In Italia In Italia Luciano Ferraro

Tutti vogliono il vino dealcolato, perché non sfruttare l’occasione?

Tutti vogliono il vino dealcolato, perché non sfruttare l’occasione?

Ci sono voluti mesi di dibattiti, riunioni nei ministeri e tra le associazioni, convegni, degustazioni e proteste. Alla fine, anche l’Italia avrà la sua legge sui vini dealcolati. Il commento di Luciano Ferraro.

L’ultimo pressing era arrivato da Chicago. “Dobbiamo aprire il mondo del vino a nuovi orizzonti, anche al dealcolato”. Quando Marzia Varvaglione, la presidente dei giovani dell’Unione italiana vini, aveva pronunciato queste parole nella sala del Vinitaly Usa, tutti avevano guardato il volto del ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida.

Quando si potrà produrre vino dealcolato in Italia?

L’intero mondo politico e imprenditoriale che ruota attorno al vino, era presente all’inaugurazione di questa prima fiera negli Stati Uniti dedicata alle Cantine italiane. Veronafiere con il presidente Federico Bricolo e l’amministratore delegato Maurizio Danese, l’Ice del presidente Matteo Zoppas con il suo staff, le organizzazioni di settore con Lamberto Frescobaldi di Unione italiana vini, Ettore Prandini di Coldiretti, Micaela Pallini di Federvini, Annamaria Barrile di Confagricoltura: c’erano tutti, assieme a 230 produttori di vino (dal nord di Matteo Lunelli al sud di Alessio Planeta) e a 1.500 buyer americani. E poi ambasciatori e governatori, assessori ed esperti (categoria ormai larghissima che va dai Master of Wine ai responsabili acquisti dei supermercati). Così in tanti che il palco per l’inaugurazione quasi non li conteneva. Era l’occasione giusta per rispondere a una delle domande che dalla scorsa edizione del Vinitaly a Verona si aggira come un fantasma tra le vigne di tutta Italia: quando si potrà produrre vino dealcolato in Italia? Ma la garbata e involontaria provocazione di Marzia Varvaglione era rimasta senza risposta.

I provvedimenti in atto

La posizione del ministro Lollobrigida era nota: fatelo pure, ma non chiamatelo vino. Si tratta dell’attuazione di una norma europea del 2018 e del regolamento del 2021. Tocca ai governi nazionali scrivere le leggi per far diventare reale l’indirizzo comunitario. Il decreto però non arrivava, le associazioni di settore ne discutevano da mesi con il ministero. A metà ottobre scorso, un decreto (in bozza) del ministero dell’Economia che scavalcava quello atteso dell’Agricoltura. Il leghista Giancarlo Giorgetti aveva inserito la norma nel decreto Accise, ponendo limiti sulla quantità di vino da produrre e stabilendo il pagamento di una tassa sull’alcol etilico ottenuto dalla lavorazione.
In pieno dibattito sulla Manovra, con i conti che non tornano nei ministeri e le risorse che mancano, è sembrata ai produttori più un’idea per aumentare le entrate fiscali che un testo per regolamentare il nuovo. Per questo l’Unione italiana vini aveva parlato di una norma che, se fosse stata applicata, avrebbe fatto morire sul nascere la filiera del dealcolato italiano. I produttori a quel punto sono partiti da capo bussando alla porta del fratello d’Italia Lollobrigida, il quale però aveva ancora notevoli riserve sul fatto che una bevanda ottenuta dall’uva ma senza grado alcolico, potesse chiamarsi vino.

Una richiesta sempre più pressante

Eppure bastava girare tra gli stand del Vinitaly Usa, come peraltro Lollobrigida aveva fatto fermandosi a parlare con vignaioli e sommelier, per capire che quella del dealcolato è una richiesta così pressante che le aziende stanno cercando ogni via per inserirlo nella loro gamma. I veneti di Villa Sandi (famiglia Moretti Polegato), ad esempio, hanno portato a Chicago, al loro banchetto nel centro espositivo del Navy Pier sul lago Michigan, bottiglie di un non-vino ottenuto dal mosto non fermentato, zero gradi senza dealcolare, dolce come il Moscato dei tempi andati. Persino i produttori di liquori, i portabandiera della gradazione alcolica, fanno l’occhiolino alle bevande salutiste. Micaela Pallini, ad esempio, ha lanciato un limoncello in lattina a zero alcol.
Frescobaldi insisteva: è importante che il vino (o non-vino) dealcolato sia prodotto dal mondo delle Cantine, solo con i vini generici e varietali, non con quelli Dop e Igp.

L’arrivo del decreto previsto entro Natale

Alla fine di novembre la svolta. Il ministro Lollobrigida ha convocato la filiera e ha accolto buona parte delle richieste dei produttori: entro Natale arriverà il decreto. Anche quello senza alcol e quello con poco alcol si chiamerà vino, come vuole l’Europa. Con tre paletti: no a vini Dop e Igp dealcolati, produzione in strutture dedicate e separate, scritte chiare sulle etichette. Con il decreto di Lollobrigida si eliminerà la concorrenza sleale tra produttori europei, con gli italiani costretti a produrre dealcolati all’estero e a importarli facendo lievitare i costi. Ci sono ancora altri punti oggetto di mediazione. Ma intanto, in tempi di affari spesso non brillanti, finalmente Lollobrigida ha acconsentito a non rinunciare a questa nicchia di mercato per tigna o per ideologia.

Foto di apertura: © Lightspring – Shutterstock

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© Riproduzione riservata - 06/12/2024

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