50 anni di storia del vino: Nino Negri, la Valtellina in tutte le sue sfaccettature
L’acquisto della prima vigna, la storica Fracia, da parte del fondatore e la svolta della qualità del figlio Carlo. Il ruolo di Casimiro Maule e il nuovo corso con Danilo Drocco. Il progetto “Vigne di montagna”.
La Casa vinicola Nino Negri, fondata nel 1897, ha sede a Chiuro nell’antico quattrocentesco Castello Quadrio e rappresenta la più grande realtà vitivinicola della Valtellina, nonché il sinonimo dei vini valtellinesi nel mondo. La vite, il cuore di questa terra difficile ma generosa, coltivata sulle pendici dei monti, ha infatti trovato qui le condizioni ideali per crescere: l’ottima esposizione al sole e le forti escursioni termiche tra il giorno e la notte favoriscono, infatti, l’unicità espressiva del vitigno re, il Nebbiolo, chiamato localmente Chiavennasca.
Alla guida della Cantina ora si trova Danilo Drocco, manager ed enologo di grande esperienza dell’universo Nebbiolo, che ha ricoperto ruoli di crescente responsabilità in importanti aziende piemontesi del settore e che ora interpreta quest’uva nella sua versione più “alta”, in un’evoluzione stilistica davvero convincente.
«Nino Negri era il figlio di una famiglia dell’Aprica: una zona oggi famosa per lo sci, ma che già a fine Ottocento era considerato un luogo di villeggiatura, tant’è vero che la sua famiglia fu la prima a costruire qui un albergo. Nino Negri decide di diventare produttore di vino, sposando la ricca proprietaria del castello dove oggi abbiamo la cantina», racconta l’enologo langarolo.
«La scelta del luogo è particolarmente interessante, non solo perché il castello risale al Quattrocento, ma soprattutto perché, quando decide di fondare la cantina, immediatamente comincia anche a comprare vigne e a diventare viticoltore. La prima che viene acquistata dalla famiglia Negri è proprio la vigna Fracia, che ancora oggi vinifichiamo e imbottigliamo separatamente con il nome del vigneto».
La svolta nel Dopoguerra
Una viticoltura di montagna legata ai terrazzamenti: la Valtellina è il più grande anfiteatro terrazzato d’Italia formato da circa 2.500 chilometri di millenari muretti a secco adornati da alte catene montuose, che difendono le viti dai gelidi venti del Nord e dagli umidi scirocchi meridionali.
«In realtà la svolta qualitativa avviene con il figlio Carluccio, che negli anni intorno al Dopoguerra si concentra in modo particolare sul mondo dello Sforzato, senza naturalmente perdere di vista la qualità del Valtellina Superiore. È lui, infatti, che intuisce la grande potenzialità di questo vino, passando così ad una produzione, diciamo, più significativa sotto ogni punto di vista».
Nel 1986 entra in scena il Gruppo Italiano Vini e il trait d’union di questo processo viene effettuato e gestito da un personaggio importante, un vero e proprio traghettatore: Casimiro Maule, trentino di origine ma trasferitosi qui in pianta stabile. Dapprima enologo e poi direttore durante tutto il percorso, quindi per oltre 40 anni!
Si lavora con le stesse famiglie da 40 anni
Grazie a Casimiro Maule, Nino Negri crea un accordo con oltre 200 famiglie per garantire il ritiro dell’uva: «Ancora oggi», spiega Danilo Drocco, «collaboriamo con le stesse famiglie; un rapporto fondamentale che ci consente di avere una quantità importante di uva. In più tale legame ha permesso loro di fare una manutenzione costante delle terrazze: una delle questioni principali valtellinesi».
E non c’è alcun dubbio che la spettacolare azione antropica legata alla viticoltura abbia lasciato qui una chiara impronta sull’originaria morfologia (il tipico gradino alla base del suo versante retico).
«Il mio compito arrivando dalla Langa è stato, da un lato, quello di continuare ciò che aveva iniziato Casimiro e, dall’altro, di avviare nuovi progetti». Una filosofia che si intreccia all’interno di una base armonica che vuol concedere sostanza soltanto alla vite e al suolo che l’accoglie, alla meticolosa cernita delle uve, all’ambiente circostante (usufruendo dell’energia idroelettrica della valle) e ad un’esperienza contadina di lungo corso.
Il progetto “Vigne di montagna”
Nasce così insieme a Danilo il progetto “Vigne di montagna”, dove «vengono selezionati tra i nostri singoli vigneti quelli in cui il Nebbiolo assume sfumature diverse che raccontano la montagna: un percorso della Valtellina sempre più dettagliato, perché, pur essendo coltivati da tanti anni, quei pezzi di terra/roccia non smettono mai di voler essere valorizzati».
Per quanto riguarda infine lo Sforzato – l’unico Nebbiolo al mondo ottenuto da appassimento in un clima davvero molto particolare, nonché il più antico e ambizioso vino della Valtellina risalente al Quattordicesimo secolo – l’obiettivo sta ora nel dimostrare la sua contemporaneità.
«Non si tratta di un vino da meditazione, ma di uno che, al contrario, è versatile e da abbinare al cibo, puntando molto sulla croccantezza del frutto e sull’acidità che ben si sposa coi tannini, nonostante la concentrazione donata dai 100 giorni di appassimento». L’iconico Sfursat 5 Stelle, riconoscibile per pulizia, rigore ed equilibrio, va, non a caso, nella giusta direzione.
Foto di apertura: le uve di vigna Fracia, al prima acquisita da Nino Negri, ancora oggi sono vinificate e imbottigliate separatamente con il nome del vigneto
NINO NEGRI
via Ghibellini 3
Chiuro (Sondrio)
0342.48.52.11
n.negri@giv.it
www.ninonegri.it
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Tag: Casimiro Maule, Danilo Drocco, Gruppo Italiano Vini, Nebbiolo, Nino Negri, Sfursat 5 Stelle, Vigna FraciaRealizzato in collaborazione con Nino Negri
Questo articolo è tratto da Civiltà del bere 1/2024. Acquista
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© Riproduzione riservata - 28/09/2024