Durante la terza edizione del summit in Versilia abbiamo intervistato una decina tra titolari d’azienda e professionisti del settore. Dai dazi alla crisi economica, passando per il climate change, la demonizzazione delle bevande alcoliche e il gap della comunicazione: in questa prima puntata la parola ai produttori (la prossima settimana sarà la volta dei professionals)
Grazie all’impostazione conviviale e all’atmosfera rilassata, VinoVip favorisce le conversazioni e il networking tra i partecipanti. E così, a margine dei convegni e dei wine tasting della terza edizione del summit a Forte dei Marmi, abbiamo scambiato qualche battuta con alcuni produttori per farci raccontare come stanno affrontando le sfide del presente; mentre a un gruppo di selezionati operatori di settore abbiamo chiesto di fornirci qualche utile suggerimento per aiutare le Cantine a superare le criticità (le loro risposte saranno al centro di un secondo servizio in uscita la prossima settimana).
Consolidamento delle posizioni e costanza qualitativa
Il primo a prendere la parola è stato Luca Rigotti, alla guida del gruppo trentino Mezzacorona. «Dopo il Covid, il conflitto russo-ucraino e ora gli altri fronti aperti in Medioriente hanno portato a un progressivo aumento dei costi di produzione che inevitabilmente erodono i nostri margini di guadagno. Il tutto in un clima di incertezza e indecisione generalizzata, ma anche di volumi ridotti, perché le ultime 2-3 vendemmie sono state meno generose delle precedenti». Rigotti confida in un lavoro diplomatico. «Sono per il libero scambio reciproco: i dazi non aiutano l’economia di nessun Paese. A Mezzacorona stiamo lavorando sulla valorizzazione dei nostri brand e prodotti, cercando di incrementare ulteriormente le quote di export (attualmente già all’80%) e le nazioni coinvolte negli scambi. In questa fase così delicata è fondamentale mantenere salde le proprie posizioni, concentrandosi sulla qualità dell’offerta e sul consolidamento delle relazioni maturate nel tempo».
Restare positivi e affidarsi alla scienza
Anche Raffaele Boscaini, settima generazione di Masi Agricola, in Valpolicella, ammette che: «il quadro generale è complesso, frutto della convergenza di tanti fattori, dalla guerra commerciale all’inflazione passando per l’aumento dei costi per chi produce e per chi acquista, senza dimenticare le conseguenze del cambiamento climatico». Il produttore veneto invita alla cautela, a non spaventarsi in anticipo e a mantenere un atteggiamento positivo. «Sono convinto che gli americani non vorranno fare a meno del nostro made in Italy, che è e resta un modello unico e irriproducibile». In questo quadro, la scienza si rivela un’alleata insostituibile. «Come Gruppo Tecnico Masi abbiamo lavorato alla creazione di vini più leggeri, che vanno incontro alle esigenze delle nuove generazioni e non solo. Il progetto Fresco di Masi, ad esempio, che ormai ha già cinque anni sulle spalle, offre una gamma di prodotti più easy, non filtrati e con una gradazione alcolica contenuta. Io lo definisco “il vino del contadino, però buono”».






Opportunità per cambiare e snellire i processi
Anche alla Cantina altoatesina Castelfeder nei mesi scorsi si è ragionato sulla possibilità di dar vita a vini no alcol e low alcol e, alla fine, la scelta è caduta su quest’ultima categoria. «La prima vendemmia sarà proprio la 2025 e si tratterà di un bianco fermo intorno ai 10,5-11 % vol.», spiega la titolare Ines Giovanett. «Però ci tengo a dire che decideremo se commercializzarlo solo se saremo soddisfatti del risultato. Per noi la bontà e la qualità restano il primo parametro da considerare». La produttrice di Cortina sulla Strada del Vino concorda sull’importanza di mantenere un atteggiamento di prudenza e non lasciarsi abbattere dalle difficoltà. «Ciò che noto è una sorta di riorganizzazione delle aziende sul fronte dell’export, per aprirsi a nuovi mercati e diversificare rispetto a quello statunitense. Sono convinta che, proprio nei momenti di crisi, ci sia lo spazio per rivedere alcuni vecchi rapporti e strategie commerciali ormai superati. Questa è una fase di transizione in cui si cambia, ad esempio semplificando la gamma, riducendo il numero di referenze e ottimizzando la produzione per renderla più snella». Insomma, non tutti i mali vengono per nuocere.
Vini più riconoscibili e identitari per far presa sui giovani
Per Christian Scrinzi, direttore generale di Collis Veneto Wine Group di cui fa parte anche la storica Sartori di Verona, «il vino sta perdendo un po’ del suo appeal e noi operatori abbiamo il compito di renderlo più accattivante e attuale. Non è un caso che i giovani guardino al bere miscelato, decisamente più semplice e aggregante. Il nostro obiettivo è fare vini sempre più appaganti, identitari, anche restando nel circuito della cosiddetta produzione “convenzionale” e “commerciale”. Diversamente il consumatore si sposta verso gli estremi, come i vini “naturali” oppure opta per le bevande alternative prive di alcol. Come Gruppo ci stiamo attivando per rendere le referenze sempre più personalizzate e stilisticamente contemporanee, presentandole in maniera smart ed evocativa. Siamo convinti che la riconoscibilità nel calice possa fare la differenza, al di là del canale di vendita di riferimento».
Linguaggio più semplice e consumo consapevole
Stessa linea di pensiero per Gabriella Benedetta Vettoretti, titolare di Gabe, tra le colline di Conegliano e Valdobbiadene, che sottolinea la necessità di cambiare il linguaggio del vino per una comunicazione inclusiva, capace di attirare anche chi non ha dimestichezza con il mondo di Bacco. «Tale esigenza di svecchiamento l’abbiamo messa in pratica, ad esempio, con il restyling delle nostre etichette, che oggi hanno una grafica decisamente più “leggera”, ispirata all’arte del fumetto e del disegno. Il vino è cultura, ma è anche divertimento. E questo vale ancor di più se si producono spumanti che richiamano al brindisi e alla festa». Essere al passo con i tempi significa anche fare informazione responsabile. «L’attuale demonizzazione dell’alcol ci penalizza molto, ma le lamentele non rappresentano la soluzione. Al contrario, è importante che i produttori illuminino la strada e si facciano promotori di una cultura del consumo consapevole. Il vino è territorio, passione, una storia da preservare e tramandare. Le aziende hanno una grande responsabilità in questo senso».