Senza confini Senza confini Alessandro Torcoli

In Napa Valley discutiamo di blend e di single vineyards

In Napa Valley discutiamo di blend e di single vineyards

E’ passata la prima giornata del #MNV13 che tradotto dal twitterese significa Master Napa Valley 2013. Siamo una quarantina, Master Sommelier, Master of Wine e aspiranti tali, come il sottoscritto. L’associazione dei vitivinicoltori della Napa ci ha invitati a scorprire in particolare due aspetti della zona: la diversità di suoli che sta all’origine delle emergenti sotto-denominazioni (purtroppo anche gli americani così marketing oriented sono caduti nel tranello dei questa orribile definizione “sub-appellation”), e il dinamismo di una comunità di produttori carichi di energia innovatrice. Basti pensare a ciò che hanno realizzato in 50 anni.

LE RAGIONI DELLE SUB-APPELLATION – Quanto alla diversità, si parte dal distretto di Los Carneros, all’imbocco della Valley, dove le influenze del Pacifico e delle nebbie della baia sono più evidenti, temperature più basse, ambiente borgognotto da Chardonnay e Pinot nero, si passa per Coombsville e Oakville, dal clima più mite e varietà tardive, piccola Bordeaux da Cabernet e confratelli, fino all’estremità a nord, Calistoga, decisamente clima caldo, da dove proviene ad esempio uno Zinfandel potente e concentrato, ottenuto da “dry farming”, cioè senza irrigazione. Estremo!

Il panorama vitato della Napa Valley

QUALI TENDENZE? TUTTE! – Se colpisce la varietà, dunque, non da meno è il dinamismo… Abbiamo ripassato in 12 ore tutti i possibili trend della viticolura e dell’enologia mondiale. Tanto per citarne alcune: l’estrema attenzione per l’ambiente (ormai da queste parti la maggior parte delle vigne sono certificate biologiche, le aziende cercano la sostenibilità energetica e in una abbiamo saputo che è stato assunto addirittura l’entomologo per gestire il vigneto a partire dall’ecosistema). Altra tendenza in atto, la valorizzazione del Cabernet franc, il fratello minore che ormai vediamo emergere anche in Italia, in Francia, eccetera. E ancora, tra i vigneron – termine non usato a sproposito, dato che il 95% delle Cantine qui sono piccole, a conduzione famliare – è acceso il dibattito sull’utilizzo del blend e sulla moda dei “single vineyard“, che come ha ricordato anche Jancis Robinson al recente talk-show di Cortina, è tendenza mondiale, ma non per questo non oggetto di interrogativi.

ETICHETTE DA RICORDARE – Tutto in queste nostre prime 12-18 ore in Napa. Domani (qui siamo 9 ore indietro) ci aspetta una giornata definita nel programma “Down&Dirty“, cioè si scende in vigna a sporcarsi le mani e le scarpe. Non vi lascio però senza segnalarvi almeno tre vini, sui 66 degustati sinora, che mi hanno emozionato:

  • Von Strasser Gruner Veltliner 2012 (a propostito di varietà…). Dal distretto Diamond Mountain. Vincitore di medaglie nella madre patria del vitigno, l’Austria. $ 35
  • Favia “Cerro Sur” Cabernet franc 2009. Da Coombsville, uno dei migliori franc in purezza mai assaggiati, fresco, floreale, con note terrose e finale di erbe aromatiche. La mente vola al Paleo rosso “nuovo corso” cioè 100% Cab franc, delle Macchiole. $ 145
  • Corison Winery Kronos Vineyard Cabernet Sauvignon 2005. Pefetta evoluzione, intenso, note di frutta (mirtillo e mora) ancora intense, profumi di tartufo e cannella, al palato vellutato con sensazioni leggermente tostate di cioccoloato e caffè. $ 150

Come risaputo, unica nota dolente, i prezzi in Napa sono sostenuti, evidentemente assorbiti dal mercato americano. Enjoy!

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© Riproduzione riservata - 24/09/2013

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