In Italia In Italia Jessica Bordoni

Vite Colte, perché l’altitudine fa la differenza nel Metodo Classico

Vite Colte, perché l’altitudine fa la differenza nel Metodo Classico

Prosegue l’impegno aziendale nella creazione di spumanti Alta Langa Docg d’eccellenza. Dopo il Brut Cinquecento, a febbraio uscirà il Pas Dosé Seicento, che segna un altro traguardo nella ricerca dei vigneti più vocati in quota. Il convegno con i professori Attilio Scienza e Vincenzo Gerbi e il winemaker Ruben Larentis.

«Negli anni Settanta i vigneti delle Langhe si sviluppavano tra i 200 e i 500 metri, oltre c’erano boschi, noccioleti e pascoli. Poi, a causa del cambiamento climatico, si è reso necessario salire in altezza. In parallelo, a partire dagli anni Novanta, alcuni produttori hanno avviato un progetto enologico dedicato alle bollicine Metodo Classico, con l’obiettivo di riconquistare una posizione di rilievo come un tempo». Con queste parole il presidente di Vite Colte Piero Quadrumolo ha aperto il convegno “Perché l’altitudine fa la differenza” dedicato alla produzione dell’Alta Langa Docg. Il talk, organizzato da Vite Colte il 6 novembre presso il Relais Villa d’Amelia – bellissima location di riferimento per questo territorio proprio alle porte dell’Alta Langa, a Benevello (Cuneo) – ha coinvolto personaggi del calibro del professor Attilio Scienza dell’Università degli Studi di Milano, del professor Vincenzo Gerbi dell’Università di Torino e Ruben Larentis, storico chef de cave delle Cantine Ferrari Trento.

Vite Colte Alta Langa
Da sinistra Daniele Eberle, Vincenzo Gerbi, Piero Quadrumolo, Attilio Scienza e Bruno Cordero

L’impegno di Vite Colte in Alta Langa

Vite Colte non ha bisogno di molte presentazioni: è una delle realtà vinicole più importanti di tutto il Piemonte, con un il patrimonio viticolo di 180 viticoltori soci che coltivano otre 300 ettari. La scelta di investire nell’Alta Langa è si è concretizzata intorno alla metà del decennio scorso con l’obiettivo di produrre uno spumante distintivo e originale, unendo “mani, testa e cuore” in perfetto stile aziendale. «Il disciplinare della Docg Alta Langa è tra i più rigidi, l’unico che impone un’altezza minima dei vigneti, fissata a 250 metri», ha spiegato Bruno Cordero, enologo del Gruppo, che insieme all’agronomo Daniele Eberle e a tutto il team tecnico dal 2016 ha iniziato ad approfondire gli aspetti operativi del progetto. «Noi abbiamo deciso di superare le quote altimetriche fissate per legge e abbiamo selezionato vigneti oltre i 500 metri per garantirci una maturazione ritardata delle uve e mantenere livelli di acidità adeguati».

La novità Seicento Pas Dosé e il convegno sull’altitudine

Così, a partire dalla vendemmia 2017, è nato l’Alta Langa Cinquecento, un Brut da Pinot nero (80%) e Chardonnay (20%) che sosta minimo 30 mesi sui lieviti. A febbraio 2024 uscirà sul mercato anche il Pas Dosé Seicento, in cui la quota di Chardonnay sale al 40% e la permanenza sui lieviti supera i 40 mesi. «Come suggerisce il nome, ci siamo spinti ancora oltre, intorno ai 600 metri e stiamo attuando delle sperimentazioni oltre i 700. Il nostro obiettivo è diventare gli specialisti dell’Alta Langa in alta quota», commenta il presidente Quadrumolo.
E proprio a questo scopo, lo scorso novembre Vite Colte ha organizzato il convegno dal titolo “Perché l’altitudine fa la differenza”, chiamando a raccolta i massimi esperti italiani di viticoltura ed enologia per un confronto sincero ed esaustivo sulle “bollicine di montagna”, prendendo a prestito il claim scelto dal Trentodoc per sintetizzare la produzione della denominazione trentina.

