Leggendo la Borgogna di Favaro e Gravina
La Borgogna è una leggenda, talvolta circondata da un’aura fin troppo sacrale. Pare, infatti, che se non rientri nel novero degli inziati che sanno citarti a memoria i 1.247 climats borgognoni, tu non possa essere considerato un serio conoscitore di cose vinicole. E poi la Borgogna sembra ad alcuni l’unico luogo al mondo dove nascono capolavori di finezza, equilibrio, profondità. In particolare, nell’Italia della tifoseria calcistica, è prassi fin troppo diffusa prendere un partito e dare la carica contro qualcun altro. Ecco che si levano quindi quotidianamente peana sulla Borgogna contadina e filippiche contro la pretenziosa Bordeaux, viva il Piemonte dei piccoli e abbasso la Toscana dei grandi, e così via.
“Vini e terre di Borgogna” va oltre il mito
Benvenuto al libro di Camillo Favaro e Gianpaolo Gravina: “Vini e terre di Borgogna“. Capace, tra gli altri pregi, di farci vedere una Borgogna normale, complessa e intrigante qual è, ma senza mitizzare nulla, anzi – pregio massimo – ricordando a chi ama o studia il vino, anche (e non solo) quello della Cȏte d’Or, che la Borgogna si estende a nord nell’inarrivabile grazia di Chablis e a sud nella generosa espressività del Mâconnais. Anzi la mia personale ammirazione per l’opera di Favaro e Gravina comincia proprio da qui, germinata ancor prima di ricevere questo bel volume.
Un italien nel Mâconnais. L’accurato lavoro di ricerca
Mi trovano infatti nel Beaujolais e un’amica collega studente Master of Wine, l’amerifrancese Kerrie de Boissieu, mi chiese se conoscevo l’italien che viveva da mesi nel Mâconnais per il suo libro sulla Borgogna e che, secondo Kerrie, sembrava davvero esperto della materia. L’uomo, infatti, era Giampaolo Gravina. Kerrie mi consigliava di incontrare anche l’italien con cui Gravina aveva passato molto tempo e che li aveva fatti conoscere, il proprietario dello Château des Rontets, Fabio Montrasi, architetto rapito dalla viticoltura a Fuissé, i cui vini – per inciso – sono ai vertici della sempre più appetita appellazione Pouilly-Fuissé. Una serie di coincidenze e di evidenze che, pur non conoscendo personalmente il Gravina, né il suo co-autore Favaro, mi convincevano per via empatica anche della validità dell’operazione.
Ecco la Borgogna di Favaro e Gravina
Ecco ora la mattonella sul tavolo: 550 pagine di testi, mappe e artistiche fotografie. L’assemblaggio del tutto ha un equilibrio raro nelle pubblicazioni del genere, a volte superficiali, altre poco digeribili. Il viaggio, per lo più, al netto di introduzioni e mappe, è un racconto di alcuni produttori della Borgogna “allargata” (200 Maison per 800 etichette). Scelti – anche loro – con senno, senza mai l’ombra di piaggerie e facili reverenze, e soprattutto raccontati nel particolare, per portarci all’universale della regione. Insomma, esempi veri e non icone manieriste.
La nuova edizione di “Vini e Terre di Borgogna” è disponibile in libreria e online esclusivamente qui (35 euro + spedizione).
Tag: Borgogna, Camillo Favaro, Giampaolo Gravina, libro, Vini e terre di Borgogna© Riproduzione riservata - 14/05/2018