50 anni di storia del vino: Livon e l’alba dell’identità del Collio
Dal nonno Dorino al nipote Matteo, passando per i fratelli Valneo e Tonino, l’arte di fare vino si concretizza in un legame profondo con il territorio. La mission dei grandi bianchi e il futuro con una nuova cantina.
Il nome Livon significa sessant’anni di amore per quel lembo estremo che rappresenta l’ultimo baluardo d’Italia verso l’Europa orientale. «Il Collio è la culla delle nostre passioni, la terra che custodisce il nostro legame più profondo e sincero con l’arte del fare vino», è la voce di Valneo Livon, oggi al fianco del figlio Matteo alla guida della Cantina. «Mio papà Dorino, fondatore dell’azienda, nel 1964 ha deciso di materializzare questo intenso richiamo alla terra proprio sulla complessità di queste colline, da sempre terre di confine, con l’innata propensione all’armonia e all’equilibrio». Al primo terreno, acquistato a Dolegna, se ne sono aggiunti presto altri. «Negli anni dove tutti trasferivano le loro risorse al di fuori della vita agricola, mio padre ha letto il potenziale enorme di questo territorio inimitabile coi suoi pluralismi identitari, solo apparentemente distanti. È stato una figura chiave, il fulcro di questa visione audace che abbiamo ereditato di generazione in generazione senza mai perdere di vista la bussola dell’eccellenza. Ha avviato un progetto pionieristico che già 60 anni fa era guidato dall’esigenza di una produzione sostenibile ambientalmente e socio-economicamente».
Dai sogni iniziali alla nascita del Manditocai
Oggi Livon spedisce i suoi vini in più di 50 Paesi del mondo, ma la mente di Valneo torna spesso al primo locale dove si concentrava la produzione e la vendita. «Nella Cantina Vencò a Dolegna del Collio abbiamo piantato le nostre prime radici da vignaioli, è lì che sono iniziati i nostri sogni. È sempre un’emozione delicata e profonda ripensare alle prime bottiglie uscite da quella cantina, le sperimentazioni sempre fedeli e attente a non tradire la ricchezza pedoclimatica unica del Collio».
“L’alba di Livon”, la definisce Valneo, «un periodo indelebilmente legato alla nascita di un vino icona del territorio, il nostro Friulano Manditocai. L’etichetta in cui abbiamo sintetizzato il concetto di autoctonia e savoir-faire – ricordo che l’attuale Friulano è stato fino al 2007 sotto il nome di Tocai – e con la quale, devo ammettere, abbiamo raccolto negli anni dei risultati molto soddisfacenti e svariati premi».
Il passaggio generazionale e il Braide Alte
Negli anni Ottanta Dorino passa le redini dell’azienda ai figli. È il periodo del rinascimento enoico, un’epoca di trasformazione e di grande dinamismo che in 30 anni avrebbe classificato l’Italia tra i Paesi leader sui mercati vinicoli internazionali. «Per me e mio fratello Tonino», prosegue Valneo, «è stato un momento di innovazione, sperimentazione, esplorazione e viaggio. Abbiamo importato idee ed esperienze dai territori vinicoli più vocati, come la Francia e non solo. In noi si è rafforzata la volontà di produrre maggior qualità a discapito della quantità, come testimonia l’impianto di vigneti ad alta densità».
Nasce da questa visione, che prende vita nel 1996, un’icona del territorio: il Braide Alte, fuoriclasse a base di Chardonnay e Sauvignon (con Picolit e Moscato giallo) che provengono sulla sommità della collina di Ruttars, areale baciato da una vocazione unica. «Un’icona che riassume la nostra mission nel fare i bianchi, ovvero vini dalla grande eleganza, sorretti da struttura e complessità, ma allo stesso tempo centrati sulla piacevolezza e che rispecchino l’identità territoriale. Il Braide Alte ci ha resi protagonisti di prestigiosi riconoscimenti che sono il frutto di anni di impegno e dedizione».
L’aneddoto del logo della Donna alata
Altrettanto iconico per il territorio è il logo voluto da Valneo, grande appassionato di arte, adattando
“La Donna alata”, opera realizzata negli anni Trenta dal russo Ertè (pseudonimo di Romain de Tirtoff), le cui curve sinuose ricordano la C di Collio. «A questa effige è legato un aneddoto un po’ imbarazzante, che però alla fine ci ha portato grande riconoscibilità. Nei primi anni Novanta, quando l’attività di export prendeva piede favorevolmente, in California, a San Francisco ci bloccarono un container con circa 4 mila bottiglie per censurare la nudità del seno scoperto del nostro logo. L’ufficio federale responsabile per il controllo in materia di alcol ritenne l’innocente grafica di Ertè “pornografica e offensiva per il senso del pudore americano”. L’importatore dovette assumere due giovani grafiche per modificare, una ad una, tutte le etichette affinché rispettassero le normative. Le due ragazze hanno impiegato circa tre settimane per coprire con un pennarello dorato la scollatura dell’opera Art déco. E le partite successive sono state spedite con una versione più casta della Donna alata. L’episodio venne raccontato da molte testate giornalistiche nazionali e estere, tra cui anche Civiltà del bere. E alla fine ha contribuito a rafforzare la riconoscibilità del nostro brand».
Il 60° e i lavori per la nuova cantina
Le prossime pagine di Livon le sta scrivendo la penna di Matteo, figlio di Valneo e oggi amministratore unico dell’azienda. «I lavori e gli investimenti nati dall’idea di mio nonno e fermentati con mio padre e mio zio mi portano oggi a viaggiare in tutto il mondo come ambasciatore di qualità del made in Italy», racconta. «Al contempo tutta la squadra di Livon è concentrata a consolidare e rifinire i progetti portati avanti fuori dal Friuli, nelle nostre tenute in Toscana, nel cuore del Chianti Classico e in Umbria, patria del Montefalco Rosso e terra eletta del Sagrantino».
E a proposito di storia che continua, nel corso del 2024, quando cade il 60° anniversario dalla fondazione, sarà completata la nuova cantina «con cui abbiamo voluto omaggiare la nostra terra natia, Dolegnano», annuncia Matteo. «Uno spazio firmato Livon con una zona dedicata all’affinamento in botti di rovere selezionato e anfore, uffici commerciali e un’area wineshop e wine-tasting».
Foto di apertura: la sommità della collina di Ruttars, dove nasce il Braide Alte, vino icona della Cantina
LIVON
via Montarezza 33
Dolegnano (Udine)
0432.75.71.73
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Tag: Braide Alte, Collio, Livon, Manditocai, Matteo Livon, Valneo LivonRealizzato in collaborazione con Livon
Questo articolo è tratto da Civiltà del bere 1/2024. Acquista
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© Riproduzione riservata - 31/08/2024