Gli Alta Langa Cinquecento e Seicento

Alta Langa come Trentodoc e Champagne

Il primo a prendere la parola è stato il professor Attilio Scienza, che ha evidenziato la crucialità dell’argomento per tutta la spumantistica italiana e non solo per l’Alta Langa. La domanda di fondo del suo ragionamento è: bisogna andare sempre più in alto? E, come spiega: «si tratta di un leitmotiv che oggi sono chiamati a porsi tutti quei i territori che producono vini spumanti dalle caratteristiche identitarie e dal profilo sensoriale definito e ben percepito dal consumatore».
L’innalzamento della quota altimetrica provoca, infatti, una diminuzione di temperatura di circa 1°C ogni 100 m. «Questo gradiente termico determina un ritardo nelle fasi fenologiche e un rallentamento dei processi di maturazione, che avvengono in periodi con temperature giornaliere più basse e si giovano del salto termico tra il giorno e la notte, molto favorevole alla sintesi degli aromi, alla conservazione dell’acidità malica, al pH basso». In particolare la fascia vitata dei vigneti dell’Alta Langa compresa tra i 250 ed i 700 m di altitudine, evidenza marcatamente un clima subcontinentale (o anche continentale in alcuni casi) ed è descritta sinteticamente dal IW (Indice di Winkler) tra i 1.200 e 1.500°. «Valori molto vicini a quelli della Champagne e delle zone più vocate del Trentodoc», conclude Scienza.

Il ruolo chiave della relazione acidità/altitudine

Il professor Vincenzo Gerbi si è concentrato sugli aspetti enologici. «Nel caso degli spumanti Metodo Classico, certamente l’elemento che guida la scelta del momento della raccolta è l’acidità fissa. Un elevato livello di acidità non è solo una esigenza di tipo gustativo, garanzia di freschezza e di sapidità, ma è anche un elemento di sicurezza per un corretto svolgimento della rifermentazione in bottiglia, escludendo la presenza di batteri lattici che potrebbero produrre odori anomali e cadute eccessive di acidità malica, oltre che difficoltà di rimozione del deposito di lieviti».
La scelta di produrre Alta Langa Docg da vigneti posti ad almeno 250 metri, permette di garantire livelli di acidità sufficienti. «Le annate recenti hanno mostrato come l’acidità, in particolare quella malica, sia fortemente condizionata dalle alte temperature, costringendo in altre zone a vendemmie sempre più precoci, con cali anche evidenti di produzione. I lavori scientifici disponibili e le esperienze dirette dei produttori hanno infatti dimostrato che esiste una relazione diretta, a parità di latitudine tra quota altimetrica e livello di acidità fissa».

I vigneti da cui nascono le bollicine Cinquecento e Seicento

Tra i relatori del convegno, anche l’agronomo responsabile dei vigneti di Vite Colte Daniele Eberle, che riporta il ragionamento sul progetto aziendale. «Oggi pensiamo di avere trovato il profilo aromatico che meglio risponde al nostro obiettivo enologico a quote comprese tra 500 e 700 metri. Abbiamo identificato sei vigneti di Chardonnay, impiantati tra il 1980 e il 2020, per un totale di 3,5 ettari, e sei vigneti di Pinot nero, di età compresa tra il 1992 e il 2021, per un totale di 5.8 ettari».
Gli appezzamenti sono localizzati sui crinali alla destra e sinistra del fiume Belbo nei comuni di Cossano Belbo, Borgomale, Bosia, Castino, Loazzolo e Mango. I suoli della zona sono quelli tipici del bacino terziario piemontese. «In particolare, i terreni di coltivazione traggono origine da rocce sedimentarie marine composte da potenti bancate di arenarie frammiste a strati di marna, che si sono venute a creare circa 12 milioni di anni fa in epoca Tortoniana».

Il rigore in cantina e l’attenzione alla maturità aromatica

Dopo la raccolta manuale in cassetta da 20 kg, l’uva Pinot nero e Chardonnay atta a divenire Alta Langa Docg viene scaricata direttamente nella pressa sempre a mano, senza trasporto meccanico, per impedire schiacciamenti dell’acino. E poi c’è pressatura soffice: «Abbiamo scelto di essere davvero rigorosi ed andiamo ad estrarre circa il 45% del succo, che viene successivamente lasciato decantare a freddo prima dell’inizio della fermentazione», ha precisato il direttore di cantina di Vite Colte Bruno Cordero.
La sanità dell’uva permette di non aggiungere SO2 al mosto prima della fermentazione alcolica che avviene in circa 10 giorni. «A questo punto dopo un primo travaso per separare la feccia grossolana, alcune partite di Chardonnay vengono avviate alla fermentazione malolattica per dare maggior complessità all’assemblaggio finale, che nel caso del Seicento Pas Dosé resta minimo 42 mesi sui lieviti». Cosa ne pensa del progetto Alta Langa Vite Colte un fuoriclasse delle bollicine come Ruben Laurentis? «Nel calice c’è un grandissimo potenziale e la direzione intrapresa dalla Cantina è quella giusta. Il mio consiglio, per le prossime vendemmie, è quello di dedicare ancora più attenzione alla maturità aromatica delle uve in fase di vendemmia, così da prolungare ulteriormente la longevità e la complessità nel bicchiere».

Foto di apertura: l’obiettivo di Vite Colte è diventare gli specialisti dell’Alta Langa in alta quota

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© Riproduzione riservata - 06/12/2023

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