Dopo la panoramica dei vini estremi della Valle d’Aosta, ci spostiamo in Lombardia e precisamente in Valtellina, con i suoi 820 ettari di vigneti in quota, tra terrazzamenti (25.000) e muretti a secco (2.500 chilometri). Prima tappa: la più recente e più piccola delle cinque sottozone.
È la più vasta, imponente ed emozionante area del vino montano in Italia. 40 chilometri di pura roccia che da Ardenno arrivano fino a Tirano e che scorrono sul versante retico della Alpi, quello più soleggiato, alla destra orografica del fiume Adda, in provincia di Sondrio. In tutto 820 ettari di vigneti frazionati, situati tra i 300 e i 750 metri di quota lungo 25.000 terrazzi e 2.500 chilometri di muretti a secco. Eppure la Valtellina – nonostante la maestosità del paesaggio, la storia secolare, la bontà dei vini – non è così conosciuta come dovrebbe e meriterebbe.
L’antico legame con la Svizzera
Perfino lo scrittore e grande appassionato di vini Mario Soldati confessava, e non senza vergogna, di averla conosciuta solo all’età di 62 anni. La causa è storicamente da ascrivere alla relazione quasi esclusivo che la Valtellina ha avuto, soprattutto in termini commerciali, con la Svizzera. I Grigioni l’hanno dominata dal 1512 al 1797 e il rapporto con il mercato elvetico è continuato anche dopo la separazione politica per mano di Napoleone Bonaparte. Fino agli anni Ottanta il commercio dello sfuso in Svizzera, che assorbiva quasi l’80% della produzione, ha fatto la fortuna economica della Valtellina, impedendole una crescita qualitativa che avrebbe trovato un rinnovato slancio solo a partire dagli anni Novanta.