In Evidenza In Evidenza Elena Erlicher

Vinitaly non solo business, ma difesa del Sistema Italia

Vinitaly non solo business, ma difesa del Sistema Italia

Un pubblico sempre più qualificato con 97.000 presenze nei quattro giorni della fiera, di cui un terzo buyer stranieri. Un palcoscenico che racconta il valore economico e sociale del vino. Il sorpasso dei bianchi sui rossi e le tendenze low e no-alcol.

La 56a edizione di Vinitaly, che si è chiusa con un totale di 97.000 presenze dal 14 al 17 aprile (+4% rispetto al 2023) a Verona, vuole essere sempre più internazionale e orientata al business. Lo dimostrano la partecipazione di buyer stranieri, giunti quest’anno a quota 30.070 (un terzo del totale) da 140 Paesi, e tra questi i 1.200 top buyer (+20% sul 2023) da 65 nazioni selezionati, invitati e ospitati da Veronafiere in collaborazione con Ice Agenzia.

Gli obiettivi raggiunti

«Vinitaly si conferma la più grande fiera al mondo del vino italiano», ha dichiarato Federico Bricolo, presidente di Veronafiere, durante l’inaugurazione. «I dati della manifestazione, unitamente al riscontro positivo delle aziende, convalidano gli obiettivi industriali dell’attuale governance di Veronafiere». L’obiettivo dell’ente, su sollecitazione degli stessi produttori, non era quello di incrementare nei numeri la partecipazione (superando quota 100.000), ma piuttosto quello di contare su un pubblico sempre più qualificato. «Va in questa direzione il rafforzamento della collaborazione con tutti i referenti istituzionali, oggi in prima linea con Veronafiere nel sostenere l’internazionalizzazione del settore. Il ministero delle Politiche agricole, per esempio, si è fatto promotore della partecipazione dall’estero con 14 ambasciatori e 14 ministri dell’Agricoltura provenienti da altri Paesi produttori».  
Nella giornata inaugurale sono stati assegnati i seguenti premi: Vinitaly International Italia Valentina e Francesca Argiolas, alla guida dell’azienda sarda che si è distinta per il prezioso contributo alla promozione all’estero del vino made in Italy e “l’incrollabile dedizione all’eccellenza, all’innovazione e alla sostenibilità”, nonché per la capacità “visionaria nel valicare i confini fino a elevare i vini sardi al livello del palcoscenico globale”; Vinitaly International Estero a Bruce Sanderson della rivista americana Wine Spectator; i nuovi riconoscimenti Vinitaly Wine Critics Award a Marco Sabellico del Gambero Rosso e Vinitaly 100 anni per il centenario dalla fondazione del Consorzio del Chianti Classico, ritirato dal presidente Giovanni Manetti.

