In Italia In Italia Alessandro Torcoli

Storie di vigna. Enfer d’Arvier: una cattedrale all’inferno

Storie di vigna. Enfer d’Arvier: una cattedrale all’inferno

Quando visitai Enfer per la prima volta, una decina di anni fa, rimasi estasiato davanti al nuovo impianto di vigna che aveva riportato alla viticoltura alcuni ettari di questo magnifico “inferno”, la stretta vallata di Arvier, tra Aosta e Courmayeur, che deve il suo nome alle temperature che i vignerons devono sopportare tra i filari nei mesi estivi. Si tratta di un recupero fondiario favorito dalla Regione, apparentemente magnifico. Evidentemente non è tutto oro quel che luccica, e il bronzo opaco di questa operazione si è intravisto lasciando sbottonare i solitamente molto abbottonati valdostani.

Vigna Enfer oltre la bellezza

Per quanto belli a vedersi, pare che i vigneti non siano stati riordinati nel migliore dei modi. I filari ora sono accorpati e più praticabili, certamente, ma molto distanti dalla tradizione di queste montagne: vediamo due trapezi enormi, al posto delle suggestive (e impossibili) terrazze inerpicate. Su questo aspetto agronomico, non ci sentiamo di esprimere giudizi, se non estetici. Lo scempio, o meglio, un caso di spreco e di mancanza di programmazione di un ente pubblico, sembra essere invece rappresentato dall’enorme cantina, pensata per ricevere l’esigua quantità delle (pregiatissime) uve dell’Enfer d’Arvier. Infatti, alla fine sono stati realizzati accorpamenti fondiari per meno di 7 ettari, mentre ne avevano previsti molti di più.

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I tre Enfer d’Arvier di CoEnfer all’Enoluogo di Milano

Il difficile equilibrio tra finanze e grande qualità

Le bottiglie prodotte negli anni sono passate da 50 mila a 30 mila. La cantina è sovradimensionata, attrezzata per vinificare tre volte tanto. Ma non importa, perché la struttura, compresi i tini d’acciaio (installati anche questi prima di sincerarsi che la quantità di uve da ricevere fosse conseguente), non è proprietà della Cooperativa CoEnfer, che riunisce un centinaio di viticoltori, ma della Regione. Nonostante la quantità di cemento sotto i piedi e questi muscoli d’acciaio, montati sul fisico di un monaco certosino, risulta sempre più difficile ai soci di Arvier trovare l’equilibrio tra le finanze e la qualità eccelsa raggiunta dai loro prodotti.

Da assaggiare: Enfer bio e senza solfiti

L’Enfer da uve biologiche alcuni anni fa mi convinse che anche in Italia avremmo prodotto ottimi organic wines: un’etichetta verde accesa, il tridente simbolo della cantina, e dentro il frutto delicato e carezzevole, con tutte le note balsamiche di montagna del Petit Rouge, l’uva locale in cui si riconosce l’identità dell’Enfer d’Arvier. I sette ettari d’Enfer oggi sono tutti certificati bio e la massima attenzione è posta alla sostenibilità ambientale. Perché per marcare una differenza, apprezzabile, l’etichetta verde si vinifica diversamente da quella “classica” (color beige) e dal top wine “Clos”: fermenta e si affina solo in acciaio e senza aggiunta di solfiti, se appena possibile (purtroppo nella pessima annata 2014 non lo è stato… ammettono onestamente in cantina). I vini della Cooperativa CoEnfer – Enfer “classico”, Enfer bio ed Enfer Clos – sono in vendita all’enoluogo di Milano (viale Andrea Doria 42, vedi google maps)

Mayolet Spumante? Sperimentazione in corso

L’attenzione in vigna in questo “girone infernale” è massima. Ad esempio, per raggiungere la maturità omogenea dei frutti, in certe annate, si procede a recidere la punta del grappolo, spiega ha spiegato l’enotecnico Chul-Kyu Peloso. Siccome i soci dell’Enfer sono molto intraprendenti, e hanno spazio, fin troppo come abbiamo visto, vinificano anche l’autoctono Mayolet e il Pinot gris di Avise, il comune accanto, e stanno ora sperimentando, in collaborazione con l’Institut Agricole Regional (Iar), la realizzazione di un Mayolet Spumante, che potrebbe uscire a Natale. Si potrà così brindare, affinché l’attenzione verso questo gioiello della Valle torni a brillare quanto merita. Il suo successo significherebbe nuove vigne recuperate alla montagna, e un più efficiente utilizzo di questa cattedrale nel deserto, o meglio, all’inferno.

La serie prosegue. Appuntamento a mercoledì prossimo con la prossima Storia di vigna!

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© Riproduzione riservata - 28/10/2015

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