Solo Usa e Germania reggono la maratona
C’ è aria di neo-protezionismo in giro. Lo scorso luglio la Cina ha aperto un’indagine antidumping nei confronti del vino europeo. Il dumping indica un sistema di prezzi adottato per dominare un mercato estero eliminando la concorrenza. L’importo è di solito molto più basso di quello praticato sul mercato nazionale e talvolta anche inferiore al costo di produzione. L’annuncio è stato dato all’indomani della proposta UE di introdurre dei dazi sull’importazione di pannelli solari locali, ed è stato innescato anche dai reclami dei produttori cinesi che lamentano l’arrivo di vino europeo a cifre troppo basse.
TENTATO PROTEZIONISMO – Secondo Karel De Gucht, Commissario UE al commercio: «La Commissione esaminerà se il caso cinese è coerente con il quadro delle regole della World Trade Organisation». Da parte sua, il ministro degli Esteri di Pechino ha fatto sapere che «seguirà le leggi cinesi e le richieste World Trade Organisation, nonché i principi di apertura, trasparenza ed equità, rispetterà i diritti legali di tutte le parti ed emetterà una decisione su fatti oggettivi». Dopo queste schermaglie, a fine luglio è stato raggiunto un compromesso ed è scoppiata la pace. Un altro fronte in cui l’Italia è leader dell’export mondiale, il pomodoro trasformato, ha visto l’avvio, da parte dell’Australia, di una procedura di salvaguardia contro le importazioni in atto. Il provvedimento formalmente è a 360 gradi, ma in realtà colpisce soprattutto il nostro Paese, che è titolare del 60% dell’import australiano di comparto. Insomma, l’aria che tira non è proprio tranquillizzante, anche se in fondo c’era da aspettarselo. L’esperienza insegna che, quando crescono gli scricchiolii e il quadro economico si fa più difficile, anche il gioco si fa duro.
L’EXPORT VINICOLO ITALIANO – I dati sull’export nazionale di vino dei primi mesi dell’anno, intanto, recano spunti tutto sommato positivi, a dispetto di alcune zone d’ombra. Ma andiamo con ordine. Le esportazioni in valuta del primo quadrimestre gennaio-aprile 2013 raggiungono la quota di 1.550 milioni di euro, con un +9,8% sullo stesso periodo dell’anno precedente. È un passo buono, superiore al +6,7% con cui si è chiuso il 2012. Ed è migliore anche rispetto a quello segnato dall’export dell’industria alimentare italiana nel suo complesso, che si è fermato in parallelo al +8,8%. Va aggiunto che, in termini quantitativi, le esportazioni di vino del periodo raggiungono i 6 milioni 683 mila ettolitri, con un calo del -3% sui primi quattro mesi dell’anno scorso, dopo il -8,2% registrato dal consuntivo 2012.
I SOLITI NOTI – Parlavamo anche di ombre. Esse si annidano nel fatto che, a guardar bene, il grosso dell’incremento 2013 si lega ai “soliti noti”. Stringi stringi, infatti, spingono soprattutto i due leader dell’export: Stati Uniti e Germania, con incrementi, rispettivamente, del +10% e del +12,4%. In altre parole, se consola la buona intonazione dei due “cavalli da tiro” del settore (le variazioni 2012 di Usa e Germania erano state inferiori, pari rispettivamente al +6,2% e al +4,2%), c’è da dire che, attorno, si assottiglia la squadra dei Paesi che “corrono” e ampliano la diversificazione degli sbocchi. Per trovare variazioni brillanti dell’export bisogna andare in Australia (+31,5%) e in Corea (+33,2%). Il passo espansivo della Russia (+33%) non fa testo, in quanto si confronta con un avvio 2012 di questo mercato molto critico, per problemi burocratici. C’è poco altro, come il +10,5% del Canada e il +20,8% del Belgio, almeno a livello di sbocchi principali.