Il Sistema Italia e i convegni

Ma la fiera enologica veronese ha l’ambizione di rappresentare anche il palcoscenico da cui raccontare il valore economico e sociale del vino, un prodotto che quando cresce porta con sé lo sviluppo di un intero territorio. Non a caso all’inaugurazione e tra i padiglioni della fiera ha “sfilato” una nutrita compagine istituzionale, complice l’avvicinarsi delle elezioni europee, ma non solo. Dal presidente della Camera Luciano Fontana alla premier Giorgia Meloni, fino ai ministri Francesco Lollobrigida, Antonio Tajani, Adolfo Urso, Gennaro Sangiuliano, Paolo Zangrillo e al governatore del Veneto Luca Zaia, tutti uniti hanno ribadito la determinazione del Sistema Italia a difendere i valori più alti e identitari che il comparto enologico rappresenta per tutto l’agroalimentare nazionale.
Secondo la ricerca “Se tu togli il vino all’Italia – un tuffo nel bicchiere mezzo vuoto” di Vinitaly-Unione Italiana Vini e Prometeia presentata nel giorno inaugurale, i dati del settore vino evidenziano una produzione annua di 45,2 miliardi di euro (tra impatto diretto, indiretto e indotto), 303.000 occupati e un valore aggiunto di 17,4 miliardi di euro pari all’1,1% del Pil (lo sport, secondo stime dell’Istituto Credito sportivo vale l’1,3%). Senza il vino, si evince dall’analisi, il saldo commerciale del settore agroalimentare scenderebbe del 58% (da +12,3 a +5,1 miliardi di euro nel 2023). 
Sono state davvero tante le ricerche presentate nei giorni della fiera, a cui si aggiunge un’ampia scelta tra convegni, conferenze, degustazioni tematiche: solo per citarne alcune, “I valori del vino: l’impatto socioeconomico della filiera italiana” (Federvini),“Cantine e retail: uno sforzo condiviso per tornare a crescere” (Vinitaly-Circana),“Il consumo di vino per generazioni” (Enpaia-Censis), “5.500 giovani tra le vigne” (Coldiretti-Divulga), “Dealcolati & Co – Le nuove frontiere del vino” (Vinitaly-Uiv). Forse troppe, a detta di alcuni colleghi, perché quando gli incontri sono così tanti e condensati risulta difficile poi dare ad ognuno il meritato spazio mediatico. Avrebbero sicuramente più visibilità se “spalmate” in tempi più congrui, mentre in questo modo, in una fiera in cui bisognerebbe andare in giro per i padiglioni a conoscere i vini, godono di una minor visibilità.

I trend emersi

Vinitaly quest’anno è capitato in un momento molto difficile, con conflitti bellici che si inaspriscono oltreconfine, una contrazione dei consumi preoccupante, mercati esteri in frenata, la crisi conclamata di una piazza importante come la Germania, l’ondata neo proibizionista che arriva da Bruxelles (con Irlanda e poi Belgio che hanno deciso di adottare etichette con allarmi sanitari). Si è svolto in un’atmosfera non certo serena, preceduto come sempre da OperaWine, evento vetrina ormai consolidato da 13 edizioni che presenta una selezione di 131 top produttori ancora affidata per l’ennesimo anno a Wine Spectator. In questo contesto, comunque, la fiera ha saputo mostrare il suo lato positivo e propositivo, non lasciandosi piangere addosso, ma facendosi portavoce e megafono dei trend del settore.
Così nei centomila metri quadrati dei padiglioni abitati dai 4.000 espositori soprattutto italiani ma provenienti anche da altri 30 Paesi, se da un lato si è assistito alla rivalsa dei vini bianchi, non solo quelli freschi e beverini ma soprattutto le versioni più complesse e da invecchiamento, dall’altro si è intravisto un calo di interesse per i rossi (esclusi quelli importanti) in favore di vini più snelli, leggeri e sostenibili. Il desiderio di piacevolezza nel bicchiere aumenta nel mondo, a vantaggio di categorie di vino low-alcol e no-alcol, un mercato che, secondo l’Osservatorio del vino-Uiv, è vicino al miliardo di dollari in Usa, mentre da noi cattura l’interesse del 36% dei consumatori.
Ma l’Italia in questo caso gioca ancora un ruolo residuale, perché – contrariamente a quanto già succede da due anni tra i colleghi nell’Ue – non è ancora possibile per le imprese elaborare il prodotto nelle Cantine. Nonostante questo sono già sette le nostre imprese che le producono: Argea, Doppio Passo, Hofstätter, Mionetto, Schenk, Varvaglione, Zonin, costrette però a dealcolare all’estero.

Le date di Vinitaly 2025 sono già state annunciate: il prossimo appuntamento a Verona sarà dal 6 al 9 aprile.

Foto di apertura: alla 56a edizione di Vinitaly hanno partecipato 97.000 persone, di cui un terzo buyer professionisti da tutto il mondo © Ennevi Foto – Veronfiere

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© Riproduzione riservata - 19/04/2024

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