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Tenuta Mazzolino: cavallo di razza

15 Novembre 2009 Roger Sesto
«Con i genitori e i miei fratelli tuttora parliamo francese», ci racconta la titolare Sandra Braggiotti, la cui madre è cresciuta a Parigi, «e quando abbiamo visto i vigneti, mio padre decise che qui avremmo prodotto un gran vino». Al contempo La Provincia Pavese scriveva: “La Borgogna è anche a Corvino San Quirico”. Due dichiarazioni che ci fanno capire perché sin dalla nascita la Cantina puntò in primis a produrre un Pinot nero di razza. Se poi si aggiunge che enologi della tenuta sono Kyriakos Kynigopoulos – sommo esperto del vitigno – e Jean François Coquard, laureato all’Università di Borgogna, il gioco è fatto. Ma a indurre la famiglia Braggiotti a credere nella produzione di un gran Pinot nero fu anche una geniale intuizione di Giacomo Bologna. In un’area in cui l’uva transalpina si vinificava in bianco, ebbe a consigliare: «Dovete vinificarla in rosso! Fatevi aiutare da Giancarlo Scaglione». Sono passati 25 anni e oggi l’Oltrepò Pavese Noir è considerato tra i più interessanti Pinot nero d’Italia. I vigneti da cui origina, 6 mila ceppi per ettaro esposti a ovest, a Corvino San Quirico (Pavia), furono messi a dimora nel 1988 con l’impiego di cloni di Borgogna. Alla fermentazione alcolica, avviata con lieviti francesi, segue una lunga macerazione sulle bucce, atta a estrarre colore e struttura, che favorisce la longevità di questo vino, affinato in barrique (Allier e Tronçais) per 12 mesi, per 1/3 nuove. Chiediamo quali siano le annate memorabili. E ci risponde: «Abbiamo disponibilità di quasi tutte le edizioni, sin dalla prima del 1985. In particolare per mia scelta sono stati  accantonati rilevanti quantitativi di bottiglie dal 1998 in poi. Oggi la 2004 è forse la più completa, con l’ancora imberbe 2006; la 2002 è tutta giocata sull’eleganza, a causa del clima freddo e piovoso di quell’anno; il 2000 fu un gran millesimo, tout court; il 1999 (mio esordio in Oltrepò), all’inizio duro e austero, oggi è perfetto. Notevoli infine il 1995 e il 1988». Già. L’88. Che abbiamo degustato. Un vino dai profumi goudron, di humus, prugne mature, amarene sottospirito, con sottili ricordi di polvere da sparo, petali di rosa appassiti e carne cruda; dall’intensa beva che ostenta tannini dolci, fitti, ancora vivi, vellutati, e un alcol bilanciato dalla freschezza. Un nettare armonico, persistente, dal finale all’incenso.

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