FRENA L’ORIENTE – Al contrario, rimbalza in negativo il Giappone, con un -5% sui quattro mesi, dopo il +27,7% del 2012. E soprattutto delude molto, fra i leader emergenti, il rallentamento della Cina che, con un +5,2%, si appiattisce su una dinamica ancora positiva, ma anonima. È un fenomeno che rischia di consolidarsi. La congiuntura cinese, infatti, è ancora buona, ma ha perso smalto. Per cui, al di là dei problemi specifici che potranno venire dall’indagine antidumping citata all’inizio, i suoi spazi di espansione, teoricamente amplissimi, potrebbero restringersi. E potrebbe farsi così più difficile lo sforzo di recupero della posizione “incolore” che caratterizza l’Italia su questo mercato, quinta fra i Paesi fornitori.
IN EUROPA DEL NORD E DELL’EST – Solidi invece alcuni mercati del Nord Europa. Svezia e Norvegia segnano variazioni del +9,9% e del +9,3%, comunque apprezzabili, anche se in rientro dopo i brillanti incrementi del +24,6% e del +18,1% del 2012. Mentre buone notizie, anche se in modo discontinuo, continuano a venire dall’Est Europa. L’Ungheria scivola, con un -9,6%, dopo il +6,8% del 2012; spiccano invece gli aumenti di Lettonia (+86%), Lituania (+55,6%) e Romania (+30,8%), che registrano, comunque, quote assolute ancora modeste.
BENE SPUMANTI E BIANCHI – Ragionando in orizzontale, per prodotti, i segmenti che nei primi quattro mesi si muovono meglio sono: gli spumanti (+21,3% in valore e +9,6% in quantità), i bianchi Igp (+15,4% in valuta e +3,7% in quantità), i bianchi Dop (+10% in valuta e +1,3% in quantità) e poi la vasta tipologia degli “altri vini” (+17,9% in valuta e -7,4% in quantità). Sul versante opposto, troviamo due soli segni “meno”, con riferimento ai vini frizzanti (-0,7% in valore e -6,3% in quantità) e ai liquorosi (-5,6% in valuta e -9,3% in quantità).
LA FASE INTERMEDIA – Conclusione. È chiaro che il contesto mondiale è in fase interlocutoria, tra faticosa digestione della crisi dell’area Euro e attenuazione della funzione di tiro dei Paesi emergenti. Le previsioni dicono che il commercio mondiale 2013 dovrebbe crescere al passo del +2,4%, per risalire al +4,9% nel 2014. Siamo quindi ancora sotto il +5,1% del 2011 e, soprattutto, lontani anni luce dai tassi di crescita a due cifre registrati a lungo dal commercio mondiale nello scorso decennio.
QUESTIONE DI PIL – Ancora, il prodotto interno lordo 2013 degli Stati Uniti dovrebbe crescere del +1,8%, per accelerare al +2,6% nel 2014. Mentre quello dell’area Euro dovrebbe scendere quest’anno del -0,6%, per tornare in positivo, su un +0,9%, nel 2014. Per l’Italia, com’è noto, è previsto un calo del Pil del -1,9% quest’anno e, nella migliore delle ipotesi, un rimbalzo del +0,7% nel 2014. I Paesi emergenti, infine, dovrebbero registrare nel 2013 una dinamica del prodotto lordo (+5,1%) identica a quella del 2012, per poi risalire l’anno venturo al +5,5%. Il cambio euro-dollaro 2013 dovrebbe stabilizzarsi attorno a 1,30, per scendere a 1,28 nel 2014. Lo scenario sta cambiando. Gli anticorpi alla crisi europea, recati dai tassi di sviluppo a due cifre di alcuni grandi Paesi emergenti, si sono indeboliti. Ed è più difficile mettersi nell’effetto-scia dello sviluppo altrui: l’epoca dei cavalli da corsa è finita.
Tag: Cina, export, Germania, Giappone, neoprotezionismo, pil, Usa© Riproduzione riservata - 04/10/2013