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Un’alleanza “ribelle” nella galassia del Prosecco

11 Luglio 2025 Alessandro Torcoli
Un’alleanza “ribelle” nella galassia del Prosecco

Sono contestatori gentili, che hanno istituito un Comitato e organizzato un convegno al quale ha partecipato anche il presidente del Consorzio. Al centro del dibattito le differenze della Docg Conegliano Valdobbiadene che possono proteggere l’identità e il valore della Denominazione

Le colline di Conegliano e Valdobbiadene, quell’arco meraviglioso di gioia melaromatica che l’Unesco tutela come patrimonio dell’umanità, non hanno pace, non per chi le visita, ci mancherebbe altro, ma per chi ci vive e ci lavora. A capo del Consorzio di tutela del Prosecco Docg di Conegliano Valdobbiadene è stato rieletto (terzo mandato) il federatore Franco Adami, succeduto a Elvira Bortolomiol. Adami, per la sua passata e lunga esperienza, sa come prendere le diverse anime di questa terra, quella agricola di chi produce uve, quella dei produttori privati e quella delle cooperative, ma evidentemente non basta. Non basta quantomeno a un gruppo “ribelle” della galassia Docg che si è costituito in Comitato “per la difesa della specificità della zona geografica storica di Conegliano e Valdobbiadene” e che il 2 luglio ha organizzato un convengo per sensibilizzare sulla “consapevolezza dell’unicità del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Docg nelle scelte di oggi e per il domani”.

dibattito conegliano prosecco
Il convegno del neonato Comitato si è svolto nell’Auditorium Santo Stefano di Farra di Soligo

Origine del successo (e dell’impasse): la parola Prosecco

«Contro le decisioni dei poteri forti e delle cooperative», ci hanno detto, addirittura. Ma che vuol dire in sostanza? Traduciamo grossolanamente: bisogna proteggere il buon nome di Conegliano e di Valdobbiadene dal confusionario abuso del termine Prosecco, che essendo comune alla Doc “del mezzo miliardo” (e oltre) di bottiglie che si estende da Treviso a Trieste, per qualcuno pialla l’identità della culla di questo fantastico fenomeno Prosecco, che in definitiva sono queste colline. Un esempio per tutti: la Strada del Prosecco è stata una delle prime nate in Italia, tra le più frequentate, ma ora è fondamentale chiamarla “del Conegliano Valdobbiadene”. Just in case. E che c’entrano i “poteri forti”? Il punto nevralgico sta nel fatto che molti grandi operatori producono sia Doc sia Docg (e talvolta anche né l’uno né l’altro, spumante bianco generico) e pare che stiano bene nell’ambiguità, sfruttando ora la parola magica Prosecco, ora le colline e il territorio a seconda dell’opportunità. Forse è questa confusione il cuore del problema.

Identità e differenza

Identitario è un aggettivo ormai un po’ abusato, ma è di questo che si parla. Di dare spazio all’orgoglio da un lato, e di proteggere valori (e prezzi) dall’altro, perché c’è una notevole differenza tra costi e qualità della Docg (generalmente parlando) e della Doc. Il Comitato intende quindi – per volare alto citando il filosofo Heidegger – focalizzare l’attenzione su identità e differenza, attraverso compartecipazione, ovvero invitando i produttori e gli interessati a conferenze e incontri «promuovere la diffusione della conoscenza e formulare proposte più informate», nelle parole del coordinatore del Comitato, Maurizio Favrel.

Il presidente era presente

Al convegno dei “ribelli” c’era anche il presidente del Consorzio Franco Adami, al quale per primo è stata data la parola con un bel segnale di ribellione soft. «Vorrei ribadire la prima cosa annunciata il giorno dell’insediamento da presidente», ha ricordato Adami. «Il mio scopo è favorire un dialogo sereno e proficuo tra i produttori. Siamo qui in ascolto, il nostro compito è analizzare situazioni, idee e prospettive. Forse però non siamo abituati a rinunciare a qualcosa per il bene comune. Auspico che in futuro un incontro del genere possa avvenire negli spazi comuni del Consorzio, non al di fuori, per non farci pensare di essere entità diverse». Era presente anche il presidente dell’Asolo Montello Docg, Michele Noal, che condivide con la Docg di Conegliano Valdobbiadene e con la Doc la parola magica Prosecco.

