre Metodo Classico che sostano a lungo sui lieviti – Blanc de noirs, Marandalé e Rosé – e Pèder, rosso fermo affinato in legno grande. La passione per le bolle si declina anche in tre rifermentati in bottiglia prodotti con Metodo Ancestrale: un Sauvignon blanc, un Lambrusco dalle varietà Grasparossa, Salamino e Malbo gentile (dalle stesse uve nasce anche un Metodo Classico rosé, il Lambruscante) e un Marzemino rosato, il Besméin Capolegh. Infine il Capès, rosso fermo da Cabernet Sauvignon.

I vini in degustazione

Blanc de noirs, Emilia Pinot nero Spumante Igt 2012

Metodo Classico Brut Nature da Pinot nero (100%). I millesimi in commercio sono 2012 e 2016 perché un incendio ha distrutto le bottiglie nel mezzo. In questa versione con sboccatura a marzo 2019 e circa 70 mesi sui lieviti il lungo affinamento emerge nel calice e sprigiona sentori di frutta matura e agrumi canditi, decise note di pasticceria e accenti balsamici tipici. In bocca sorprende l’equilibrata sapidità, figlia della nota iodata che è “la firma” della Cantina, mentre l’acidità è levigata dal tempo trascorso sulle fecce fini.

Rosé, Emilia Pinot nero Spumante Igt 2012

La pressatura soffice regala un bellissimo manto che ricorda una cipolla ramata a questa espressione in purezza di Pinot nero. Quasi 6 anni sui lieviti come la versione Blanc de noirs. Sensazioni di arancia candita, composta di frutti di bosco, spezie dolci: un naso più “selvatico” se messo allo specchio con l’eleganza “cremosa” della versione in bianco. Una sensazione che si ritrova al palato dove la leggera presenza tannica si traduce in una maggiore irruenza.

Pèder, Emilia Pinot nero Igt 2018

Il Pèder, “il padre” nel dialetto reggiano, è un Pinot nero dalla forte impronta territoriale. Un unicum della zona tra Parma, Modena e Reggio Emilia. La seduzione olfattiva ha il profumo di frutta a bacca rossa e spezie dolci. In bocca è succoso, con un tannino integrato e un’impressione retronasale di gelatina alla ciliegia. Lo spartito sensoriale è unito ancora una volta da una scia minerale, salina: il più netto timbro di distinzione dai parenti prodotti in Italia.

Foto di apertura: il Pinot nero occupa 5 ettari dei 10 di proprietà della Cantina Barbaterre di Quattro Castella (Reggio Emilia)

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© Riproduzione riservata - 17/05/2021

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