Franco Adami, presidente del Consorzio di tutela del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Docg

I relatori coinvolti: l’avvocato e il comunicatore

Le professionalità coinvolte come relatori avevano il compito di evidenziare i punti chiave nella tutela del territorio. L’avvocato Stefano Dindo si è occupato del punto nevralgico, il nome. «Bisogna trovare una soluzione dal momento che ci troviamo di fronte a tre Denominazioni con un nome in comune. Ognuna deve far forza sulle sue differenze». E di distinzione ha parlato anche Franco Guzzi, docente di Comunicazione. «Sarete più forti se porterete avanti il nome del territorio oppure mantenendo la parola Prosecco? Dobbiamo comunicare valori distintivi e unici oppure concentrarci sul Prosecco per fare massa critica?», domanda Guzzi alla platea. E rassicura: «La questione del nome è complicata solo in parte. Se il marchio Conegliano Valdobbiadene ci sembra “difficile” dobbiamo ricordare diversi casi in cui, alla fine, così non è stato». Guzzi ha citato i marchi Harley-Davidson, Nike fino a DAZN. Ha concluso il suo intervento ricordando una parola chiave, coopetition: cooperazione per proteggere il mercato di riferimento e competizione commerciale tra chi esprime unicità e distinzione, come nel caso delle tre denominazioni della galassia Prosecco.

La riflessione tecnica del ricercatore

Infine, Umberto Marchiori, ricercatore e fondatore di Uva Sapiens, ha detto: «Le preoccupazioni vanno affrontate. Non vorrei un Docg Pride, ma una riflessione tecnica. Ricordiamo che negli anni ’60 si dibatteva ancora sull’unità geografica, si valutavano oltre 60 varietà, e si discuteva sullo stile secco. Se ambiamo a diventare – non dico un vino mito – ma un almeno premium, è fondamentale concentrarsi su i tre ambiti fondamentali: ambiente, vitigno e metodo. Oggi il maggior rischio per noi è il cambiamento climatico». E per quanto riguarda il metodo, ovvero la vinificazione, Marchiori ha esortato a non temere di lavorare un po’ di più con le bucce, dove risiedono carattere e anche capacità di invecchiamento, e a dare più fiducia alla Rive. «Basta omologazione», ha concluso. E, ci sembra, la base di qualsiasi discorso sull’identità, parola chiave dell’incontro, passa da questo monito.

La risposta del presidente Adami

Per mantenere un equilibrio, l’indomani (3 luglio) abbiamo incontrato Franco Adami, presidente del Consorzio di tutela del vino Conegliano Valdobbiadene Prosecco Docg. Per Adami la chiave di volta per evitare l’omologazione è la tracciabilità. «Una tracciabilità coerente con la valorizzazione delle microaree, per esempio, come obiettivo prioritario per la qualità del vino. La qualità nasce in vigna, in cantina omologhi». Ma dove nasce il problema di questi giorni? «Le difficoltà emergono quando entrano in contrasto le Cantine sociali, gli imbottigliatori, i viticoltori… Il mio obiettivo dichiarato, da presidente è quello, primo, di riunirli, e secondo di riaprire dialogo con la Doc» Per Adami è importante comunque condividere il racconto, tra Doc e Docg.

La questione della resa unica

«Bisogna ribadire costantemente che qui è nato il primo vigneto, il primo vino e questo metodo che ha conquistato il mondo. Poi, i clienti chiedono sempre da dove arrivi questo vitigno, e allora d’accordo, rispondiamo a Trieste». Un altro punto chiaro delle proposte del presidente Adami riguarda la resa unica: «Non ha senso che anche qui si produca Prosecco Doc». E il discorso si intreccia con la gestione potenziale, spiega Adami, «per decidere quanto Docg si può produrre e mantenere alto il prezzo delle uve». Il resto sarebbe Doc, ma se non lo si può produrre in zona? «Sono logiche complesse, di interessi diversi e devono trovare sfogo in una decisione comune. I viticoltori, ad esempio, vorrebbero la resa unica (la possibilità di produrre solo Conegliano Valdobbiadene), ma a quanti soldi siamo disposti a rinunciare, se poi ne produciamo di più? Bisognerebbe intendersi sulla decisione del potenziale: quanto si può vendere? Ecco perché ognuno deve rinunciare a qualcosa…» 

Torniamo al nome. E se fosse un segno?

Certamente anche per Adami, la questione fondamentale riguarda il nome. «L’80% delle etichette», dice Adami, «esce come Valdobbiadene, e anche alcuni produttori di Conegliano etichettano come Conegliano Valdobbiadene… Ne deduciamo che è percepito come più importante Valdobbiadene? Potrebbe essere una soluzione chiedere di scegliere l’uno o l’altro, ad esempio. Ma il Consorzio deve promuoverli entrambe». Certo, sarebbe bello uscire da questa impasse, immagina Adami, replicando il caso di Nike o Amazon, che non si riconoscono nemmeno più per il nome, ma per il marchio visuale, il segno grafico.

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